Eros Pagni e Ugo Pagliai in “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, con la regia di Marco Sciaccaluga

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“Aspettando Godot” è il grande patrimonio artistico del drammaturgo Samuel Barclay Beckett. Il testo venne alla luce alla fine del 1948, inizio 1949. La drammaturgia venne pubblicata nel 1952 e portata in scena il 1953 al Theatre de Babylone a Parigi. L’opera divenne col tempo un manifesto del non senso che presto prese il nome di “teatro dell’assurdo”. Un genere teatrale che affascinò autori come Jean Tardieu, Eugène Ionesco, Arthur Adamov. I quali con grande successo scrissero e portarono in palcoscenico drammi sull’ esistenziale paradosso del genere umano. Il testo: i protagonisti sono due medicanti. Vladimiro ed Estragone, padroneggiano una scena desolante animata solo da un albero scheletrico. I due emarginati in quella spianata abbandonata aspettano il signor Godot che non si presenterà all’appuntamento, ma invierà un emissario per assicurare agli interpreti la sua presenza per il giorno dopo. La drammaturgia è ambientata nell’arco temporale di due giorni. L’incontro tra i due barboni è un susseguirsi di battute a tratti senza un senso ma perfettamente legate tra di loro. La scena monopolizzata da Vladimiro ed Estragone viene per un attimo interrotta dall’ingresso di due personaggi Pozzo e Lucky. Pozzo nel secondo giorno trascina con una corda al collo Lucky per il palco come fosse un animale. La scena è una metafora che raffigura ciò che inseparabilmente lega con un rapporto tra amore e odio il servo con il suo padrone.
Samuel Beckett a su tempo disse della sua opera.
“Non c’è nulla di più comico della tragedia. E questo dramma è appunto, una tragicommedia, costruita intorno alla condizione dell’attesa, di cui sono protagonisti due strani esseri umani, che per due atti si ritrovano sotto un albero spoglio in una deserta strada di campagna. Sono lì perché un certo Godot ha dato loro appuntamento. Gettati ai margini di una società che non conoscono, in uno spazio insieme astratto e concreto, nel quale irrompe a un certo momento un’altra strana coppia (quella formata da Pozzo e Lucky), Estragone e Vladimiro sembrano usciti da una comica del cinema muto, abitanti di un universo (molto simile al nostro) dove la fantasia può invadere la scena e prendere il sopravvento sulla morte, facendo trionfare sul palcoscenico un eccentrico mondo interiore, fatto di lazzi, gestualità, nonsense e divertenti assurdità: la vita stessa, insomma.”
il regista Marco Sciaccaluga, parla così del suo spettacolo.
«Per due atti, Estragone e Vladimiro aspettano invano Godot, ma la grandezza della commedia non sta certo nel fatto che questi non sopraggiunge mai, quanto piuttosto in ciò che accade mentre si aspetta il suo arrivo. Sul piano figurativo, lo scenografo Jean-Marc Stehlé si è ispirato alla pittura di Bruegel il Vecchio e a quella di Caspar D. Friedrich».
I personaggi interpretati con sublime maestria da Eros Pagni ed Ugo Pagliai e diretti da un’eccellenza come Marco Sciaccaluga calcano la scena con la padronanza attoriale che li distingue. Eros Pagni ed Ugo Pagliai recitano il testo in modo realistico conferendo al melodramma un particolare fascino che coinvolge il pubblico presente. Il regista Marco Sciaccaluga da buon genovese capitalizza con capacità ed autorità ogni battuta esaltando ogni scena della drammaturgia. Lo spettacolo del capace regista ligure è un inimitabile omaggio al geniale drammaturgo irlandese.

Giuliano Angeletti

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