“Alessandro Del Piero. L’ultimo atto di un campione infinito” edito dalla Diarkos.

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Recensione a cura di Ilaria Solazzo.

Alessandro Del Piero nasce il 9 novembre 1974 a Conegliano Veneto (TV). Figlio della media borghesia veneta, è sempre stato profondamente legato alla madre Bruna, casalinga molto attenta all’andamento della casa e affettuosamente in buoni rapporti col padre elettricista, purtroppo scomparso negli anni in cui il figlio Alessandro raggiungeva l’apice della carriera.

Sul piano del talento, come per tutti i grandi campioni le evidenti doti innate si sono manifestate da subito. Già giovanissimo, quando calciava il pallone si potevano ammirare la classe, l’eleganza e quel modo imperturbabile ma ingannevole di affrontare i campi da gioco. Chi lo conosce, sa bene che dietro l’apparente freddezza (la stessa che gli ha permesso di realizzare i suoi magnifici gol “alla Del Piero”), si nasconde una grande sensibilità umana e una rigorosa correttezza (è uno dei calciatori più rispettosi degli avversari che si ricordino).

La prima squadra che lo accoglie tra le sue fila è quella del suo paese, il San Vendemiano, da cui passa a una categoria più alta con il Conegliano. Subito viene utilizzato come rapace realizzatore di gol; la madre avrebbe preferito che il piccolo Alex giocasse in porta, dove era meno facile farsi del male.

Fortunatamente il fratello Stefano fece notare all’insistente madre che “forse” stava meglio lì davanti, in attacco…

All’età di sedici anni, nel 1991, Alessandro Del Piero si trasferisce al Padova, squadra nella quale si mette subito in luce come uno dei talenti più importanti del momento. In soli quattro anni brucia le tappe passando dalla Primavera ai massimi livelli del calcio mondiale.

All’apice della carriera subisce uno stop di nove mesi, dopo il gravissimo infortunio occorsogli a Udine.

Le grandi bandiere, sin dagli albori, rappresentano l’aspetto più romantico ed emotivo del gioco del calcio. Sono quei calciatori legati indissolubilmente a una sola maglia e per i quali il calciomercato non è mai esistito. Alessandro Del Piero rientra a pieno titolo in questa categoria. Calciatore più unico che raro per dedizione e fedeltà ai propri colori. Del Piero è la Juve e la Juve è Del Piero. Almeno un tempo era così, considerando che adesso le due strade si sono inevitabilmente (e, chissà, magari temporaneamente) separate.

In una delle squadre più ambite d’Italia sono passati fior e fior di calciatori che hanno contribuito a grandi successi, a maggior ragione Alex, con tutta la sua classe e tecnica sopraffina, ne ha rappresentato forse l’apice.

La Juve nel destino di Alessandro Del Piero, che a più riprese ha dichiarato di essere sempre stato un grande tifoso bianconero.

Dimostra tutto l’attaccamento e la fedeltà alla sua seconda pelle, quella maglia a strisce verticali, nel momento in cui scende, con la squadra, a giocare in Serie B. Vuole subito riportare la Juve lì dove le compete e, infatti, ci riesce nella stagione 2006/2007.

Il ritorno in Serie A vale il riaffacciarsi graduale nei palcoscenici più prestigiosi. Man mano, la Juve si riprende il posto in vetta, con l’ultimo scudetto firmato da Del Piero nel 2011/2012. Il suo passo d’addio è Juve-Atalanta del 13 maggio 2012, match conclusivo di quel campionato.

Si conclude in India il percorso calcistico di una leggenda del calcio come Alex Del Piero. L’unico numero 10 italiano in grado di accostarsi a mostri sacri come Roberto Baggio e Francesco Totti. Su punizione e non solo.

Altro amore mai sopito di Del Piero è quello per la nazionale di calcio dell’Italia, con la quale ha partecipato, con alterne fortune, a svariate competizioni.

