Da Sabato 16 Novembre 2019 a Martedì 26 Novembre 2019, Al Teatro del Maggio Fiorentino, Opera di Firenze
Nell’ambito del progetto del Maggio Musicale Fiorentino, per la riuscita regia di Francesco Micheli, è andato in scena il “Rigoletto” verdiano, la storia di un buffone di corte, che infine si vedrà privato della sua unica fonte di felicità, la figlia Gilda, la quale, innamorata del Duca di Mantova, sceglie di morire in vece di quest’ultimo, che Rigoletto vorrebbe fare assassinare.
Le scene di Federica Parolini giocano con le vivaci, ma anche tenebrose, luci sprigionate – in particolare, la cromia di riferimento è la verde – da grandi cubi praticabili disposti sul palco (il disegno luci, da ricordare, è di Alessio Rosati), mentre lo sfondo rimane spoglio e buio. I cubi si girano e costruiscono gli ambienti: la casa di Rigoletto come quella del Duca e in questo senso la costruzione scenografica giunge al suo apice in occasione del celebre Quartetto, dove da una parte troviamo la struttura dove vi sono Rigoletto e Gilda, dall’altra il Duca di Mantova e Maddalena. Se si esclude il secondo atto, quando sollo sfondo appare la bianca ed elegante dimora del Duca, per il resto le scene si manifestano nei termini citati, dando luogo a un allestimento di certo suggestivo e d’impatto.
I costumi di Alessio Rosati sono di stampo attuale e si avvalgono di maschere neutre, che rendono il coro una massa s-personificata, tant’è che la prima scena del primo atto ci fa in qualche modo ricordare il famoso “Tavolo verde” di Kurt Jooss. Avrei personalmente preferito un costume per Rigoletto più “forte” e caratteristico, magari mettendo in evidenza quei tratti che da libretto lo contraddistinguono, come la gobba e la mostruosità.
Eccelsa la prova dei cantanti, in primo luogo quella del Rigoletto Luca Micheletti, profondo di voce e spontaneamente istrionico, bravo a stare in bilico tra la dimensione del menestrello e la malinconia di un’anima tormentata. La Gilda Ruth Iniesta ben tratteggia con il suo timbro da soprano leggero i sentimenti di una ragazza ancora acerba e che vive l’amore nella piena ingenuità, lasciandosi travolgere, così tanto da trovare la morte. Il Duca di Mantova Giuseppe Gipali è invece il nobile seduttore, che vive la vita nella frivolezza, ben interpretando il suo personaggio e anche l’aria più celebre: “La donna è mobile”.
Il direttore Renato Palumbo, alla guida dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, dà vita a un’ottima prova su una partitura verdiana di per sé piuttosto scarna e, diciamolo, a tratti ripetitiva, superficiale e stucchevole, la quale si salva grazie ai capolavori dell’ultima parte, sopra a tutti il Quartetto e “La donna è mobile”. Dunque non ho niente da togliere a Palumbo, che di più non poteva fare. Il limite è esclusivamente compositivo e anche narrativo, dato che il libretto delle volte pecca di mancanza di originalità e incisività.
Importante quanto la recensione dell’opera, anzi, più importante, è che, come ci è stato ricordato, il 30 novembre vi sarà uno straordinario evento, che vedrà protagonista l’Orchestra Nazionale dei Conservatori a beneficio dei disastri avvenuti a Venezia e Matera. Il biglietto costa solo venti euro. Invito dunque chi può ad approfittare di questa occasione per vedere un bel concerto e allo stesso tempo poter aiutare le persone e la cultura in difficoltà.
Stefano Duranti Poccetti