Roma, Piccolo Eliseo, dal 28 novembre all’8 dicembre 2019
Lunetta Savino, in questi giorni in scena al Piccolo Eliseo con Non farmi perdere tempo, affronta col suo dolce personaggio, Tina, la tematica di una terribile malattia genetica rara, la sindrome di Werner, o dell’invecchiamento precoce, coi toni della tragicommedia scritta da Massimo Andrei. La consapevolezza del poco tempo rimanente che diventa una risorsa per cercare di non lasciar nulla di intentato, di scansare ogni ipocrisia, rifugiandosi in un mondo fantastico, surreale, ma giocoforza circoscritto. Solo negli aspetti pratici, perché la sua anima è capace di volare e di amare oltre ogni impedimento, fino alla lucida determinazione, da ventiseienne che ne dimostra 60, di prendere in mano le redini del suo destino nel poco tempo a disposizione che le rimane. Un tempo che velocemente diminuisce con conseguenze devastanti per il suo corpo e per le sue aspirazioni in una vita che biologicamente corre senza freni.
Gli intenti dichiarati sono interessanti e aperti a tantissime interpretazioni personali, con argomenti così difficili e delicati da rappresentare. Il risultato è però piuttosto deludente. Lo spettacolo difetta gravemente nel ritmo e lo stesso testo, che ho trovato scontato, a tratti banale, in quasi tutto il suo svolgimento, non ha mai il guizzo emozionante che potrebbe risollevare il tutto, rasentando la noia in poco più di un’ora di monologo. Lunetta Savino, amata dal pubblico e ammirata in tante altre occasioni teatrali ben più convincenti, rimane come imbrigliata in questa matassa e fa di tutto per trasmetterci qualche emozione che rimane più nelle intenzioni dello spettacolo che non nella realtà del palcoscenico e questo dispiace molto.
Paolo Leone