“ONEGIN”, LA RUSSIA IMPERIALE IN SCENA A MILANO

Data:

Al Teatro alla Scala di Milano, fino all’8 novembre 2019

Grande successo per la prima del balletto Onegin al Teatro Alla Scala, coreografia di John Cranko e musica di Piotr Ilic Ciaikovsky: ultima opera coreutica a serata intera per la stagione 2018-2019 per il corpo di ballo milanese, diretto da Frédéric Olivieri.
Il titolo è simile a quello dell’opera da cui è tratto, Evgrnij Onegin di Alexandr Puškin, romanzo in versi che vide la luce nel 1831. Fedele ritratto della società russa del tempo, vede la storia di due sorelle orfane di padre: Olga, esuberante, irrequieta e frivola, fidanzata con il poeta Lenskij, e Tatjana, dolce, riservata ed amante dei libri. E’ proprio Lenskij a portare in casa della loro madre, la vedova Larina, l’amico Onegin, in visita da San Pietroburgo. Misterioso, altezzoso, annoiato aristocratico, fa immediatamente innamorare di sé Tatjana, tanto da decidere la sera stessa di scrivergli una lettera in cui dichiara il suo amore per lui, che, in realtà, è quasi uno sconosciuto. Durante la festa per il suo compleanno, Onegin si presenta proprio con la lettera di Tatjana, visibilmente irritato, e gliela strappa davanti agli occhi. Non solo: inizia a corteggiare spudoratamente Olga, tanto da suscitare la gelosia di Lenskij che arriva a sfidarlo a duello. Il Secondo Atto si conclude proprio con il duello che vede Onegin prevalere sull’amico, che cade sotto il colpo della sua pistola. Con il Terzo Atto la storia fa un salto di dieci anni: Tatjana è ora sposata con il Principe Gremin, e durante un ballo riappare proprio Onegin, invecchiato e devastato da una vita di eccessi. Resosi conto di aver buttato l’unico sentimento puro della sua vita, cerca di rimediare dichiarando il suo amore a Tatjana, annunciandosi prima con una lettera. Sebbene combattuta, stavolta sarà Tatjana a stracciare la lettera davanti agli occhi di un disperato quanto tardivo Onegin.
Nonostante John Cranko abbia creato il balletto nel 1965 per il Balletto di Stoccarda, con Marcia Haydée nel ruolo di Tatjana, arriva in Scala solo nel 1993, con Carla Fracci, Oriella Dorella, Elisabetta Armiato ed Isabel Seabra ad alternarsi nel ruolo della protagonista e Rex Harrington, Maurizio Vanadia e Francisco Sedeño in quello di Onegin. L’anno dopo vede il debutto di Alessandra Ferri sul palco scaligero, che danzerà ancora nel 1997; l’opera viene ripresa nel 2004, poi 2010 e 2012 con l’ospite, proprio dal Balletto di Stoccarda, Maria Eichwald, e Roberto Bolle.
Quest’anno è, come ormai spesso succede, il Bolle nazionale a scatenare un pubblico in delirio al solo apparire in scena, camminando serio ed oscuro nei panni del suo Onegin. Come sempre, tecnicamente perfetto, nessuna imperfezione, prese perfette e anche migliore la sua interpretazione: fisicamente il suo viso d’angelo non ha nulla del personaggio senza cuore e senza scrupoli, ma senza dubbio un’interpretazione sentita e autentica. Al suo fianco la dolcissima Marianela Nuñez: argentina ma da anni principal dancer del Royal Ballet di Londra, è una Tatjana intensa, molto drammatica e recitativa, descrive perfettamente la ragazzina ingenua che si innamora per la prima volta e non conosce il genere maschile. Piccola e minuta vicino al gigante Bolle, rende benissimo la disperazione quando Onegin le strappa la lettera davanti agli occhi nel Primo Atto, momento assolutamente commovente. Divenuta ormai donna adulta e moglie nel Terzo, prova ancora qualcosa per l’antico amore, ma ormai è maturata a tal punto da potergli rendere pan per focaccia. Bella intesa fra i due, soprattutto nei passi a due, lunghi e complessi. Olga è una meravigliosa Martina Arduino, brava tecnicamente, esuberante, e super espressiva, qualità non comune: davvero piacevole nel ruolo. Il Lenskij di Nicola Del Freo è nella norma, non commette errori ma non convince fino in fondo: deve forse lavorare ancora un po’ sul ruolo, tutt’altro che semplice per altro. Completano il cast Gabriele Corrado (il Principe Gremin) e Beatrice Carbone (la Vedova Larina). Il corpo di ballo sembra un po’ meglio del solito, è migliorato l’insieme e più fluida la coordinazione, anche se in qualche punto ancora non c’è perfetta sincronia. Molto belle le scene ed i costumi di Pier Luigi Samaritani e Roberta Guidi di Bagno. Un’opera di repertorio che presenta una storia antica ma coreografata nel XX secolo, periodo di una generazione di coreografi geniali ed innovativi che, pur nel rispetto della tradizione, hanno decisamente svecchiato il modo del balletto classico. Bolle o no, da vedere.

Chiara Pedretti

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