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Non mi lasciare, la nuova fiction con Vittoria Puccini, per la regia di Ciro Visco debutta stasera su Rai1

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Non mi Lasciare è una serie thriller in quattro serate ambientata a Venezia. Si tratta di una storia tesa e realistica, che ha al suo centro il tema mai così attuale dei reati informatici e dei crimini contro l’infanzia. Un poliziesco che terrà lo spettatore col fiato sospeso, conducendolo dalle calli e i canali di Venezia fino alle nebbie del Polesine. Tra le profondità buie del deep web e la superficie dell’acqua della laguna, la serie scava negli abissi dell’animo umano unendo al mistero e all’azione l’indagine psicologica. Non mi Lasciare è una storia che ha al suo centro le emozioni, perché per combattere il più odioso dei crimini, quello contro bambini innocenti, c’è bisogno di amore, di cura, di fiducia. A prendere il pubblico per mano in questa storia ricca di colpi di scena è Elena Zonin, una poliziotta che dietro l’ossessione per il suo lavoro nasconde un passato doloroso. Elena si ritroverà a dare la caccia a una pericolosa rete di criminali che adesca bambini in condizioni svantaggiate e li vende all’asta sul web. In questo viaggio presto capirà che i suoi nemici sono molto più potenti di quello che credeva. E che per riuscire a portare un po’ di luce nell’oscurità, dovrà prima salvare se stessa.

I PERSONAGGI

Elena Interpretata da Vittoria Puccini, rappresenta la parte conflittuale che sta in ognuno di noi. La sua vita oscilla tra il buon senso e l’istinto più profondo. In perenne equilibrio tra ciò che è giusto fare e ciò che può portare a casa il risultato, anche in modo non convenzionale. Le sue capacità di scandagliare l’animo umano sono talmente evolute da portarla a notare cose che sfuggono anche ad uno sguardo attento. Proprio per questo, durante gli interrogatori, durante le indagini, vede il non visto, sente il non detto, capisce il nascosto. Con la stessa genialità di uno Sherlock Holmes.

Daniele Interpretato da Alessandro Roia, è l’ideologia, è la sicurezza delle proprie certezze, è un hombre vertical, un uomo tutto di un pezzo. Ha una sensibilità fuori dal comune che lo porta a empatizzare con il mondo circostante e con quello che vive. Ecco perché l’indagine sulla scomparsa del piccolo Gilberto e poi di Angelo, e tutto il mondo oscuro della rete che si riverbera su bambini innocenti, lo scuoteranno talmente in profondità da volergli far chiudere i giochi al più presto, utilizzando metodi non convenzionali, oltre la ragione e il buon senso. Il ritorno di Elena, la sua ex ragazza, il suo grande amore adolescenziale, mette in discussione il suo mondo. E quello di Giulia.

Giulia Interpretata da Sarah Felberbaum, è l’amore. Per la famiglia. Per la verità. Per la vita. Vive una vita semplice circondata dagli affetti, perché in fondo è quello che le serve per vivere bene, in serenità. Si è costruita un suo cantuccio, fatto dai suoi figli, da una bellissima casa, dagli amici, dalla piccola Stella, da Daniele. Il ritorno improvviso di Elena, la sua migliore amica ai tempi del liceo, l’amica con la quale ha condiviso le esperienze formative dell’adolescenza, sposta definitivamente il suo asse emotivo. Le certezze non sono più tali. Le sicurezze si annacquano nelle pieghe dell’indagine e nei moti dell’animo di Daniele. E qualcosa, in Elena, la colpisce e la spinge, da buona poliziotta, a indagare su di lei. E quando indaga sa essere efficiente e risoluta.

SINOSSI DI SERIE Il vicequestore Elena Zonin (Vittoria Puccini) vive e lavora a Roma, dove si occupa di crimini informatici e dà la caccia a una rete di pedofili responsabile del rapimento e della vendita sul web di minori. Quando viene ritrovato nella laguna di Venezia il corpo senza vita di un bambino, Elena indaga subito sul caso, convinta che sia riconducibile alla più vasta inchiesta alla quale si dedica da anni. Per lei andare a Venezia significa anche tornare a casa, perché è da lì che è andata via misteriosamente vent’anni prima. Qui ritrova Daniele (Alessandro Roia), il suo grande amore di allora, ora diventato poliziotto come lei, e Giulia (Sarah Felberbaum), la moglie di Daniele, che un tempo era la sua migliore amica. Tra i tre si ricostruisce passo dopo passo lo stesso legame forte e caldo di un tempo, ma con la malinconia del tempo passato, delle occasioni perdute e dei segreti inconfessabili che riguardano quei vent’anni che Elena ha trascorso lontana da loro. Elena si ritroverà così stretta tra i ricordi e i luoghi della sua giovinezza, proprio mentre l’indagine porterà i poliziotti a scoperchiare un caso complesso e articolato. Un caso che finirà per coinvolgere nemici influenti e insospettabili, ponendo Elena e Daniele nell’occhio del ciclone di una missione senza precedenti e che metterà a repentaglio la loro stessa vita.

