È con l’eco dell’epopea del West e forse ancor prima che inizia quest’articolo con la corsa all’oro. E su questo racconto si arriva tra i pionieri di quelle terre ancora selvagge, pronte a essere conquistate da agricoltori e cercatori d’oro venuti da ogni dove spingendosi verso Ovest, per colonizzare creando fattorie e allevando mandrie. Questo fiorire dei loro insediamenti, portò non solo banditi ma causò molti scontri con i nativi pellerossa nel vedere i loro territori invasi dai visi pallidi, non curanti di quel popolo usurpando e sterminando per puro divertimento mandrie di bisonti, oltre a violare i “Monti Sacri” dove erano sepolti gli antenati degli indiani d’America, giacché si era sparsa la voce che tra quelle montagne vi fossero dei giacimenti auriferi. In tutto quel fermento e gran lavoro per gli indumenti dei pionieri, il tessuto si usurava velocemente, ci sarebbe voluta una tela resistente e nel medesimo tempo doveva essere morbida come quella indossata la notte del 5 maggio 1860 da un condottiero chiamato in seguito “Eroe dei due mondi” il generale Giuseppe Garibaldi che lo vide salpare da Quarto nei pressi di Genova verso la Sicilia con volontari nella famosa “Spedizione dei Mille”, contraddistinti con “Camicie rosse” e pantaloni di fustagno chiamati genovesi di colore blu di Genova. Il nome, si ritiene che derivi dal francese bleu de Genes, chiamata anche la città della Lanterna. Fu così che nacque il termine jeans, mentre dall’altra parte del mondo… nel 1873, per una serie di circostanze marginali che non serve spiegare, ci siamo ritrovati esattamente nella città di San Francisco. La corsa all’oro era sulla bocca di tutti, così un emigrato tedesco di nome Levi Strauss, aprì un negozio di oggetti per i cercatori d’oro che insieme a un sarto ideò un prototipo di jeans con tessuto Denim che spopolò tra i cow-boy del lontano Far West per la sua robusta tessitura…
Vi siete mai chiesti da dove proveniva questo tessuto che rivoluzionò di più della minigonna di Mary Quant?
La storia, sebbene stringata per lo spazio, li vede ancor molto tempo prima, nuovamente con Genova alla ribalta, una delle città marinare del Medioevo e la produzione tessile fin dal XII secolo, su questo tessuto, il pittore italiano “Theramus de Zoaglio” Teramo Piaggio, raffigurò su quattordici teli le Storie della Passione di Cristo.
Un capo da lavoro usato dagli scaricatori di porto in Genova, questo tessuto nonostante abbia fatto il giro del mondo rimane radicato nella memoria di ciascuno di noi con il suo jeans come attore principale, ha seguito intere generazioni rappresentando un’icona dell’abbigliamento, è stato simbolo di ribellione con la sua “gioventù bruciata”, infine preso in scene cinematografiche di alcuni film, i primi attori a indossarli sui set, furono James Dean e Marlon Brando. Il cammino del pantalone jeans incomincia a prendere il posto nel podio dei vincitori se pur sgualcito, strappato o rammendato, un jeans non perde mai il suo fascino che perdura negli anni, in America venne riconosciuto come capo alla moda solo dagli anni 80.
Lo sapevate che inizialmente il suo colore era di un marrone chiaro tipo coloniale, fu un caso che una partita del colore che tutti ricordano cambiò la sua storia per sempre.
Recentemente la Città di Genova, ha voluto celebrare un legame di cinquecento anni iniziata tra i portuali della Liguria e i pionieri d’America, infatti, nel Porto Vecchio della città, è stato esposto un Jeans da Guinness dei primati, realizzato nel 2004 con 600 paia di vecchi jeans “blu di Genova”, issato su una gru all’altezza di diciotto metri per ricordare la sua nascita. Realizzato dagli studenti del Liceo Artistico “Nicolò Barabino”.
E come sempre vi lasciamo con una stupefacente curiosità. Nel 1951, il cantante attore Bing Crosby che all’epoca era sulla bocca di tutti per il suo talento, amava il jeans. Un giorno, li indossò per una battura di caccia, nel presentarsi poi in un noto albergo di Vancouver chiedendo di pernottare, il portiere non lo fece neppure entrare considerato il suo “indecente abbigliamento” essendo poco adatto, riconosciuto per puro caso da un fattorino di quel lussuoso albergo riuscì a entrare. Dopo qualche tempo in occasione di un rodeo, ricevette dalla Levi Strauss un tuxedo, all’interno un’etichetta recitava così:
Tuxedo Levi. Attenzione al personale di tutti gli Hotel. Questa etichetta garantisce al suo portatore di essere convenientemente ricevuto e registrato con cordiale ospitalità, in ogni momento e in qualsiasi condizione. Firmato l’Associazione degli albergatori americani. Quello smoking ora è esposto presso il museo di Elko, Nevada.
Daniele Giordano