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Giovanni Nuti – “La morte non è niente”

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L’abbiamo incontrato poco tempo fa, ma oggi Giovanni Nuti ritorna al Corriere dello spettacolo per parlarci del suo brano “La morte non è niente”, uscito il 7 dicembre 2018, poesia scritta dal teologo e scrittore britannico Henry Scott Holland (27/01/1847 – 17/03/1918) tradotta da Paolo Recalcati e che Giovanni Nuti interpreta in un modo unico, accompagnandola con la sua stessa musica. Insieme a Alberto Roveroni ha realizzato il video, girato presso “Le Park” Milano. Roveroni si è occupato della regia e del montaggio. L’arrangiamento tastiere e programmazione computer è a cura di Stefano Cisotto, mentre il violino e la viola sono suonati da Simone Rossetti Bazzaro. L’immagine della copertina è a cura del pittore Emiliano Alfonsi. Ma facciamoci raccontare da Giovanni Nuti questo suo lavoro, che tratta un tema molto intenso: la morte, portando il messaggio di una persona che ama e che manifesta tale amore con il desiderio che l’altra parte (la propria persona cara) continui ad andare avanti nella vita. In questo contesto notiamo che il tema della morte non viene trattato solo dal mondo della filosofia o della scienza, ma anche dalla poesia, la poesia che esalta il più grande livello dell’espressività umana.

Giovanni, com’è nata la tua scelta di interpretare “La morte non è niente” di Henry Scott Holland?

Tutto nasce dalla morte di Alda Merini alla quale sono stato legato artisticamente e umanamente per molti anni e della quale, anche quando nel 2009 ha lasciato questo mondo, ho continuato a sentire la presenza accanto a me con una comunicazione spirituale che non si è mai interrotta. Poi è successo che, nell’arco di quattro mesi, siano mancati prima mia mamma Marina e poi mio fratello Luciano. Precisamente nel 2015. I legami familiari erano così profondi e il distacco è stato così traumatico che ho provato disperazione. Prima di questi eventi io avevo il terrore anche di pronunciare la parola morte e questo di certo non mi ha aiutato.

In questi anni di grande introspezione, ho capito quale fosse la memoria alla radice di questa mia grande paura che poi è una paura atavica. Ero un bambino, frequentavo la prima elementare, quando morì il mio maestro, a cui ero molto legato. Ricordo che portarono in aula la sua bara. Per me fu uno shock tremendo. Da allora non riuscii più a vedere una bara senza orrore, nemmeno nei film.

L’educazione di certo non aiuta ad affrontare una cosa naturale che appartiene a tutti come la morte. Ci identifichiamo con il corpo fisico che altro non è che un abito che usiamo per un certo numero di anni e che poi lasciamo. Noi invece siamo esseri eterni, siamo esseri spirituali.

L’ho sempre saputo, ma un conto è saperlo e un conto accettarlo e viverlo. La perdita di mia mamma e di mio fratello mi ha trafitto il cuore. Ma da questa ferita è scaturita una fonte, anzi direi un oceano di consapevolezza che mi ha sommerso e che mi ha fatto approfondire il tema del perché dell’esistenza e del fine vita.

Nei primi tempi ero letteralmente impazzito: volevo sapere cosa fosse successo ai miei cari, dove fossero andati. Per mesi mi sono rinchiuso in casa e ho letto molti libri sull’argomento “morte”, le esperienze dopo la morte, la comunicazione con i trapassati. Nelle mie letture ho scoperto una medium considerata “l’eccellenza della medianità”, Laura Paradiso, che ho conosciuto e consultato. Laura è morta da pochi mesi e devo a lei la certezza che i miei cari non sono “morti”. Laura era un’insegnante che, da quando perse suo figlio Corrado di 24 anni, accettò  il dono che aveva sin da bambina di parlare con i defunti mettendolo a disposizione di tutti, specialmente dei genitori che avevano perso i figli. Attraverso Laura sia mia mamma che mio fratello mi diedero prove talmente precise e inoppugnabili della loro effettiva presenza con dettagli della nostra quotidianità che solo io avrei potuto sapere da non avere più alcun dubbio. Pensa che mia mamma, oltre a fare riferimento a molte esperienze che avevamo vissuto insieme quando era in vita, per darmi prova della sua vicinanza arrivò a dirmi con esattezza l’orario – molto inconsueto – in cui facevo le prove per un concerto e che il mio canto la allietava. Un’emozione incredibile.