Noi di Corriere dello spettacolo durante la conferenza stampa della serie abbiamo chiesto ai protagonisti cosa accadrà durante il loro ri-trovarsi considerando che in passato si sono amati. Vittoria Puccini ha risposto così: “Il loro rapporto passato rende complicato il loro ri-trovarsi. Elena e Daniele non hanno mai parlato del loro rapporto d’amore. Lei è andata  via senza dare spiegazioni, e adesso dovrà fare i conti con il suo passato”.

NOTE DI REGIA “Il regista deve avere coraggio […]. Se l’immagine non si sporca con la realtà, se non vi si oppone, è chiaro che non resta.” (Marco Bellocchio).

La storia Raccontare è un privilegio. Un privilegio perché ti permette di elaborare, studiare e metabolizzare storie esistenti, ma nascoste, di cui non ne scopriresti mai l’esistenza se qualcuno non ti chiedesse di farlo. Raccontare è una responsabilità. Una responsabilità perché, talvolta, come in questo caso, nel caso di Non mi lasciare, quando si dà luce a un mondo nascosto, profondo e all’apparenza oscuro, bisogna avere l’ardire di sporcarsi le mani. Perché solo opponendo l’immagine alla realtà, vince la luce. Con coraggio. Perché è solo con il coraggio che si porta in superficie ciò che è sempre stato nascosto nel buio. Nell’opposto al consueto ho provato a raccontare questa storia. Laddove nell’immaginario collettivo c’era oscurità, ho tentato di portare il chiarore della ragione. Laddove c’era il sole, ho portato lo sguardo asciutto e austero dell’ombra, per cercare il significato nascosto del passato. Che fa parte di noi ed è il fulcro vero di questo racconto. Se poi questo passato è comune e investe ogni personaggio della nostra narrazione, ecco delinearsi la nostra storia. Investe Elena, poliziotta tutta d’un pezzo, che per seguire un’indagine alla quale tiene molto, è costretta a confrontarsi costantemente con la sua storia personale. Fatta di luci e ombre. Investe Daniele e Giulia, anche loro poliziotti, ma prima di tutto famiglia da copertina, cristallizzata da due bambini stupendi e da una terza, Luce, in arrivo che, ritrovando Elena, dopo vent’anni, si trova costretta a rivedere i propri obiettivi. Investe i bambini, tra cui il nostro piccolo Angelo, che, se non avesse avuto un passato tortuoso, forse non si troverebbe in lotta con un mondo a lui oscuro. Investe e ha determinato il percorso degli appartenenti alla Rete, che se avessero avuto un destino differente forse, oggi, non sarebbero i nostri antagonisti e non sarebbero mai stati il doloroso filo conduttore di questa storia. Filo rosso che porta al dark web, la parte più profonda dell’icerberg-internet che, oltre a racchiudere i nostri segreti, racchiude una realtà oscura e profonda in grado di inghiottire il senso della vita. E la vita stessa. Come quella di Gilberto che darà, nel dolore, inizio alla storia: una storia di speranza. E coraggio.

I personaggi La grande fortuna che ho avuto nell’affrontare questa avventura è stata quella di essere affiancato da veri fuoriclasse del mondo attoriale, che hanno dato forma, anima e cuore a personaggi complessi, a tratti impossibili, con la grazia con cui si sfiora, si accarezza, si sorride. In punta di fioretto hanno danzato sui fili del racconto, aggiungendovi colore, estro e profondità. Compagni generosi che mi hanno regalato una serie unica, inattesa, speciale. Ognuno di loro, nella mia visione, incarna un archetipo del nostro carattere, della nostra vita, un aspetto della nostra personalità, talvolta nascosto, talvolta esplicito che però ci definisce e che può aiutare lo spettatore a empatizzare con la nostra storia.

