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La falsa ed ipocrita amicizia borghese smascherata dalla paura esistenziale nella tragedia ”La cena delle belve”

Data:

Al Teatro Quirino di Roma, fino al 3 marzo 2019

Gli uomini soltanto in nome della ragione,della tolleranza e dei rapporti di fiducia fino all’amicizia si distinguono dagli animali veri e propri, ma se, in preda alla paura ed al nervosismo per qualche grave pericolo e rischio imminente per la loro condizione esistenziale, cedono all’istinto paranoico diventano bruti ed irrazionali,come ammoniva il sommo poeta Dante.Ciò è quanto ci vuole mostrare il drammaturgo e poeta armeno Vahé Katcha che, prima di morire,scrisse con dura e sarcastica ironia sulla realtà egoista ed opportunista fondamentale della natura umana, che in determinate situazioni viene chiaramente fuori. Questo succede,per esempio,nel borghese lavoro: La cena delle belve ambientata nell’Italia del 1943 durante l’occupazione tedesca, che a Roma finì nel giugno del 1944. L’opera fu composta in francese dall’autore armeno ed elaborata drammaticamente da Julien Sibre su una serie di personaggi d’estrazione sociale, cultura educativa ed attività socio-economica diversa, tanto da interessare l’artista e manager Gianluca Ramazzotti che osservato lo spettacolo con profonda partecipazione emotiva, lo richiese nel 2010 e l’ebbe soltanto due anni dopo,mandandolo all’indimenticabile Vincenzo Cerami che lo traspose in chiave Italiana,dando una patina più nostrana alla viltà,spregiudicato orgoglio e gretto egoismo, manifestati durante il compleanno di Sofia, con la bella M. Bargigli, moglie del libraio Vittorio,che viene rovinato dalla barbara uccisione terroristica di due ufficiali tedeschi sotto la loro palazzina. Il comandante Kaubach deve prendere due ostaggi per ogni appartamento,tuttavia conoscendo il libraio concede due ore di tempo per scegliere le due vittime,responsabilizzandoli. Ci sono varie categorie sociali ed ognuno accampa pretestuose giustificazioni per salvare la pelle: il dottore, incarnato da G. Ramazzotti con timido sgomento ed avidità, sostiene di conoscere un ufficiale tedesco, cui ha curato la moglie che è morta, volendo salvarsi per il suo ruolo, Piero, reso da Francesco Bonomo con acume sociale realistico, è cieco e fiducioso nel domani per l’esperienza precedente del conflitto, Francesca (S. Siravo) è aderente fiera alla resistenza per amore del defunto marito; Andrea con Maurizio Donadoni è un commerciante affarista,calcolatore e perciò tenta più vie per togliersi dall’intricata vicenda, augurandosi più  ospiti per salvarsi,mentre l’omosessuale Vincenzo, con un impettito ed elegante, E. Salce rimprovera al gerarca le cattive informazioni classiche da lui vantate come filologo.La tragedia potrebbe rapportarsi idealmente alla rappresaglia di via Rasella e la salace satira, nera ironia, toglie la maschera a coloro che potrebbero inizialmente collegarsi al romanzo: ”Gli indifferenti” di Moravia. Come finirà ed il colpo di scena finale aiuta a recuperare la dignità umana. La scena linda e tersa è di C. De Marino e la pièce da cinque anni spopola in Francia, dopo il premio Molière 2011 per il teatro.

Susanna Donatelli e Giancarlo Lungarini

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