Roma, Teatro Sala Umberto,dal 22 marzo al 3 aprile 2022
Nostalgia della felicità, dell’infinito. Ogni vita freme alla ricerca di qualcosa che non abbiamo mai conosciuto ma che ogni cultura sente di aver posseduto, in un perenne viaggio di ritorno e di ricerca, tra cadute rovinose e slanci spirituali salvifici. PARADISO – dalle tenebre alla luce, con un ispirato Simone Cristicchi, in scena al Teatro Sala Umberto fino al 3 aprile, è il racconto di quel viaggio, possibile solo guardando dentro se stessi, al proprio ruolo in sintonia con l’universo e scoprendosi con umiltà infinitesima parte del tutto. Partendo e terminando coi versi di Dante Alighieri, Simone ci porta nell’essenza della Commedia che, alla luce del totale smarrimento che stiamo vivendo, assume una sconvolgente attualità. Lo fa a suo modo, con la centralità della parola pensata, meditata, parlata, cantata. Con la consueta delicatezza che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare negli anni, Cristicchi quasi grida la speranza e la possibilità dell’uomo di uscire dalle tenebre, proprio ora che la “selva” si fa sempre più cupa e asfissiante.
Paradiso – dalle tenebre alla luce, per chi segue da tempo i lavori di Cristicchi, è anche una summa della sua ricerca filosofica, spirituale, teologica che si è ben palesata nel programma “Le poche cose che contano” prima e nell’omonimo libro poi, quando dalla Fraternità di Romena, insieme a Don Luigi Verdi, ha offerto riflessioni profonde sul senso della vita tramite il racconto di dieci parole da cui ripartire per cambiare noi stessi e il mondo intorno a noi. Uno dei programmi più interessanti visti negli ultimi anni. Diversi concetti e approfondimenti di quell’esperienza li ritroviamo in Paradiso e non poteva essere altrimenti se parliamo del cammino dell’essere umano e del suo desiderio di infinito. Date un palcoscenico a Cristicchi e i concetti divengono spettacolo e carezza, canzoni profonde e potente fiducia nel raggiungere la luce. Che sia delle stelle, che sia di un creatore, che sia dell’uomo stesso nella sua più intima essenza. Dante ce lo indicava 700 anni fa. Uno spettacolo necessario in un momento come questo.
Paolo Leone