Trieste, Teatro Lirico Giuseppe Verdi, 23 e 24 febbraio 2017
Non ci sono soltanto gli scali merci ad attirare l’attenzione dell’Asia Orientale per la città di Trieste. Se le recenti notizie economiche parlano del porto dell’Alto Adriatico come punto strategico per la nuova Via della Seta, presso il Teatro Lirico cittadino la collaborazione con il Giappone è già operativa.
L’accordo siglato il 29 novembre scorso tra la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi e la Kitakyūshū City Opera, consistente non soltanto in percorsi di formazione strutturata che comprenda tutti i mestieri del teatro (grazie anche alla fondamentale presenza a Trieste dei laboratori scenografici e della sartoria), ma anche future coproduzioni, si è concretizzato infatti qualche giorno fa con la messinscena dell’insolito dittico Gianni Schicchi di Giacomo Puccini e Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni.
Sembra quasi che la compagnia nipponica, affiancata ad interpreti europei, abbia voluto mettersi alla prova presentando due opere molto diverse in termini di genere, ambientazione e colore, in cui la comicità quasi da pantomima lascia il posto ad una tragedia annunciata fin dalle prime battute.
Molto diversi gli allestimenti della Kitakyūshū City Opera: interno rinascimentale e più statico il primo, esterno paesano arricchito con numerose variazioni cromatiche affidate al fondale il secondo. Ad emergere a livello interpretativo sono stati soprattutto i due protagonisti: Giovanni Guarino (Gianni Schicchi) e Dimitra Theodossiou (Santuzza).
Si tratta di una collaborazione ad ampio spettro, non limitata alla semplice “ospitalità” in un teatro situato a migliaia di chilometri di distanza dalla propria sede, perché ad essere oggetto d’interesse sono gli strumenti di conoscenza ed esperienza necessari per “importare” una parte fondamentale della nostra cultura musicale: poiché il teatro d’opera è nato in Italia, è nel nostro paese che gli operatori giapponesi, vogliono imparare “come si fa”.
La presenza alla prima del console giapponese in Italia, Shinichi Nakatsugawa, apporta ulteriore peso a questo evento, preceduto il giorno prima da qualcosa di molto suggestivo: la tradizionale Cerimonia del Tè (Cha No Yu) seguita da un concerto corale di musica giapponese. Gli ospiti hanno infatti voluto offrire ad un pubblico partecipe ed attento un pomeriggio nel quale immergersi in un’atmosfera dai ritmi lenti e misurati, in cui ogni singolo piccolo gesto sia dotato di significato e senso ben precisi.
Sono ormai molte le pubblicazioni che ne descrivono le caratteristiche, i tempi e i modi, nelle quali non manca neppure un più o meno esaustivo excursus storico, ma un rito va vissuto: seguire le azioni delle Maestre del Tè, osservare gli sguardi che si scambiano fra loro agendo in silenzio, doversi affidare soltanto a quello che si intuisce dal linguaggio non verbale, ha accompagnato e arricchito i presenti interessati, da principio a fine.
La musica è stata sempre presente, accompagnando l’intera cerimonia prima e poi con il concerto di musica giapponese che l’ha seguita, proposto dai coristi della Kitakyūshū City Opera e che ha permesso ai presenti di soffermarsi ancora un po’ nelle suggestioni vissute poco prima.
Si è trattato di un dono prezioso, testimonianza del desiderio di dare inizio ad una reciproca conoscenza, essenziale per la riuscita di una qualsiasi interazione, specie quando si tratti di un incontro fra culture così diverse finalizzato ad una collaborazione duratura.
Paola Pini