Roma, Teatro Brancaccino, dal 7 al 17 febbraio 2019
Cento anni e non sentirli, o sentirli poco, per questa commedia di Luigi Pirandello ora in scena al Teatro Brancaccino dal 7 al 17 febbraio, per la regia di Giancarlo Nicoletti e con Giorgio Colangeli nei panni del “trasparente” Professor Paolino. La geniale lucidità dell’autore agrigentino, capace di capolavori anche negli insoliti toni farseschi e grotteschi de L’uomo, la bestia e la virtù, commedia tratta dalla novella Richiamo all’obbligo (1906), è l’ennesima occasione per poter godere di tanta caustica drammaturgia. Uno sguardo spietato, scandaloso, verso l’ipocrisia che una volta si definiva borghese ma che ci appartiene senza distinzioni di classi sociali. La storia è nota: Paolino (Giorgio Colangeli), rispettabile professore, ha una relazione clandestina con la signora Perella (Valentina Perrella, non è un refuso), moglie trascurata dal temibile capitano di marina Francesco Perella (Filippo Gili). Il frutto indesiderato della tresca è un figlio in arrivo che, nel piano del professore, dovrà apparire come proprietà del marito di lei. Da qui comincia un’affannata corsa contro il tempo per far si che il capitano, nell’unica notte in cui sarà in casa di ritorno dal mare, per poi ripartire l’indomani, sia risvegliato nei suoi istinti sessuali ormai sopiti verso la consorte. Il finale sarà inaspettato, amarissimo, cinico. Un’analisi tragica dell’essere umano, appena addolcita dai toni umoristici e volutamente debordanti del testo, davvero scandaloso cento anni fa, che disintegra il velo rassicurante delle convenzioni sociali dettate dall’educazione, dal bon ton. Un faro sull’aspetto farsesco delle passioni, presunte moralità e virtù prostituite per non sconvolgere il comune senso del pudore, perdita di dignità mascherata da perbenismo, rimescolamento finale delle maschere, col professore che si accusa di essere una bestia, il capitano che invita ad essere uomini dall’alto della sua condizione di consorte legittimo. Il trionfo dell’ipocrisia, dai risvolti drammatici.
La versione messa in scena dal regista Giancarlo Nicoletti si affida ad un cast che, capitanato dal bravissimo Giorgio Colangeli, ne rivela e ne esalta l’umanità vera e cruda, cinica, senza tralasciare gli aspetti farseschi, quasi ridondanti, del testo. Colangeli dona al suo personaggio una verve sanguigna che raramente avevo visto in altre versioni, mi è molto piaciuto anche Filippo Gili nel ruolo della bestia, bravissimo, con la giusta dose di sarcasmo nella sua bella mimica facciale. Valentina Perrella, nel ruolo del quasi omonimo personaggio, sobria, perfettamente in parte. Cristina Todaro, la domestica, esilarante in entrambi i casi (dal professore e a casa della bestia), Alessandro Giova impeccabile dottore, Diego Rifici nel doppio ruolo di studente e marinaio, Alessandro Solombrino sfaticato allievo del professore e lo stesso Giancarlo Nicoletti incisivo nelle due apparizioni come fratello del dottore, inguaribile scroccone. Il piccolo Francesco Petit-Bon completa il cast di questa edizione. Una perplessità personale su diversi passaggi interpretativi, con un eccesso di toni urlati che alla lunga infastidiscono. Ma L’uomo, la bestia e la virtù, in qualsiasi salsa la si proponga, è la prova di come, a distanza di un secolo, si possa ancora oggi parlare al pubblico con le parole di Pirandello. Lui era un genio. E’ l’uomo a non essere molto cambiato da allora, e non ne esce affatto bene.
Paolo Leone