DRAMMATURGIE A CONFRONTO: TRA TESTO E IMMAGINI

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Venezia, Biennale di Teatro

Alla Biennale Teatro, cui guida artistica è sempre Antonio Latella – nel primo anno (2017) ricordiamo ha portato il focus sulla Regia, in particolare sulle registe europee, il secondo anno (2018)è stato affrontato il ruolo e la differenza tra Attore e Performer – quest’anno l’interesse si è portato sulle Drammaturgie.
Non è semplice, al giorno d’oggi, parlare di drammaturgie, almeno nel senso classico del termine, nel ventunesimo secolo sono tanti e differenti i modi di lavorare e di intendere il lavoro drammaturgico.
Una buona drammaturgia può esaltare il lavoro del regista, degli attori e dei direttori artistici; riuscire ad affiancarsi al lavoro del drammaturgo vuol dire riuscire a creare una connessione col pubblico (come succede nel sistema teatrale tedesco).
Abbiamo cosi scoperto che, esistono tanti modi di intendere la drammaturgia e tanti modi di svilupparla: registi e autori che scrivono per loro e per gli attori, da una scrittura del teatro visivo a quella per un teatro che ha una matrice musicale, o che è a stretto contatto con il teatro-danza, e per ultima anche la drammaturgia per il teatro ragazzi, ruolo importante per crescere e sviluppare il nuovo pubblico, per proteggerlo delle ovvietà ricorrenti.

In quest’anno di Drammaturgie – dal 22 luglio al 5 agosto – sono stati presentati 28 spettacoli, di cui 23 novità. Fra le prime assolute le due regie di Biennale College firmate da Leonardo Manzan (Cirano deve morire) e Giovanni Ortoleva (Saul).
Le tante e differenti drammaturgie – focus del festival – sono state rappresentate da 14 artisti provenienti dall’Italia e dal mondo – ognuno con più titoli a tracciare il loro percorso artistico.

Da un caposaldo come Heiner Müller, nella doppia messa in scena di Oliver Frljić e di Sebastian Nübling, ai campioni della nuova drammaturgia come la tedesca Sybille Berg e l’australiana Patricia Cornelius; da registi che mettono in scena i propri testi come Pino Carbone, Lucia Calamaro e Manuela Infante, agli autori di un teatro più squisitamente visivo quali Julian Hetzel e Miet Warlop, per citarne solo alcuni, fino al teatro-ragazzi di Jetse Batelaan (Leone d’Argento), partecipe della ricerca teatrale più aggiornata.

Leone d’Oro è Jens Hillje, condirettore artistico del Gorki Theater, figura che riassume tutte le declinazioni del drammaturgo oggi.

Nella mia incursione alla Biennale ho potuto assistere VENERDI 2 AGOSTO all’incontro proprio con Jens Hillje nella bellissima sala delle colonne di Palazzo Ca Giustinian; in quasi due ore di racconti e aneddotti relativi al suo percorso, personale e artistico, si è fatta chiara l’idea del ruolo del drammaturgo nel sistema teatrale tedesco. Un ruolo molto articolato, esteso e un caposaldo dell’intera strutturale teatrale, che mette in relazione registi e attori, testo, direzione artistica e amministrativa e, fondamentale, si mette in costante relazione con lo spettatore, creando cosi un terreno fertile di coltivazione e educazione al teatro, che da noi, difficilmente troviamo.
Seguono i due spettacoli della serata.

Teatro delle Armi alle 19.00 è andato in scena Il Racconto delle cose mai accadute:
un lavoro di e con Roberto Scappin e Paola Vannoni
produzione quotidianacom, Kronoteatro
con il contributo di Regione Emilia Romagna
si ringraziano Armunia / Centro Residenze Artistiche Castiglioncello
ALDES/SPAM! Rete per le arti contemporanee progetto Residenze
durata: 60’

In scena l’incontro improbabile tra due personaggi tanto opposti quanto distanti: Cyrano e Nikita. Di cosa potranno mai parlare?
Assistiamo così a un dialogo quasi laconico e sussurrato tra lo spadaccino poeta in bolletta e la tossicomane ribelle; dialoghi densi di humour ironico, bisbigliato ma eloquente.