Questo è molto altro è vivo e presente nel bellissimo libro scritto da Alberto Galimberti per Diarkos. Il giornalista e docente comasco ritrae l’ex numero 10 juventino con la prefazione di Bruno Pizzul.

«A dieci anni di distanza ho pensato di tornare lì, sul luogo dove l’addio addio si è consumato, la bellezza del calcio si è svelata, il senso nobile dello sport sublimato, per raccontare le gesta di Alex Del Piero», racconta Galimberti.

 

INTERVISTA

Ilaria Solazzo, giornalista pubblicista e blogger, ha intervistato, oggi, per noi di “Corriere dello spettacolo” lo scrittore Alberto Galimberti, autore del libro “Alessandro Del Piero. L’ultimo atto di un campione infinito” edito dalla Diarkos.

 

Foto tratta dal web

ILARIA – Quando hai deciso di scrivere questo libro? Quanto tempo hai impiegato per realizzarlo?
ALBERTO – Il 13 maggio 2012 è andato in scena l’ultimo atto di Alessandro Del Piero in bianconero. A dieci anni di distanza ho pensato fosse affascinante e doveroso tornare lì, sul luogo dove lo struggente addio si è consumato, la bellezza del calcio svelata, il senso nobile dello sport sublimato, per provare a raccontare “le gesta” di Pinturicchio. Arduo è quantificare i mesi, le settimane ed i giorni dedicati alla lettura e alla documentazione, alla stesura di bozze e alla scrittura del testo. Il tempo, alle volte, è elastico. Si restringe e dilata senza sforzo apparente. Mi piace pensare che l’idea del testo affondi le radici nella mia fanciullezza: ho ritagliato i ricordi e le
emozioni di un adolescente per riversarli nero su bianco in un libro scritto da adulto; sfilandoli dall’oblio affinché rilucessero nel presente.

ROME, ITALY – MAY 20: Alessandro Del Piero of Juventus after the Tim Cup final match between Juventus FC and SSC Napoli at Olimpico Stadium on May 20, 2012 in Rome, Italy. (Photo by Giuseppe Bellini/Getty Images).

ILARIA – In una sola parola. Chi è per te Alex Del Piero?
ALBERTO – Rispondere in una sola parola è dura, durissima. Concedimi almeno un pugno di righe. Campione esemplare, capitano fedele, calciatore ineguagliato, Alessandro ha convertito le reti in record, trasformato i traguardi in primati; ma, soprattutto, ha saputo stringere un legame speciale con i supporter bianconeri. Merito che procede oltre la vittoria di titoli e trofei, vale più della conquista di campionati e coppe.

Foto tratta dal web

ILARIA – Sei giornalista, docente, collaboratore dell’Università Cattolica di Milano e scrittore. In quale ruolo ti senti maggiormente addentrato?
ALBERTO – Domande più semplici, no? Scherzo. Nulla viene dal nulla. Mi considero una persona fortunata, per almeno tre ragioni. La prima: ho potuto beneficiare dei sacrifici enormi profusi dai miei genitori. La seconda: ho incrociato sulla mia strada “maestri” autentici: preziose fonti di ispirazione, incoraggiamento e correzione. La terza: ho tramutato le mie passioni in professioni. Amo studiare e insegnare, adoro raccontare e scrivere. Fatico, perciò, a stilare un podio, rilasciare una graduatoria. Vestendo ciascuno di questi panni, mi sento a mio agio, ma non risolto definitivamente. Quest’ultimo indizio è rivelatore: significa che la strada da percorrere è ancora lunga
e molto rimane da imparare.

