“La Torre Nera” si affida all’immaginario di king e fa poco per trasformarsi in uno spettacolo cinematografico

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Arriva nelle sale La Torre Nera, adattamento cinematografico del primo libro di otto complessivi che costituiscono una delle saghe più famose e celebrate di Stephen King, iniziata nel 1982. Chi vi scrive non conosce la materia letteraria in questione, ma riesce a rintracciare in modo piuttosto chiaro dietro un film sempliciotto, dalla natura multipla e in evidente crisi d’identità un immaginario denso e importante, sensibilmente potente e sostanzioso, corposo nelle sue sfumature e chiaroscuri, compatto nella sua varietà di temi ed ossessioni, rimandi e spunti, che è proprio di Stephen King capace di donare al film quella base solida su cui poggiare i piedi e non precipitare miseramente nell’ovvietà di molte saghe moderne teen-fantasy che fiaccamente hanno occupato le sale (oggi meno) negli ultimi anni. La Torre Nera è perciò autosufficiente quanto basta a reggersi sulle proprie gambe e ad ovviare non tanto ai danni di una sceneggiatura innocua e una regia indifferente, quanto alla mancanza di ardore e decisione dei suoi autori nel trasformare questo potenziale letterario in un’opera cinematografica di ben più alto livello.

Le prerogative c’erano tutte: mondi paralleli che si intersecano prima nella mente di un bambino prodigio, il protagonista Jake Chambers (Tom Taylor), poi nei fatti della vicenda narrata, mettendo a contrasto realtà diverse, culture diverse, suscitando qua e là anche brevi raptus di ironia; realtà e fantasia, dunque, i mostri simbolici del mondo reale e quelli veri e propri anche nelle sembianze dell’altro mondo, il Medio-Mondo; personaggi antichi ed autorevoli in lotta tra gli archetipici schieramenti del bene e del male; quindi il fantasy e l’avventura, la fantascienza e il mistery, il “coming of age” e lo “young adult”. Più generi che sarebbero potuti convivere, più ramificazioni stilistiche e sintattiche che avrebbero potuto arricchire ed impreziosire il racconto. Invece l’opera del danese Nikolaj Arcel va di fretta (1 ora e 35 è un minutaggio risicato per questo tipo di produzioni), attua una sintesi notevole del bacino letterario di riferimento che nell’insieme delle parti non è affatto inefficace, anzi, ma le conferisce un ritmo eccessivo, un montaggio che non lascia respiro né alle scene d’azione che queste opere necessitano come l’ossigeno, né ai momenti più drammatici che avrebbero avuto bisogno di stasi e riflessioni maggiori; la sceneggiatura dal suo lato si accontenta di abbozzare i suoi personaggi, senza dargli profondità e rilievo, lasciandoli così privi di epicità e scardinati a volte dal contesto, anch’esso poco epico, creato nello scambio tra i due mondi. Per fortuna ci sono due attori come Matthew McCounaghey e Idris Elba a reggere la facile caratterizzazione in fase di scrittura del Mago Walter Padick e il Pistolero Roland Deschain, e a donare loro venature, dettagli e particolari psicologici e umani, e quantomeno un accenno di presenza.

La Torre Nera è un film che fa il suo compito, si affida a Stephen King e si accontenta di camminare, di non annoiare il suo pubblico; non si preoccupa molto di chi è, o di chi voglia essere. Sa di nascondere un potenziale notevole, ma se lo tiene per sé. A noi resta uno spettacolo godibile e nel complesso apprezzabile. Ma anche ben presto dimenticabile.

Voto 6 su 10

Simone Santi Amantini

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