Esempio:

N: Hai ricevuto il mio messaggio?
C: perché questa impellente necessità di vederci?
N: ho scritto soltanto: Che fine hai fatto? Non mi sembra un appello cosi disperato
C: Ho rilevato una certa tensione sottocutanea
N: La rete mirabile dei mie capillari è sotto stress

In questo lavoro, il duo Quotidianacom, cerca di far relazionare Nikita e Cyrano, un incontro improbabile che mette a confronto due epoche, due sensibilità, due sguardi incompatibili tra loro che in realtà coincidono e si comprendono nella medesima incapacità di riconoscersi in una società che non accetta il diverso, colui o colei che non si piega al conformismo ipocrita e favoritistico.
Per portare in vita questa confronto si s

ono affidati principalmente al linguaggio del cinema, in una delle sue componenti, quale è la sceneggiatura, come una fonte di materia per suscitare un’emozione critica, un’evasione dalle “regole” che ci porta in dinamiche fuori dai clichè. Lo fa con leggerezza, cercando di portarci in un diverso punto di vista, in cui non esiste la modalità giusta o sbagliata.
Bravi Scappin e Vannoni che si portano dentro un dialogo che non è mai banale, ne scontato, l’idea di parlare in funzionalità “risparmio energetico” funziona, regalando alla scena quel non so che di sospeso, che fa rendere il tutto irreale pur realizzandolo.

Al Teatro delle Tese alle 21 è andato in scena la prima assoluta di All Inclusive
regia e ideazione Julian Hetzel
con Kristien de Proost, Edoardo Ripani, Geert Belpaeme e 5 attori in loco
drammaturgia Miguel Angel Melgares
consulenza artistica Sodja Lotker
costumi Anne-Catherine Kunz
produzione CAMPO Gent
in collaborazione con Stichting Ism & Heit Utrecht
in coproduzione con Frascati Amsterdam, Schauspiel Leipzig, Münchner Kammerspiele
durata: 120’

 

Questo lavoro è stato paragonato alla versione teatrale del film di Ruben Ostlund The Square: al centro l’estetizzazione della violenza che un cumulo di macerie provenienti dall’area del conflitto siriano rappresenta, sollevando il velo sulla linea sottile e ambigua tra sfruttamento e impegno nel processo artistico.
L’ambientazione della scena è all’interno di “un museo”, qui si svolge una visita guidata ad un gruppo di turisti lontani dall’interesse artistico del contemporaneo.
La guida illustra ai visitatori, ma anche a noi pubblico, come l’arte contemporanea e in particolare il progetto di All Inclusive voglia avvicinare il più possibile le persone al concetto dell’arte di oggi, apparentemente “strampalata” in realtà raffigura ciò che è presente nel mondo quotidiano, quindi è molto vicina al nostro sentire più di quanto si possa pensare.

Allo stesso tempo c’è la capacità dell’arte di ri-contestualizzare le azioni, le immagini, dandone nuova vita, nuovo, significato, distruggendone la “provenienza”, di allontanare dall’azione originaria.
Il concetto di distruzione come nuova linfa vitale, nuova potenzialità di ricostruire e di dare ai “resti mutilati” una nuova vita.
Un’arte all’apparenza “sporca”, banale, scontata, nasconde dei concetti estremamente profondi e vicinissimi, con un messaggio politico e sociale importante. Quanto esteriorizziamo la violenza, la morte, il dolore? E che quanto ci rimane di ciò che vediamo? Come lo rielaboriamo?

All Inclusive vuole mettersi a “servizio” dello spettatore, essere una guida, un supporto per mettersi in relazione non solo con le tragedie che stiamo vivendo ma ribaltarne anche il punto di vista, alcune volte.

“La materia prima per All Inclusive sono i detriti: vari chilogrammi di macerie provenienti da una zona di guerra in Siria, trasformati in arte. A volte si deve saltare dritti nel fango per sporcarsi le mani…” (Julian Hetzel)

Cristina Zanotto

 

Grazie alla Biennale di Venezia
Foto Andrea Avezzù

 

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