Al Teatro Vittoria di Roma, fino al 13 ottobre 2019
Pure il teatro di P. za S. Maria Liberatrice in Testaccio è salpato per la navigazione della stagione corrente con un lavoro di giovani per coetanei, dove si sente l’assenza d’una precisa e definita progettualità organica dell’ordine concepito,lasciando molto all’interpretazione degli attori come nella commedia dell’arte del 500. Si tratta di un’operazione di teatro nel teatro senza la quarta parete con gli artisti che entrano in scena, correndo dalla platea oppure sono già sul palco come il poliziotto della Gestapo nazista. Improvvisamente il regista Achille viene meno e da lì scaturisce tutta una serie di gag, finzioni e battute brevi che mettono alla prova gli attori nell’abilità oratoria in prosa e versi estrapolati dalle tragedie di W. Shakespeare, che liberamente tentano d’amalgamare senza riuscirvi e vestendo i panni dei suoi personaggi principali,da Giulietta e Romeo ad AMLETO. Inaspettatamente compare il redivivo Achille impegnato a scoprire i motivi della sua morte, mentre gli accadimenti fanno sorgere altri segreti ed inquietanti certezze come il fatto che PASCAL abbia mischiato le pillole nelle sue tasche ed adesso sia destinato a venir eliminato per aver inconsciamente provocato il trapasso del regista.Inoltre è venuto a mancare il tecnico delle luci ed allora come reagire e dare vita alla performance? Con un sortilegio e schiocco di dita gli attori passano da un genere teatrale all’altro, cambiano postura e toni di voce,per assumere mille identità in rapida successione interconnettiva. Livia pretende di diventare lei la nuova regista con misurate affermazioni e compiacimenti rispetto alla cameriera. Ella che da ”domestica pudica” passa a cabarettista con molteplici finalità: il reale dell’assurdo, il diverbio con il religioso sacrale ed il magico della vita dopo il decesso. Tutti elementi da conseguire nel teatro con le passioni, le liti, i rapporti adulteri, le sensazioni e le pulsioni autodistruttive. Gli unici che contano in teatro sono gli attori e valgono per quello che sembrano più che per la loro essenza. Infatti la recitazione è finzione,ipocrisia e tutti muoiono, ma così il testo non approda a nulla,non ha un valido copione e risulta un gioco fine a sé stesso,una pietanza insipida. Si replica fino a domenica 13/10.
Giancarlo Lungarini