“RIDATEMI I MIEI POLI TERRESTRI…”: IL LIBRO NARRATIVO – PEDAGOGICO E FILOSOFICO DI BARBARA APPIANO

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Per motivi di studio ma anche per passione spesso mi sono trovato leggere libri che trattano temi come delocalizzazione, globalizzazione e consumismo. Tematiche molto importanti perché sono argomenti che ci riguardano da molto vicino. Infatti, gli stessi influenzano il nostro tempo, la nostra epoca. Di conseguenza, i medesimi temi sono a noi contemporanei e meritano un’immensa attenzione riflessiva, che vada oltre l’esperto o professionista delle tematiche. Poiché ogni esperienza, riflessione porta sempre alla conoscenza, considerazioni e riflessione. Ogni modo, passando da un libro a l’altro giungo a un incontro fantastico grazie a cui ho trovato il testo che tante volte ho cercato e mai trovato. Questo è arrivato quando ho avuto l’onore di conoscere Barbara Appiano, che mi ha regalato il suo libro dal titolo “Ridatemi i miei poli terrestri, sono il mondo e mi sento dissestato, vivo dentro il carrello di un supermercato”, Io sono il libro e mi autopubblico Editore, anno 2021. Un testo che parla di Globalizzazione, Consumismo e Delocalizzazione. Questi – come sostiene Giuseppe Sanzotta – sono temi che Barbara Appiano affronta con straordinaria e competente leggerezza, con riferimenti fantastici e colti dove la storia dell’umanità, dei suoi eroi in cerca di avventure e scoperte, finisce per arrivare al tempo attuale dove delocalizzazione, globalizzazione e consumismo trovano la loro consacrazione, dove i bisogni, indotti dalla speculazione e dalla bulimia del guadagno, sfuggono a ogni razionalità. Delocalizzare, – dice l’autrice – è un termine imperante che è diventato il neologismo di una pratica antica, quella del trasloco in ogni sua epoca, forma e luogo. I primi a delocalizzarsi per sopravvivere furono i dinosauri1. Questi per sfuggire alla morte traslocarono2, e svilupparono la capacità di adattamento. [..] Pertanto noi, ominidi non abbiamo il primato di questa pratica di delocalizzare in altri luoghi per meglio razziare, perché tale primato appartiene di nuovo alla natura e relativi primi figli3. Di conseguenza dobbiamo abbandonare l’idea che l’uomo è l’unico sulla terra a praticare l’economia dello spazio vitale, che Hitler chiamava Lebensraum, perché altri prima di noi si auto delocalizzarono non per aprire fabbriche [..] in altri paesi al di fuori del proprio, ma per sopravvivere alla fame e alla devastazione che un innocuo meteorite provocò milioni dianni fa4. I primi Delocalizzatori furono esploratori, come Vasco da Gama, Magellano e Cristoforo Colombo che ebbero nei Vichingi i primi padri delocalizzatori, i quali andati nell’attuale Canada non famigliarizzarono con i relativi abitanti del luogo, conosciuti come nativi e ritornarono indietro a casa loro prima che la Scandinavia (loro dimora abituale quando non erano in mare a razziare navi simili alle loro) non venisse delocalizzata dalle renne, stufe di essere utilizzate come animali da traino, visto che anche loro vorrebbero un contratto di lavoro che contempli pause caffè e pausa toilette mantenendo il proprio posto di lavoro dove sono nate5.

Queste parole li riporto dal libro Barbara Appiano, hanno tutto uno stile e stesura narrativa e filosofica. Uno stile e una stessura filosofica che oggi troviamo in pochi autori, ma che ci apre alla riflessione. Partendo non dai meccanismi politici – economici e morali, ma dall’essere umano. L’essere umano che si trova condizionato da azioni umane, dell’uomo condannato alla imperfezione che lo conduce a costruire una vita ingiusta, fatta di tante ingiustizie. Ingiustizia come quella spostare il nostro mondo insoddisfatto, collocarlo in altro luogo che non ha bisogno di diventare il centro d’accoglienza delle nostre ambizioni da realizzare [..] che produce da una parte, per il mondo che si è spostato alla ricerca del profitto [..] e dall’altra deprime coloro che senza saperlo diventano schiavi con la promessa6 di una vita migliore. Natutalmente, l’autrice fa riferimento alla Globalizzazione e al Consumismo. Argomenti spesso e volentieri trattati in modo molto speculativo e sopratutto attraverso l’utilizzo della retorica. Quella retorica con cui ci hanno fatto credere che la delocalizzazione, globalizzazione e consumismo, sono aspetti positivi, o perché abbattono i confini, o perché aumenta la produzione, facendoci credere che anche il consumismo era una buona cosa per l’economia e il nostro benessere. Ma tutto ciò che lucida non sempre contiene tutta la verità. Spesso non ci accorgiamo che viviamo molto nell’illusione, in una privazione della libertà concependo la vera libertà come libertà. Il benessere con il non benessere. In un contesto in cui la natura si ribella, emerge la povertà, la costrizione a cercare nuovi luoghi in cui costruire o adattassi con con poco, magari rinunciando a realizzazione dell’essere umano.

In questo scritto ci sono punti che ho ripreso dal libro di Barbara Appiano. Ma allo stesso tempo, ho aggiunto anche mia riflessione personale. Riflessione medesima che nasce in modo particolare leggendo le pagine del libro. Non c’è una frase, una paragrafo del libro di Barbara che non ti fa riflettere. È se hai affrontato gli argomenti in nell’ambito dello studio, con docenti bravi il libro di Barbara arricchisce quell’istruzione, ti distacca dalle parole scritte da professionisti aprendo il pensiero. Quello che ti fa dire “bisogna cambiare rotta per migliorare noi stessi e la nostra vita”.

1 Barbara Appiano, Ridatemi i miei poli terrestri, sono il mondo e mi sento dissestato, vivo dentro il carrello di un supermercato”, Io sono il libro e mi autopubblico, 2021, pp 13-15

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