Foto tratta dal web

ILARIA – Di Alex Del Piero quali trovi sia stata la sua grandezza?
ALBERTO – L’umiltà. Dico sul serio: la cifra della sua grandezza riposa nell’umiltà. Oltre alle conclamate abilità tecniche – piedi educati, dribbling funambolici, micidiali colpi balistici: sintesi di un talento adamantino – Pinturicchio ha mostrato di possedere doti caratteriali altrettanto fondamentali: l’umiltà, appunto. E poi la serenità, la lucidità di giudizio e il carisma della leadership. Un bagaglio di valori umani che gli ha​ permesso di risalire la china, superando i frangenti più cupi, i periodi peggiori della carriera: le severe stroncature della stampa, il tremendo infortunio patito a Udine, l’umiliante declassamento in panchina, la discesa negli inferi della Serie B con le
insegne da campione del mondo. Riportando in auge la Juventus e la propria stella a brillare nel firmamento calcistico internazionale dopo che si era eclissata.

Foto tratta dal web

ILARIA – Il gol che tu ritieni il migliore in assoluto dal tuo punto di vista?
ALBERTO – Come si fa a rispondere esaustivamente? Bisognerebbe censire una a una le 289 marcature siglate in bianconero da Alex. Impossibile. Proviamo a isolarle alcune. Dalla sublime parabola arcuata che supera Toldo al destro potente e preciso di Tokyo che issa la Juventus sul tetto del mondo. Passando per il morbido tocco sotto di Bari dedicato a papà Gino al rigore da manuale trasformato a Genova che vale il titolo di capocannoniere. Senza dimenticare le reti che traguardano primati scolpiti nel marmo della Storia: la tripletta calata alla Fiorentina; il rocambolesco duecentesimo gol rifilato tra una fitta selva di gambe al Frosinone; il primo sigillo apposto allo Stadium: un tiro “alla Del Piero”, destro fulmineo ed arrotato schioccato sotto l’incrocio dei pali, tanto per cambiare. L’astuta punizione vincente servita contro la Lazio; la michelangiolesca parabola insaccata nel sette contro l’Inter, a San Siro, con l’esultanza risolta in uno sberleffo. Eppure se dovessi individuare la migliore in assoluto, direi la rete segnata, con la casacca azzurra, nella semifinale mondiale contro la Germania, al Westfanlenstadion di Dortmund. La corsa da centometrista e il colpo da artista, il vigore atletico e il delicato tocco di palla, l’esultanza che riscatta gli errori di Rotterdam e incrocia, sugli spalti, il volto rigato dalle lacrime della moglie Sonia. Grazia sotto pressione, direbbe l’insuperato Ernest Hemingway.

Foto tratta dal web

ILARIA – Progetti futuri?
ALBERTO – Condividere con i lettori e gli appassionati le emozioni che palpitano nel libro. Conoscere club di tifosi, partecipare a rassegne culturali, allacciare amicizie e stringere relazioni di valore. A torto, si ritiene la scrittura un gesto individuale. Al contrario, è un gesto collettivo: le parole, le narrazioni e le storie (ri)vivono nelle persone che le accolgono, ospitano, fanno proprie. Usciamo da un periodo terribile: la pandemia, il lockdown, l’isolamento fisico. Stiamo lentamente tornando a incontrarci, dialogare, creare comunità. Persuasi di una limpida verità: noi esseri umani siamo fatti per stare insieme.

Qualche info sull’autore

ALBERTO GALIMBERTI (1989) è nato a Como. Giornalista, docente e collaboratore dell’Università Cattolica di Milano. Dal 2008, scrive per «La Provincia» – nelle edizioni di Como, Sondrio e Lecco – sulle pagine cultu rali e la sezione “Commenti”. Dal 2012, firma articoli e rubriche per la rivista nazionale dell’Azione cattolica, «Segno nel Mondo». Ha all’attivo due pubblicazioni.

Alberto Galimberti, Il giornalista e docente comasco ritrae in un libro tributo l’ex numero 10 juventino (pubblicato da Diarkos, con la prefazione di Bruno Pizzul).

