Ma chi fu Jack lo Squartatore? Dal 53° Festival teatrale di Borgio avventura e suspance

Data:

Mercoledì 17 e giovedì 18 luglio 2019 al Festival Teatrale di Borgio Verezzi

Quarto appuntamento del 53° Festival teatrale di Borgio Verezzi è stato lo spettacolo: “Sherlock Holmes e i delitti di Jack lo Squartatore”, di Helen Salfas, adattamento di Ricard Reguant (anche regista) e Cata Munar, traduzione di Gianluca Ramazzotti. Una prima nazionale, che ha debuttato al teatro Apolo di Barcellona, sempre con Reguant, e che vede accomunati nella trama i personaggi creati da Arthur Conan Doyle e i misteriosi delitti londinesi. Sugli indizi che vennero raccolti nel 1888, dopo le efferate mutilazioni, lo scrittore si trovò effettivamente a disquisire con Scotland Yard, fornendo intuizioni e congetture.
Nella pratica, in questa pièce, si avvalora una delle tante ipotesi che sono giunte sino ai nostri giorni sull’identità del/i serial killer, certamente la più sconvolgente.
La trama inizia al meglio con le scene originali di Ana Domingo Enrich che disegnano su una tela trasparente nera il cupo quartiere malfamato di Whitechapel. La precisione millimetrica di cui fa sfoggio Sherlock Holmes (Giorgio Lupano in gran forma) con i suoi “Elementare, Watson” viaggia di pari passo con la precisione millimetrica dell’azione sotto le stelle. Il dr. Watson (Francesco Bonomo, altra ottima prova dopo “La cena delle belve” di due estati or sono, nel ruolo del cieco) si ritaglia in maniera convincente, nello spettacolo, il suo dialogo con i lettori/qui spettatori. Tutta l’intelaiatura dei romanzi fa da cornice ai due atti: la preoccupazione verso la droga di cui si ‘ciba’ Sherlock, gli azzeccati travestimenti, la capacità di superare gli ‘alibi’ indiscutibili perché poi… (e qui taciamo per non rovinarvi il finale), nonché la massima celeberrima: “Una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità”.
Inoltre, a movimentare la trama, ci pensa la bella Rocío Muñoz Morales, nel ruolo di una spia così provocante da far confondere anche Watson (felici i costumi di Adele Bargilli).
Sul palco, trasferire l’attenzione da un punto all’altro, o immergersi di colpo in un nuovo ambiente, è cosa resa agevole e immediata grazie al disegno luci di Giuseppe Filipponio, e agli attori che si prestano, con il loro ingresso o la loro uscita dal palco, ad attrezzare la scena successiva (il meccanismo si inceppa una volta sola la sera del 18 luglio… certamente un disguido).
Ottimi anche gli altri attori del cast: in particolare Emiliano Ottaviani (sir Anthony), egregio nella scena finale in cui si erge impettito ma gli trema la mano, Giordano Agrusta (ispettore Lestrade, tontolone quanto basta), Stefano Quatrosi (specialmente nel ruolo di Freud), Tommaso Minniti (medico forense altezzoso come chiede il copione), Giulia Morgani (meglio nel ruolo di Catherine Eddowes), Giada Lorusso (perfetta donna della taverna) ed Emanuela Guaiana (una convincente prostituta Veronica).
Tra i momenti più belli, sicuramente la scena dell’ipnosi, con il girotondo degli attori e il loro scudo di specchi che realizzano l’incubo di Sherlock (e svelano a noi l’identità di Moriarty), nel crescendo delle musiche originali di Pep Sala, e il sorriso che scaturisce alle parole di saluto di Watson, quando spera in un mondo migliore fra 130 anni (scaduti nel 2018, sic!, e di mondo migliore nemmeno l’ombra…).
Certo, ci sono anche piccole cose che non ci hanno convinto, come il lungo sventolio del lenzuolo per svegliare Sherlock all’inizio, la prestigiosa poltrona che spicca nel tugurio del ritrattista o il ridicolizzare la regina Vittoria, ma sono bazzecole. Invece, quello che ci ha reso dubbiosi è stato il finale “romantico”: molto meglio un ammiccamento della donna e passi indecisi, titubanti di Sherlock, che lasciassero in sospeso la scelta.
Ma sicuramente una pièce piacevole da vedere, anche per porsi qualche domanda sui giorni nostri, in particolare sul potere investigativo.
Ora il Festival di Verezzi propone una nuova prima nazionale: “Liolà” di Luigi Pirandello, che andrà in scena lunedì 22 e martedì 23 luglio (ore 21.30), con Giulio Corso e la partecipazione di Enrico Guarneri, adattamento e regia di Francesco Bellomo.

Laura Sergi

Info: www.festivalverezzi.it, tel. 019.610167 (nella foto, Bonomo, Lupano e Muñoz Morales)

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