Al Teatro Sala Umberto di Roma, fino al 6 gennaio 2019
Un artista veramente bravo e dalla spiccata personalità deve’essere capace di ricoprire diversi ruoli in modo brillante, passando con facile spigliatezza da un campo all’altro dell’arte tanto da indurre i suoi ammiratori a chiedersi dove riesca meglio e se vi sia un limite alle sue potenziali qualità. Proprio per mettersi alla prova e comprendere fino in fondo il suo valore, l’abile e stimato personaggio pubblico Flavio Insinna da qualche tempo a questa parte, dopo aver presentato la sera sulla rete ”AMMIRAGLIA” della RAI il gioco ”L’eredità”, sale sul palcoscenico per intrattenersi come ”fine dicitore” e ”show-man” con il pubblico per una lezione interattiva e laboratorio sulla felicità,intitolato pure “ricreazione”. Inizialmente fa riempire un foglio a tutti, su quale sia per loro il maggior godimento sentimentale e se si possa raggiungere da soli od occorra essere in due, poi commenta tali indicazioni servendosi anche del suo libretto su”la macchina della felicità”. Egli la vive da solo e si considera sarcasticamente un ”gay” avendo litigato con tutte le donne, dalla madre alla sorella e governante, non conviene smentire questa diceria o non dare importanza perché, comunque sia, la sua posizione viene fraintesa. Ricorda i lauti pasti per le feste nella sua TRINACRIA, precisamente ad Enna, allorché doveva imparare la poesia di Natale ed i parenti s’abbuffavano,mentre poi a ROMA, durante la seconda guerra mondiale, il padre gli insegnava che la felicità sta nel sapersi accontentare di poco. Riflette liricamente su come in famiglia spesso la prima felicità si trasformi in tragedia con i femminicidi e quindi basti la naturale bellezza del paesaggio per sentirsi sereni, mentre interroga gli spettatori sulle loro necessità primarie. A fargli da sponda, tra una meditazione virtuosa e l’altra, la sua piccola orchestra con la voce melodiosa, limpida e potente,swing e pop, di Martina Cori, che talvolta è la sua coscienza critica, a cui l’umorismo satirico d’INSINNA rammenta che bisogna essere sempre Pascolianamente fanciullini e che, con la trasposizione del NATALE all’attualità, la mangiatoia di Betlemme andrebbe sorvegliata dai corazzieri, con la fortuna d’essere nati di qua del mediterraneo rispetto alla miseria Africana ed alle rovine della Palestina. Si deve affrontare la lotta per la felicità non perdendosi mai d’animo, come ammonisce l’antologia sapienziale finale di scrittori filosofi, mantenendo la carica dinamica e l’energia per essere virilmente giovani giocando a pallone. Insomma pure ricreazione, ma non solo quella della campanella scolastica a metà mattinata. Si replica fino all’Epifania.
Susanna Donatelli e Giancarlo Lungarini