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“Emone” di Antonio Piccolo. Tra l’ironia del sud e un’Antigone senza parole

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Tra le ultime uscite in ambito teatrale, troviamo Emone del drammaturgo Antonio Piccolo, pubblicato da Einaudi nella collana Collezione di Teatro (numero 445). Già dal sottotitolo si evince di come l’autore rielabori l’eroina sofoclea a suo modo: La traggedia de Antigone seconno lo cunto de lo innamorato. Piccolo infatti ci racconta questo mito in modo totalmente inedito, attraverso la figura di Emone, figlio di Creonte e promesso sposo della protagonista, ora relegata in secondo piano. Per farlo il drammaturgo fa uso del dialetto napoletano, donando a quella che era una tragedia tocchi comici e farseschi, giocando tra i diversi registri, passando dall’eleganza linguistica alla parlata popolare. “Che freva dinto a l’uocchie de li tebane! Na condanna a morte! Sì, certo, è lo vero, de muorti ne avevano veduti già tanti ne li urtimi anni… ma no cristiano acciso ‘ngoppo a la forca è tutta n’autra storia! Specie de chilli tiempi, che li teatri stèveno inserrati e li commedianti non ívano a giro.” Si tratta dell’inizio di un monologo di Emone, a circa metà del testo – ci troviamo all’Intermezzo, scena 4. Questo per dare un saggio dello stile dell’autore, perfettamente a suo agio nella lingua della città partenopea, della quale conosce anche le più lievi sfumature. Piccolo, che con Emone ha vinto il premio Platea 2016, ha deciso di dare piena marginalità ad Antigone, ponendola sullo sfondo, senza che questa proferisca parola, dando invece risalto al personaggio di Emone, utopista in lotta verso il potere vigente, sognatore e rivoluzionario instancabile, ma purtroppo costretto a fallire nelle sue ambizioni. Si tratta di un dramma interessante e coinvolgente, che ci porta alla conoscenza di un esponente della nuova drammaturgia, che tanto ci manca in Italia. Antonio Piccolo è classe 1987 e con la sua creatura, già in giro per i teatri di tutta Italia, con lo spettacolo diretto da Raffaele Di Florio, ci dimostra come il dialogo tra passato e presente sia fondamentale per l’ideazione di un qualcosa proiettato verso il futuro.

Stefano Duranti Poccetti

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