Il genere La ricchezza di una serie, oggi, è quella di non essere circoscrivibile a un unico genere. Come un capitano coraggioso, con l’ausilio di un equipaggio esperto e prezioso, ho tentato di affrontare le acque dei generi senza mai approdare ad alcun lido, senza mai farmi tentare da facili semplificazioni. Così, ho toccato le spiagge dell’action, i fiordi del thriller, i moli sicuri dell’emozione, le acque alte del mondo psicologico, ma sempre pronto a riportare la prua verso l’obiettivo primo del mio viaggio, del nostro viaggio: la speranza per il futuro che, nonostante tutto, non deve mai essere una minaccia, ma un’opportunità. Perché il genere è uno strumento della nostra orchestra.

Ambientazioni Venezia, Polesine, Milano, Roma: non sono i classici sfondi di una storia. Sono veri e propri personaggi che hanno cullato il racconto, tenendolo in braccio, avvolgendolo con le proprie, specifiche peculiarità, con la loro materia, con la loro carica di vita. Ognuna diversa. Venezia, fatta di legno, ponti e acqua. Di mondi misteriosi che si celano tra calli, palazzi e campi. Ma anche di luce che riverbera sull’acqua e negli occhi innamorati di chi la vive. Sicuramente è la vera regina di questa serie. Nell’approcciarmi a lei ho tentato di andare oltre, di raccontare realtà nascoste che mi hanno sempre affascinato ma che forse non hanno mai trovato lo spazio giusto per esprimersi. Ho tentato di disegnarla tutta, al meglio possibile, vivendo ogni sestiere e respirando la sua aria per oltre un mese, da solo, prima della serie, perdendomi in essa. E perdendo in lei parte del mio cuore. Averla raccontata deserta e solitaria, durante il periodo di lockdown, è stato un grande onore e una grande responsabilità. Un documento importante di un periodo che, spero, non torni mai più, ma che ha regalato al racconto un’ambientazione unica. Il Polesine, un territorio selvaggio che nell’immutabilità ha creato la sua fortuna. Un luogo dove fauna e flora convivono armoniosamente nascondendo all’occhio il tocco umano. Anche quello più feroce, quello di un sequestro. Milano, tra vetro, acciaio e led. Il freddo che nasconde, nel suo incedere costante, nella sua capacità di essere metropoli, universale, le debolezze e le fragilità di chi si rifugia tra le sue braccia per sparire, fisicamente ed emotivamente. Roma, con i suoi marmi, la sua monumentalità, la sua brama di potere. Centro nevralgico della vita di Elena, della nostra indagine, della nostra storia, anche se da lontano. Specchio nel quale si riflettono i dubbi, le angosce e il passato dei nostri personaggi. Città italiane che sono colori preziosi che abbiamo il dovere di vivificare e di mostrare al nostro pubblico.

Fotografia, dogmi e citazioni Nel disegnare questa storia sono stato aiutato da Giuseppe Maio, il direttore della fotografia della serie, che ha abbracciato le mie suggestioni e mi ha permesso di evolverle, attraverso un mezzo che maneggia con grande maestria. Insieme, abbiamo creato una palette di colori, ci siamo costruiti dei dogmi sulle città, sui personaggi e sullo stile stesso della serie. Ce li siamo costruiti per poi infrangerli, modificarli e distruggerli in una continua tensione creativa che ha raggiunto traguardi all’inizio inaspettati. Abbiamo scelto ottiche particolari, usato ottiche diopter, inseguito luci a cavallo, controluce, non ci siamo mai fermati finché tutto quello che entrava nel fotogramma non era parte di noi e di questa storia. Fino a quando non lo sentivamo nostro. Senza riserve. Citando. Citando film, serie, fotografi, tutto quello che nel nostro percorso professionale ci aveva colpito e che aveva un’attinenza artistica con il nostro racconto, è entrato, talvolta con prepotenza, talvolta in punta di piedi, nel calderone della nostra storia. Girare questa serie per me è stato un onore. Non solo perché è la prima serie italiana girata a Venezia, non solo perché ho avuto la possibilità di collaborare con grandissimi professionisti, non solo perché mi ha permesso di scoprire e portare alla luce dei mondi che necessitavano di essere raccontati, girare questa serie per me è stato un onore perché mi è stata data la possibilità di non fermarmi, con il corpo, con la testa, con la creatività, in un periodo in cui il mondo si è dovuto prendere una pausa. Forzata. Un onore che spero di aver assolto al meglio. Con coraggio. (Ciro Visco)

Daniela Di Genova

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