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Davide Rocco Colacrai. Il poeta con la sua nuova silloge “Asintoti”

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Davide Rocco Colacrai è un Giurista, un Criminologo e un pluripremiato poeta della Poesia italiana contemporanea. Sappiamo che è nato e ha vissuto a Zurigo, che da vent’anni abita in Italia dove ha completato con successo gli studi – una Laurea in Giurisprudenza con lode e una Master Universitario in Psichiatria forense. Sappiamo anche che ha sperimentato molteplici arti prima di arrivare alla poesia. Infatti ha studiato pianoforte e flauto, si è dedicato alla pittura e alla recitazione e ha scoperto – forse “tardi”, ma non lo è mai veramente – che la poesia è l’espressione artistica più che gli calza meglio, quella rispetto alla quale può esprimersi più intuitivamente e quindi anche più liberamente.
Colacrai ha già pubblicato otto libri di poesia – “Istantanee Donna (poesie al femminile)” è quello che attualmente ha ricevuto più riconoscimenti, “polaroiD” quello a cui dice di tenere maggiormente perché ha collaborato con un artista visuale brasiliano che ha scoperto su Instagram e che gli ha permesso di sposare la poesia con l’arte in un esperimento assolutamente riuscito, e “Asintoti e altre storie in grammi” l’ultima opera realizzata per i tipi de Le Mezzelane.
Gli “Asintoti” di Colacrai sono senza dubbio un libro di poesia pregevole e particolare: particolare innanzitutto con riferimento al formato, poiché si presenta e si sfoglia come un’agenda, particolare se guardiamo al contenuto dei versi, e infine particolare per quanto riguarda la parola e il modo di scrivere. Colacrai viene definito dai critici del settore come un poeta civile – le sue poesie raccontano la Storia, o meglio piccole storie, fatti, aneddoti, tematiche che spesso e volentieri sono scomode, che solitamente il cittadino medio preferisce non sapere (immagino la mamma che dice al figlio di non guardare di là o il padre che sospira perché certe realtà sono lontane dal suo nucleo familiare) e che spingono il lettore necessariamente a confrontarsi, non solo con il mondo intorno a lui ma anche con se stesso, a tu-per-tu con quello che è e apparentemente e con quello che è veramente. Sono viaggi che lo immergono nella contemporaneità, in un quotidiano che potremmo vivere come un libro di Storia che il lettore è chiamato a sfogliare in punta di piedi, con religioso silenzio e pazientemente e che, attraverso una creazione artistica, lo porta ad una conoscenza anche spirituale delle cose e del sentir(l)e. I versi di Colacrai si caratterizzano infatti per una dualità immanenza/ trascendenza che permea ogni pagina (a metà tra una confessione e un testamento, tra una presa di coscienza e una preghiera) e che si esprime in una altrettanto dualità versi corti che tagliano il respiro/ versi lunghi che lo fanno trattenere per sfociare in un batticuore finale.
In Colacrai è evidente la sua passione per le arti – come dicevamo all’inizio –, e in particolare per la musica (quanti giovani conosciamo che sono “passionali” collezionisti di 45 giri e che ne possiedono più di duemila provenienti da tutto il mondo?), per i libri, il cinema e la natura. Troviamo anche l’attenzione per il dettaglio, la curiosità per la vita a trecentosessanta gradi, l’arte di saper ascoltare e il suo essere (probabilmente non ancora espresso) bisogno d’amore.
“Asintoti e altre storie in grammi” ha vinto nel frattempo il 3° premio al prestigioso Premio Alberoandronico di Roma e, come i libri precedentemente citati, contiene alcune poesie che hanno conseguito alcuni dei più prestigiosi riconoscimenti del mondo letterario italiano.

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