Rifondare
Quanto arduo mi è posare le parole
In questo piccolo canestro di coscienza nuova,
e farne atto,
farne voce – ora posata –
di nuove ragioni e più vere.
Farne astro fulgente di questo fragile, pur vivo cuore,
senza ragioni dettare
che non sappia io stesso onorare.
Quando invece lo specchio di un volto
era quel gruzzo di ragioni il cui volto negavo.
Io, vedi, che alzavo la voce,
prendevo a pugni il vento e morivo
di questa tua identica morte d’esser uomo,
senza saperlo dire se non gridandolo
e molto soverchiando dell’altrui fraterna vita.
Ma uomo ancora non arrivo a dire,
se la sfida era raccoglierne un pugno di sale,
partecipare le aspre vie e i ponti non più che malcerti,
con l’abbracciata fatica di venir utili alle proprie mani,
quando tutto attorno è sortilegio non così oscuro
di più conculcata vita,
scempio e rovina e scientismo tiranno;
governanti pupazzi di più vertiginose quote di potere –
loro voce ventriloqua e automatico scacco
al rifondare un umano più umano
delle loro vigliacche pantomime di servi gregari.
Uomo è più uomo che ogni artificio,
uomo è più uomo,
nella pena che non cede al disincanto,
uomo e più uomo,
di questo gioco di scatole cinesi che è la sua vita politica;
uomo è più che involucro di veleni ed esangue parola,
stipata manovra d’agire un tempo largo.
Egli, ancora vinto dagli automatismi del sistema,
messaggero di pace, grida guerra alla luna,
per guerra non attuare che in pace e solidarietà,
con fulgidi atti di autocoscienza
nella latebra di questo vivere a sé estinto
e figlio di soprusi seriali.
Da ogni parte garantito
manipolando e spostando gangli di competenze
che son pedine assoggettate
all’autarchia del neocapitalismo.
A guisa di programmate macchine,
esse ripetono, di chi nell’ombra muove le fila,
la sete di niente possedere se non violentando –
su una scacchiera in cui tutto è virtuale
e di concreto si pone solo l’omologazione.
Oggi, uomo è più uomo cogliendo a grappi
olismi d’intersecate discipline,
destando la sonnolenta, assuefatta sopportazione,
per trasvalutare il ruolo proprio
altrimenti fatto a brani da una nuda tecnica senza etica,
e da una falsa etica preposta a difenderla.
Quanto arduo ci è posare le parole
In questo piccolo canestro di coscienza nuova,
e farne atto,
farne voce – ora posata –
di nuove ragioni e più vere.