Hai curato magistralmente la musica di quest’opera. Com’è nata?

Le mie musiche nascono innanzitutto molto velocemente. Nel momento in cui leggo un testo che mi colpisce, sento immediatamente l’ispirazione per una musica che lo accompagni. La stessa cosa è sempre accaduta e ancora adesso accade quando musico le poesie di Alda Merini. Così è nata anche la musica de “La morte non è niente”.

La poesia inizia con queste parole: “La morte non è niente, sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto…”. Sono parole d’amore contenenti un immenso messaggio di un uomo che dice alla sua persona cara: “Io sono sempre vicino e accanto a te”, dove vi è anche una grande riflessione filosofica. Da questa angolazione come vedi la morte? Ci sarà un prosieguo?

Tutte le religioni vertono sulla credenza che la vita è eterna ma anche la scienza ha dimostrato che la materia non è “solida” ma è solo energia. I messaggi che ho ricevuto sulla vita dell’aldilà sono confermati dalle testimonianze di coloro che hanno vissuto esperienze di pre-morte e hanno parlato di ciò che hanno percepito della vita oltre la vita.

Prima di tutto non si muore. Il distacco è forte perché ci si lascia alle spalle tempo e spazio e si deve imparare a orientarsi e muoversi nell’invisibile. Allo stesso modo quando ci incarniamo e nasciamo. Come avviene il passaggio dipende totalmente dalle credenze del defunto nel momento del trapasso perché sono i pensieri a creare il nuovo ambiente anche nella “stanza accanto”. I pensieri diventano cose anche nell’aldilà con la differenza che non essendoci la materia è tutto velocissimo. Pensi una cosa e immediatamente si manifesta. La grande notizia è che i nostri cari passati dall’altra parte non sono morti. Piuttosto riposano, si ritemprano e sono in un luogo di una bellezza spettacolare tra amici e persone che fanno loro da guida.

Tutti loro assumono la forma fisica e l’età prediletta e il tempo e lo spazio non hanno più importanza. La comunicazione avviene grazie a una forma di telepatia. Si viaggia semplicemente formulando un pensiero e gli spostamenti avvengono alla velocità della luce. Le guide sono amorevoli, radiose e piene di gioia e hanno una riposta a tutti i quesiti.

Parlare della morte è un grande tabù nel mondo occidentale, l’argomento viene allontanato, omesso e rimosso. Anche l’idea di contattare i morti non fa parte del discorso pubblico e comune. Nonostante alla base della nostra cultura ci siano il mondo greco e latino (con Omero e Virgilio che, rispettivamente nell’Odissea e nell’Eneide, raccontano di Ulisse ed Enea che scendono nell’Oltretomba per parlare con le “ombre” dei familiari e degli eroi morti) e la grande opera della Divina Commedia di Dante che altro non è che un viaggio nell’aldilà, valgono di più le condanne e gli ostracismi della Chiesa cattolica che, nonostante alcune inaspettate aperture di Papa Pacelli che incoraggiò gli studi sulla  metafonia di Padre Gemelli, in genere ha sostenuto che i morti “vanno lasciati in pace”  e non vanno disturbati. In realtà i nostri cari sono felici di comunicare con noi: noi abbiamo bisogno di loro come loro hanno bisogno di noi e sono grati di rivivere i loro ricordi e felici di questa foscoliana “corrispondenza di amorosi sensi” con noi.

