“VIVALDIANA”, INTERVISTA A MAURO ASTOLFI

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Al Teatro Carcano di Milano torna finalmente la grande danza: per sole tre date la Spellbound Contemporary Ballet, fondata e diretta dal 1994 da Mauro Astolfi. Al rientro da un lungo periodo di permanenza artistica negli Stati Uniti, Mauro decide di avviare la sua compagnia, avviando poi un processo di intensa internazionalizzazione e di collaborazioni trasversali. Spellbound è espressione di una danza che si offre al pubblico con un vocabolario ampio ed in continua sperimentazione. Abbiamo incontrato il coreografo poco prima di una delle repliche milanesi.

Mauro, il pubblico della grande danza ti conosce bene. Cosa c’è di diverso o di nuovo in questa nuova opera?

Di diverso… Le coreografie, sicuramente! Ogni volta è un viaggio, un’esperienza, un’immersione completamente nuova, anche perché lavorando su partiture di grandi compositori, la scoperta è viscerale, radicale, perché devi lavorare proprio cercando di dare un senso preciso ad una vibrazione musicale, come questa, insomma è sempre una responsabilità non indifferente; abbiamo fatto Rossini qua l’anno scorso, pure era qualcosa di stimolante, ma complesso: quindi di diverso e di nuovo c’è il punto da dove sono partito, quello sempre, è chiaro che il mondo che mi affascina è da un lato che c’è sempre una ricerca mia continua, morbosa, malata sul movimento, sul cercare di mettere insieme il movimento, la musica in un certo modo ma di base quello che non cambia è il mio non piacermi raccontare e dare sempre un’immagine eccessivamente identificabile, molto chiara da decifrare. Mi piace anche che uno si alzi anche dicendo “Non ho capito niente” perché questo è quello che succede, ed io sempre dico non c’è niente da capire, c’è da dire mi ha lasciato qualcosa o meno. E’ come uno che da’ una carezza ad una persona e questa dice “Non ho capito”, è la stessa cosa. Ti dà una sensazione piacevole, spiacevole, una sorpresa, e per me la danza deve funzionare così, in questo senso continuo a lavorare anche su commissioni, per esempio questo è un lavoro co-prodotto dal Grand Thèatre del Lussemburgo, dove abbiano debuttato in settembre, con questa orchestra meravigliosa e tutti mi chiedevano cosa ci fosse di nuovo e, insomma, già di nuovo che non siamo in Italia, che già non è male…

Perché Vivaldi stavolta?

Questa volta è stata proprio una commissione, quindi è stata una volontà, una forza produttiva che si è mossa dalla Germania, dal Lussemburgo, dall’Italia perché proprio volevano aprire la stagione con le musiche di Vivaldi, quindi in questo senso non è stata una mia scelta, ma è stata un co-produzione internazionale con più teste che ci hanno voluto e ci hanno chiamato, infatti una parte di questo lavoro, non di quanto vedrete stasera, è di un altro coreografo, è un Quattro Stagioni coreografato da Jean Guillaume, invece stasera c’è solo la parte che ho fatto io.

Come scegli i tuoi ballerini?

Guarda, dando per scontato caratteristiche fisiche e tecniche, io passo molto tempo con loro, non prendo quasi nessuno ad un’audizione in maniera secca, passo sempre almeno due mesi con le persone che si dichiarano molto interessate, li conosco, li metto molto duramente alla prova anche da un punto di vista di tenuta psicologica che è l’aspetto più importante in assoluto. La base della scelta è quando riesco ad individuare qualcuno che ha veramente bisogno di esprimersi in quel modo, e lo capisci da come lavora a lezione, da come si danno, da come si pongono, il loro atteggiamento è la discriminante per me, è quello che mi interessa di più, vedere quanto veramente la cosa entusiasmi. Li prendo da tutto il mondo, ma sempre tendenzialmente un 80-85% sono italiani, poi sono pochissimi, prima eravamo dodici, ora siamo nove, ed abbiamo solo un americano, bellissimo, ma è sempre un problema grande in caso di problemi legati alla famiglia: un ragazzo italiano prende il treno e va a casa, quello che sta in Cina, ad esempio, sparisce per giorni, ma mi sono ripromesso tendenzialmente di avere artisti con passaporto europeo, lavorare con extra comunitari è difficilissimo, anche per i visti ed i contratti di lavoro.

Dopo Vivaldi cosa ci sarà?

Siamo entrati nel nostro venticinquennale, il prossimo anno saremo qui all’Elfo Puccini con un lavoro di tre coreografi, me, Markus Morau e Mark Goecke: sarà un lavoro molto potente perché sono due grandissimi nomi, inizieremo a lavorarci verso fine marzo, quindi la mia compagnia ma con altri due coreografi. Gireremo il mondo, abbiamo una tournée di due anni: avere anche altri nomi in ambito internazionale funziona di più, questo lavoro non esiste ancora ma abbiamo già venduto tournée per quasi un anno.

Chiara Core

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