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“VIVALDIANA”, TALENTI ITALIANI ALL’OPERA

Data:

Al Teatro Carcano di Milano, fino al 22 dicembre 2019

Al Teatro Carcano di Milano torna finalmente la grande danza: per sole tre date la Spellbound Contemporary Ballet, fondata e diretta dal 1994 da Mauro Astolfi, presenta Vivaldiana, opera coreografica in un solo atto su musiche di Antonio Vivaldi.
Come nel più tradizionale stile contemporaneo, non c’è trama narrativa, ma un insieme di danzatori, cinque ragazze e quattro ragazzi, che si fanno interpreti del movimento puro: come per il suo tempo Vivaldi era considerato una personalità ribelle, fuori dagli schemi, il coreografo ha voluto tradurre in danza il talento e le tante originalità del grande musicista barocco. Lo spettacolo alterna momenti coreografici in completo silenzio ad altri con opere di Vivaldi, anche se nessun brano notissimo al grande pubblico, a meno che non si sia esperti di musica.
Danzare sul silenzio è qualcosa di difficilissimo, in quanto il danzatore deve avere il tempo in testa ma non è aiutato dalla musica: è un attimo sfasare tutto, tempi e movimenti, specialmente se non si è da soli sul palco. Attimi di grande intensità in silenzio vengono poi interrotti di colpo dalla vibrante musica del genio veneziano, che non ha mai avuto paura di andare oltre i limiti del proprio tempo e né di muoversi contro corrente. I movimenti coreografici sono quasi sempre molto veloci, con intrecci a due o più danzatori, entrate, uscite, prese, lavoro a terra, il tutto a grande velocità che, per chi deve danzare, è veramente complicato, e, per chi assiste, non si sa più quale dei danzatori osservare dato che in scena succede di tutto. Un turbinio di movimento, cambi di livello, da terra a piano a sollevamenti aerei, prese a due, tre o più danzatori in un intreccio di gambe e braccia continuo. Un grande lavoro, molto impegnativo, commissionato al coreografo italiano dal Grand Théatre de Luxemburg, coproduttore del progetto Vivaldi Variations, serata in due parti e due firme, Mauro Astolfi ed il lussemburghese Jean-Guillaume Weis; qui a Milano vediamo in scena però solo la parte del coreografo nostrano, con musica registrata dell’Orchestre de Chambre du Luxembourg. Unico appunto, i costumi. Senza dubbio la danza contemporanea non prevede, generalmente, costumi impegnativi, ma, anzi, si caratterizza per essenzialità e semplicità, quindi ci sta che danzatori non si cambino ma tengano lo stesso outfit dall’inizio alla fine. Le ragazze hanno pantaloni larghi a mezza gamba e vita alta con camicie retrò che le ingoffano molto; i ragazzi con un insieme camicia e pantaloni informi che spesso nascondono le linee del movimento. La scelta poi dei calzini a mezzo polpaccio non incontra il favore di chi scrive, ma è una pratica non nuova per questo stile di danza.
Peccato il poco pubblico in sala: l’ultimo sabato pre-natalizio non ha evidentemente invogliato i milanesi a venire a vedere quello che invece si è rivelato un bel lavoro italiano fatto da italiani; una volta tanto qualcosa di nuovo e non il solito Schiaccianoci di cui siamo sommersi in questo periodo.
Assolutamente da vedere.

Chiara Core

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