Non tutti nelle Chiesa coltivano però questo ostile pregiudizio. Oltre a Laura Paradiso, fondamentale per me è stato l’incontro con il più grande biblista e teologo italiano, Padre Alberto Maggi, autore de L’ultima beatitudine, libro illuminante sulla morte in cui lo studioso e divulgatore del Vangelo afferma che non si muore mai, ma si nasce due volte e la seconda è per sempre. Ti chiedo la gentilezza di poter pubblicare la copertina del libro di Padre Maggi perché sono certo che, come ha fatto bene a me, altrettanto bene farà a tutti i vostri lettori.

Ne L’ultima beatitudine Padre Maggi, oltre a parlare della sua personale esperienza a contatto con “sorella” morte, dovuta a gravi problemi di salute, e delle apparizioni a cui assiste in circostanze eccezionali di alcune persone trapassate, narra di Mozart, il grande musicista, a cui erano morti tre figli in tenera età, che scrive una lettera al padre poco prima di morire – all’età di 35 anni – in cui dice “dato che la morte è la vera meta della nostra vita, già da un paio d’anni sono in buoni rapporti con questa vera ottima amica dell’uomo” e conclude ringraziando Dio per avergli concesso la fortuna di riconoscere nella morte la chiave della nostra vera beatitudine.

Parliamo di poesia, dove c’è sempre di mezzo il tema dell’amore. In quest’epoca esiste ancora l’amore?

Avere contatti con il mondo invisibile aiuta a vivere anche nella nostra dimensione. I messaggi di chi è passato “nella stanza accanto” sono chiari: l’amore è il significato della nostra esistenza, amare ed essere amati. Non c’è cosa più potente dell’amore. Loro ci amano con l’amore di prima, arricchito e potenziato dall’amore di Dio. Certo che esiste l’amore. Senz’amore non faremmo nemmeno questa intervista. La poesia ha successo specialmente tra i giovani perché è portatrice di amore, ovviamente parlo della poesia “alta” come la poesia di Alda Merini, e chi più dei giovani ha necessità urgente di amare ed essere amato?

Infine ti faccio un’ultima domanda: ho visto un commento di una fan che ti ha definito “La voce di un angelo che parla con parole dei nostri cari…” e continua ringraziandoti delle tue parole, perché ascoltandole le danno coraggio. Credo che non sia la prima volta che ti trovi davanti a questi commenti o ringraziamenti. Cosa significa per un artista essere consapevole che attraverso la tua voce e la tua musica doni qualcosa di bello, come appunto coraggio?

Io ho seguito sin da piccolo la mia vocazione, che è quella del canto e di comporre musica. Anche se avessi voluto rinunciare a questo mio talento, non avrei mai potuto tanto il bisogno di esprimermi attraverso la musica è forte e indispensabile.

Ho sempre pensato una cosa che sta alla base di tutto: che la mia musica e la mia voce non siano un dono fatto a me ma che siano utili al prossimo, che facciano bene e che portino gioia e conforto a chi ne ha bisogno. Di questo ogni giorno sono grato all’universo perché le testimonianze di persone che mi dicono di emozionarsi con le mie canzoni sono veramente tante e si moltiplicano in modo sorprendente. Ovviamente come sai la mia carriera l’ho costruita mattone su mattone, con pazienza da certosino e grande tenacia e forza di volontà. Ad ogni porta chiusa ho risposto ringraziando, con la certezza che la vita mi avrebbe preparato una cosa ancora più grande. A volte non ci rendiamo conto che c’è un disegno divino per noi che è talmente grande che nemmeno possiamo immaginarlo, ma perché si compia c’è bisogno di tempo, a volte di molto tempo se il talento è speciale. Ma l’uomo non vuole aspettare i tempi di Dio e vuole tutto e subito.

Concludo ringraziandoti di questa bella intervista, di avermi dato spazio per parlare di cose importanti che interessano tutti e non delle solite banalità che riempiono la maggior parte dei giornali e che non hanno altro effetto che di abbassare le nostre vibrazioni per farci sentire sempre più infelici e carenti di qualcosa. Evviva l’amore! Evviva la vita!

Giuseppe Sanfilippo

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