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Home/ Recensioni / Teatro / Il Teatro Nuovo come Tebe: il fascino dell’equilibrio sofocleo

Gen

25

Il Teatro Nuovo come Tebe: il fascino dell’equilibrio sofocleo

  • 25 Gennaio 2017
  • Teatro
  • Chiara Cataldo, Teatro, Verona

Dal 17 al 22 gennaio 2017 al Teatro Nuovo di Verona

Dal 17 al 22 gennaio il Teatro Nuovo di Verona ha ospitato i due classici di Sofocle Edipo Re ed Edipo a Colono, rimessi in scena a distanza di vent’anni da Andrea Baracco e Glauco Mauri, e con lo stesso Mauri e Roberto Sturno come protagonisti. Quella che a detta di Aristotele è la “tragedia perfetta”, poi rivalutata come emblema della scoperta dell’inconscio da Freud,  è inscenata da un gruppo di otto attori coesi e dalle forti intenzioni i cui dialoghi serrati hanno dipinto il classico dei classici secondo il canone della bellezza greca, quello della proporzione e del bello ad ogni costo. La macchina attoriale risulta ineccepibile, corpo e mente di ogni attore tutte in scena, sul palco ogni componente dell’ingranaggio corale si incastra nel disegno registico e si presenta lineare, compiuta, senza sbavature. L’atmosfera è tetra, i giochi di luce, gli effetti sonori e visivi e l’azione sempre energica danno vita a un’esperienza plurisensoriale che ci estranea da noi stessi durante tutta la durata dello spettacolo.

Il ritmo cadenzato ha ordito la trama notissima su poche immagini: la prima presenta uno spazio angusto attorno a una pozza d’acqua – quasi a voler significare una purificazione – con unici oggetti di scena una carrozzina di infanti vittime del sacrilegio di Tebe e una scala che si fa ponte, la seconda invece è una scena accesa, candida, dai parallelepipedi squadrati che costruiscono il Tempio delle Eumenidi ove la catarsi di Edipo ormai cieco avrà fine. Non è casuale che la scena sia luminosa proprio quando il protagonista non può più vedere: benché prima potesse guardare il mondo attorno a lui, era cieco di fronte alle sue colpe più nefaste. Molti i momenti di rara poesia che restano impressi: tra i tanti il suicidio di Giocasta su un piano inclinato che abbraccia la morte scalza e fiera, appesa ad un nastro, o le proiezioni dei volti disperati dalla colpa, l’accecamento di Edipo e il discorso finale sul senso della vita. Ogni elemento della scenografia e ciascuna modulazione della voce di questo gruppo unico si fanno magnetici e terrificanti,proprio come lo stesso testo dello drammaturgo ateniese, specie quando rafforzati dalla musica, contrappunto essenziale della messinscena.

Chiara Cataldo

Regia: Glauco Mauri e Andrea Baracco.
In scena: Glauco Mauri, Ivan Alovisio, Elena Arvigo, Laura Garofoli, Mauro Mandolini, Roberto Manzi, Giuliano Scarpinato.
Scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta.
Luci di Alberto Biondi
Musica di Germano Mazzocchetti

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    • Pino Caruso , Il teatro è una forma di felicità interrotta dall’esistenza.

    • Orson Welles , Il teatro resiste come un divino anacronismo.

    • Giorgio Albertazzi , Teatro è guardare vedendo.

    • Louis Jouvet , Niente di più futile, di più falso, di più vano, niente di più necessario del teatro.

    • Arthur Miller , Il teatro è così infinitamente affascinante perché è così casuale. E’ come la vita.

    • Joël Jouanneau , Scrivere, è annerire una pagina bianca; fare teatro, è illuminare una scatola nera.

    • Federico Garcia Lorca , Il teatro è poesia che esce da un libro per farsi umana.

    • Terrence Mann , Il cinema vi renderà famosi; la televisione vi renderà ricchi; ma il teatro vi farà bene.

    • Eduardo De Filippo , Il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita.

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