Al Centro Studi Cappella Orsini di Roma, fino al 15 ottobre 2017
Salendo le scale dei Centro Studi Cappella Orsini troviamo una piccola stanza con una ventina di posti, circondata da quadri paesaggistici, davanti a noi delle poltrone di velluto, un pianoforte e un busto di uno scheletro sul fondo. Sembra di entrare nell’inconscio che presto prenderà le forme di un incubo.
Lovecraft Tales di Mary Ferrara prende le mosse da tre racconti di Howard Phillips Lovecraft per raccontare la storia di Alexander (Alessio Chiodini) e di Alice Lee (Silvia Magazzù) nel limbo tra la vita e la morte. Il protagonista è sospeso in una luce verdastra, in un posto lontano da casa, in una dimensione rivelatrice. Trova la tomba di Alice e poi il suo diario, che legge e mentre ci trasporta nella letteratura di Lovecraft appare lei, uno spirito macabro dal fondo della platea. Due esseri che si incontrano quando la loro parte più segreta emerge, fatta di paure e desideri sinistri. La purezza di lui viene smantellata dalle parole che, una volta pronunciate, sembrano invocare un demone che prende possesso del suo corpo, gettandolo a terra in preda a convulsioni. Lei invece nella sua forma demoniaca ha trovato la serenità, in questo nuovo mondo di cui fa parte, la sua voce è dolce, angelica mentre il volto è bianco e la pelle incavata nelle ossa.
Uno spettacolo di pochi movimenti, sono la voce e la lettura a riempiere il tempo e lo spazio, suggestionando la fantasia dello spettatore.
L’opera di Ferrara è fatta per gli amanti del genere, per chi conosce l’autore e sa ricostruire nella propria memoria di lettore l’universo altro dei mostri demoniaci, degli dei senza scopo che coesistono all’uomo senza volerne essere guida. I personaggi cercano altre strade, per vivere al di fuori della vita e per scoprire se stesso Alexander ha bisogno della memoria di Alice.
Il corpo degli attori prende vita nella parole, in uno slancio di emozioni e percezioni extracorporee.
I personaggi fanno esperienza per poi poterla trasmettere al pubblico, Alexander legge e poi esplica ciò che prova, mentre Alice racconta l’attrazione che ha sentito verso il sogno e poi la morte per arrivare al suo stato presente. Si mette in scena il legame tra materia e fantasia, tra logica e magia, guidati dalle suggestioni di Lovecraft, che descrivendo il mondo tratta dell’animo umano e di quanto sia l’uomo insignificante nel creato.
“L’oceano è più antico delle montagne e dei sogni del tempo” legge Alexander e ci viene da pensare se i sogni non abbiano lo stesso diritto d’essere dell’oceano.
Per portare i racconti in teatro Ferrara inventa delle situazioni e in questa narrazione Alice si rivela un vampiro. Un’esigenza drammaturgica che non trova una perfetta adesione con la poetica dell’autore e che riporta la storia su un piano più terreno e identificabile. Con questo finale si smorza il climax, quasi semplificandolo, per aprirsi a un pubblico lontano da Lovecraft, che trova maggior familiarità con la letteratura fantastica e horror.
Federica Guzzon