Fino al 13 marzo 2017 al Teatro degli Arcimboldi di Milano
Torna a Milano, al Teatro degli Arcimboldi, seppur per tre sole repliche, la compagnia di danza classica cinese Shen Yun, praticamente unica nel suo genere: fondata nel 2006 da D.F., attuale Direttore Artistico, riunisce un gruppo di artisti di origine cinese con la stessa visione, ossia far rivivere l’autentica cultura tradizionale cinese, sommersa con l’avvento del comunismo, e farla conoscere al mondo.
Il lavoro di ricostruzione è incredibile. Sono stati ripresi miti, leggende, storie e tradizioni di quasi cinquemila anni di storia cinese: lo sfarzo della danza e della musica sono uno specchio stupefacente della civiltà, una rinascita di un mondo a lungo perduto. È il mondo dell’antica Cina, il Regno di Mezzo che non può più essere visto nemmeno nella Cina di oggi: negli ultimi sessant’anni infatti la Cina ha attraversato una campagna comunista dopo l’altra, tutte con l’obiettivo di distruggere la cultura tradizionale. La rivoluzione di Mao, in particolare, ha cercato proprio di sradicare completamente questa antica eredità: le Giovani Guardie Rosse venivano mobilitate per distruggere statue sacre, bruciare libri e sconfiggere i Quattro Mali, compreso il sistema di virtù che aveva guidato la moralità cinese per millenni. Oggi, purtroppo, stiamo vivendo la stessa situazione con i siti archeologici in Afghanistan ed Medio Oriente: la dittatura, per definizione, non ammette alcun passato. Shen Yun è del tutto indipendente dal Partito Comunista Cinese di Pechino: infatti, al momento, non è permesso loro esibirsi in Cina, dove ci sono molti bravi ballerini, ma i coreografi non hanno il permesso di mettere in scena nessun pezzo tradizionale. Il successo di Shen Yun, con sede a New York City, ha anche attratto un costante flusso di nuovi talenti: è ora la casa di un impressionante numero di artisti da tutto il mondo. E proprio questi artisti hanno preso a cuore la missione di Shen Yun: lo si nota nella loro energia e nel loro gioioso entusiasmo sul palco, così come nella loro cooperazione senza pari, che può nascere solo da un senso comune di avere un obiettivo più alto.
La danza classica cinese, di cui credo molti non abbiano mai nemmeno sentito parlare, nel suo stile più puro: tramandata per migliaia di anni attraverso tradizioni folcloristiche, rappresentazioni nelle corti imperiali, con il teatro antico, è una forma di danza basata su una profonda estetica tradizionale , che fonde danza ed arti marziali, che, in cinese, sono vocaboli addirittura pronunciati nello stesso modo. Arte, armonia, e spiritualità, coadiuvate dal Falun Dafa, una disciplina di meditazione ed auto-miglioramento, ovviamente proibita con l’avvento del comunismo, che si basa sui tre di principi di verità, compassione e tolleranza.
Sul palco passano cinquemila anni di civiltà. Se pensiamo all’ennesima “cineseria”, ci sbagliamo di grosso. La compagnia è formata da circa ottanta artisti fra danzatori e musicisti, dato che l’orchestra suona rigorosamente dal vivo. Ogni quadro è introdotto da due presentatori, uno in lingua italiana ed uno in lingua cinese: sicuramente utile ai fini della comprensione della scena, ma a livello di continuità spezza molto il ritmo. L’orchestra, diretta dal Maestro bulgaro Milen Nachev, è degna di un grande teatro lirico: si avvale inoltre di strumenti tradizionali ed antichi come l’ehru, una specie di violino, e la pipa (o liuto cinese), simile al mandolino; i ballerini sembrano finti da tanto sono precisi, tecnici e con una sincronia difficile da vedere, contando poi che sono tantissimi. I danzatori uomini, poi, ruotano e saltano in aria con un’elevazione ed allo stesso tempo una leggerezza impressionante. I brillanti costumi indossati sono rigorosamente cuciti a mano e cambiano per ogni scena, curati nei minimi dettagli, dagli orli, ai ventagli, alle acconciature.
I vari quadri vedono susseguirsi varie dinastie con relative tradizioni: la dinastia Han con la Danza delle Maniche e la battaglia della Scogliera Rossa; la dinastica Song con la Danza dei Fazzoletti Volanti; ancora, storie e leggende: il Re Scimmia, le Fate della Luna con i loro ombrelli, la Pittura Incantata, le Fate di Loto; usi e costumi dei vari gruppi etnici come gli Yi, i tamburi del Tibet, le ciotole delle Mongolia. Anche i tempi moderni sono narrati, con molta meno poesia: il comunismo viene rappresentato dai danzatori rigorosamente vestiti di nero con falce e martello rossi dipinti sul dorso della camicia: ai loro ingressi, solo soppressione, violenza, morte.
Mentre balliamo, ogni tanto c’è un istante dove si può percepire che tutti i nostri cuori sono insieme, uniti, ha detto Michelle Ren, coreografa di Shen Yun. Quel momento è veramente sacro – dice – de in esso si può vedere pura bellezza.
Chiara Pedretti