Il “Lear” al Festival del Maggio Musicale Fiorentino. Una regia al millimetro per un impianto sognante e spettrale

Data:

LXXXII Festival del Maggio Musicale Fiorentino. Opera andata in scena all’Opera di Firenze dal 2 al 9 maggio 2019. Vista l’ultima replica del 9 maggio

Siamo nati piangendo perché siamo saliti su questo palcoscenico di folli”. Ecco una frase significativa dal libretto di Lear, opera che Aribert Reimann firmò nel 1978, riproponendo la signora delle tragedie shakespeariane, quella dove “muoiono tutti”. Si potrebbe veramente parlare di Tragedia dell’Arte per questo allestimento diretto dal Maestro Calixto Bieito, dove gli attori interpretano lo stereotipo di personaggi negativi, costretti infine a perdere tutto, anche la vita, a causa delle loro ossessioni materiali: così fa Lear all’inizio spodestando la migliore delle sue figlie Cordelia, lasciando i suoi possedimenti alle altre due perfide genite, Goneril e Regan, che allontaneranno il padre, riducendolo alla miseria. Sorte maledetta anche per Edgar, tradito dal fratello Edmund, che si ritrova scevro dell’eredità che gli sarebbe spettata. Unico personaggio completamente positivo è Cordelia, che nonostante l’accaduto non rinnegherà mai il padre, infine perdonandolo, prima che lei stessa e tutte le altre e gli altri perdano la vita, ultimo Lear, che si lascia perire per il dolore causato dalla perdita della figlia. Unico che rimane in vita è Edgar, che alla fine riesce a vendicarsi, uccidendo il fratello Edmund.

La regia di Bieito è precisa al millimetro, i cantanti si muovono ondulati e lenti, a tratti vulcanici, su una scena spettrale e mitica, oscura e arcana, decorata da Rebecca Ringst con grosse travi di legno che si trasformano, a seconda, in esterni e in interni, anche nella foresta del primo incontro tra Lear ed Edgar, mentre i prorompenti fasci luminosi di Franck Evin ci fanno presagire una vicenda dai toni mitici e divini, che poco ha a che fare con la sfera umana, mentre i costumi di Ingo Krügler s’incastonano puntualmente tra loro e nell’ambiente che li circonda, con cromie piene, rinunciando alle troppe sfumature.

Un flusso di note continuo accompagna dall’inizio alla fine, regnano fiati e percussioni, mentre i cantanti si muovono sul palco quasi recitando, in quest’opera che tanto deve al teatro. Il baritono Bo Skovhus è il Lear dalla variegate sfaccettature: è l’avido, il dolce, è il presuntuoso, è soprattutto il folle che soltanto Cordelia saprà guarire, interpretata da Agneta Eichenholz con toni teneri e puri, completamente diversi da quelli delle sorelle Goneril (Angeles Blancas Gulin) e Regan (Erika Sunnegardh), la prima che si mostra salda nella voce come nelle intenzioni istrioniche, come fosse una irremovibile comandante, la seconda, sicuramente una delle migliori della scena, è serpentina e seduttiva, comportandosi come un’arpia, uno scorpione che si aggira minacciosamente per la scena. L’Edgar Andrew Watts è interessante, perché canta in falsetto dall’inizio alla fine, unico personaggio che forse può comprendere fino in fondo la pazzia di Lear, avendo anch’egli provato sulla sua pelle la cattiveria dei familiari.

Il timbro dei cantanti è ritmico e vibrante, volutamente esuberante, sforzato e dagli accenti variegati. Il che rende la dimensione onirica, molto lontana da quella reale, molto più vicina a quella del mistero della Natura e del sogno.

Fabio Luisi guida l’Orchestra del Maggio, approcciandosi a una partitura semplice solo apparentemente, in verità complessa e intrisa di suoni dalle variegate sfaccettature. In più ha il compito di non poter rompere quella magia, quella tensione, che rovinerebbe tutto e ce la fa, rendendoci un grande Lear, che in Reimann vive un po’ di spettri wagneriani – sia a livello musicale che come concezione di Opera d’Arte Totale – e di retaggi della Tragedia Classica, dove un destino inevitabile e travolgente porterà a un finale drammatico e catartico, dove il perdono di Cordelia vince su tutto: sugli assilli umani e anche sulla morte stessa e con questo sembra dirci che sulla terra siamo solo di passaggio: la vera vita sta da un’altra parte.

Stefano Duranti Poccetti

Foto Michele Monasta
Lear
Artisti
Maestro concertatore e direttore
Fabio Luisi
Regia
Calixto Bieito
Scenografia
Rebecca Ringst
Costumista
Ingo Krügler
Luci
Franck Evin
Videoproiezioni
Sarah Deredinger
Drammaturgia
Bettina Auer
König Lear
Bo Skovhus
Cordelia
Agneta Eichenholz
König von Frankreich
Frode Olsen
Herzog von Cornwall
Michael Colvin
Graf von Kent
Kor-Jan Dusseljee
Graf von Gloster
Levent Bakirci
Edgar
Andrew Watts
Edmund
Andreas Conrad
Goneril
Angeles Blancas Gulin
Regan
Erika Sunnegardh
Narr
Ernst Alisch
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini

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