Al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il 14 ottobre 2021
Il sipario del Teatro degli Arcimboldi è tornato ad alzarsi per l’Opera Lirica, è l’ha fatto con un dittico pucciniano composto da Suor Angelica e Gianni Schicchi. Gli allestimenti, pensati per dare spazio a giovani contanti, sono stati affidati a Davide Garattini Raimondi per la regia, a Paolo Vitale per le scene e le luci e a Giada Masi per i costumi. I due titoli sono stati messi in scena, dalla produzione, con semplicità di mezzi e buone idee – seppur non sempre pienamente a fuoco o compiutamente sviluppate – tuttavia facendo emergere le sfumature che caratterizzano e differenziano i due soggetti. Suor Angelica, dotata di un linguaggio musicale essenziale, non ha infatti perso di tensione. Lo spazio scenico, geometricamente minimo e cupo, si caratterizzava di volta in volta, coerentemente con lo sviluppo del libretto, con lenzuoli candidi manipolati dalle consorelle di Angelica: giaciglio, fardello e fasce da infante. Diana Cardenas, nei panni della protagonista, dotata di bel timbro lirico e di tecnica compiuta, ha tratteggiato con gran sicurezza una Suor Angelica claustrale e misurata negli accenti. La giovane età e la breve esperienza professionale non le hanno permesso, pur con giuste intenzioni espressive, di sviscerare completamente le corde del personaggio. La Zia Principessa di Patrizia Patelmo si caratterizza per voce poco gradevole, emissione ingrossata e insistito uso di suoni “poitrinè” per rispondere alle esigenze di una tessitura contraltile, troppo bassa per il suo mezzo vocale. Il personaggio ne scapita, essendo a tratti macchiettistico, più che inesorabile. Complessivamente da lodare la prestazione di tutte le altre voci femminili, che davano corpo alla comunità religiosa.
Alla monacale Suor Angelica, come da prassi succede il comico Gianni Schicchi. Qui Garattini Raimondi legge, negli intrecci del testo di Forzano, le stesse dinamiche del cosiddetto Teatro all’improvviso. Si prende la libertà di un non previsto prologo attoriale, recitato da Nicola Ciulla nelle vesti di Buoso Donati, assurto a rappresentante della categoria professionale degli attori sulle conseguenze del Covid nella vita degli attori stessi (e non su quello del Teatro che, per fortuna, sopravvive a tutto): il sipario si apre mostrando il corpo morto di Buoso in un retropalco, compianto dalle Maschere della Commedia dell’Arte. Domenico Colaianni, nel ruolo eponimo, compensa le difficoltà di un mezzo vocale non più fresco, con brillante intuito teatrale e una verve interpretativa apprezzabile. Lauretta di Francesca Pia Vitale è la vera piacevolezza della serata: voce ben proiettata, omogenea nei registri vocali, fascinosa nel bel timbro, tratteggia un’innamorata sincera e genuina oltre ad essere raffinata interprete, toccante nella famosa aria “O mio babbino caro”.
Giuseppe Infantino, nei panni di Rinuccio, canta con schiettezza e, seppur la voce risuoni pienamente solo in tessitura alta (dove emerge per l’ottimo squillo), rende perfettamente credibile la freschezza giovanile dell’innamorato di Lauretta. Da rilevare come per entrambi i titoli operistici messi in scena, dal consistente numero di parti comprimarie, le parti di fianco siano affidate a giovani voci che trasudano entusiasmo e partecipazione scenica, ampiamente all’altezza dei loro ruoli. Potenza, diciamolo, dell’utilizzo di cantanti di scuola italiana, che uniscono alla perfetta dizione della lingua un calore che latita in tante delle voci straniere che stanno inflazionando i nostri palcoscenici. Beatrice Venezi, direttore e concertatore della serata, si distingue per intelligente gusto e sensibilità interpretativa. Alla testa dell’Orchestra Filarmonica Italiana la Venezi favorisce, evidenziandola, l’unità narrativa delle due opere, trovando soprattutto in Gianni Schicchi le dinamiche migliori per interpretare la scrittura musicale di Puccini. Successo caloroso per tutti, soprattutto per la Cardenas, Colaianni, la Vitale e il Direttore Venzi, in scintillante abito rosso, da parte un pubblico non foltissimo, quanto maleducato in un sempre più improprio uso del cellulare durante l’intera rappresentazione. Recita del 14 ottobre.
gF. Previtali Rosti