Info sul libro

Torino. Juventus-Atalanta. 13 maggio 2012. Va in scena l’ultimo atto di Alessandro Del Piero in bianconero. Dopo 19 anni di onorata militanza, il capitano lascia la Juventus. Gioca, segna e saluta. Al passo d’addio, lo Stadium tributa un meraviglioso omaggio alla propria bandiera. Alla standing ovation decollata dagli spalti al momento della sostituzione, infatti, segue uno struggente giro di campo a partita ancora in corso, un vero e proprio giro d’onore, unico nel suo genere. L’evento marca uno spartiacque: non è mai accaduto in passato, né mai accadrà in futuro. Spontaneamente nasce e altrettanto spontaneamente muore. Dire addio, del resto, è l’arte più difficile da esercitare a qualsiasi latitudine della vita. Non si impara mai definitivamente, non si è mai del tutto pronti. Nelle pieghe della partita in cui Madama celebra il ritorno alla vittoria dello scudetto, è riassunta l’intera carriera del numero 10. Scandita da sfavillanti successi e sonore sconfitte, cadute repentine e insperate rinascite. Tramite alcuni episodi susseguitesi in questa gara, che nulla chiede alla classifica, è possibile riavvolgere il nastro della vicenda umana e calcistica di Pinturicchio, passando in rassegna gli snodi cruciali. Dagli esordi con il Padova all’approdo alla Juventus, dalla conquista della Coppa Intercontinentale al grave infortunio patito a Udine, dal varo del tiro «alla Del Piero» alle lacrime di Bari per la scomparsa del padre, dalla magica notte di Berlino alla retrocessione in serie B con le insegne da campione del Mondo. Un viaggio tra luci e ombre, gioia e sofferenza, umilianti panchine e pesanti errori riscattati da reti decisive e prestazioni monumentali. Tutto si tiene. Gol, assist e giocate formidabili, ma anche confessioni, critiche, recriminazioni concorrono a completare la cornice e il contenuto del testo. Campione esemplare, capitano fedele, calciatore forte e fragile insieme, Del Piero ha tramutato le reti in primati, i numeri in record, ma soprattutto ha saputo stringere un legame speciale con i tifosi. Merito che vale più della vincita di coppe e campionati, procede oltre la conquista di trofei e titoli.

Dove poter acquistare il libro online

ALESSANDRO DEL PIERO | DIARKOS

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Dettagli

 

Curiosità

ILARIA – Perché in “Alessandro Del Piero: un campione infinito hai deciso di partire dalla fine?

ALBERTO – Al passo d’addio, lo Stadium tributa un meraviglioso omaggio alla propria bandiera. Alla standing ovation decollata dagli spalti al momento della sostituzione, infatti, segue uno struggente giro di campo a partita ancora in corso, un vero e proprio giro d’onore, unico nel suo genere. L’evento marca uno spartiacque: non è mai accaduto in passato, né mai accadrà in futuro. Spontaneamente nasce e altrettanto spontaneamente muore. Dire addio, del resto, è l’arte più difficile da esercitare a qualsiasi latitudine della vita. Non si impara mai definitivamente, non si è mai del tutto pronti.

Foto tratta dal web

ILARIA – Il merito più grande di Alex, a tuo avviso?

ALBERTO – Campione esemplare, capitano fedele, calciatore irreprensibile, Del Piero ha tramutato le reti in primati, i numeri in record, ma soprattutto ha saputo stringere un legame speciale con i tifosi. Merito che vale più della vincita di coppe e campionati, procede oltre la conquista di trofei e titoli. Come scrive mirabilmente Bruno Pizzul nella prefazione, Alex è stato capace di promuovere i fondamentali valori educativi dello sport, troppo spesso disattesi nel mondo confuso e discutibile del calcio moderno.

In foto l’autore del libro

“Sono orgoglioso di essere juventino, di essere una “bandiera”, come mi definite spesso, ma in realtà io sono solo una piccola parte di una grande bandiera bianconera, che cresce col passare degli anni e se ognuno di voi guarda con attenzione ci trova scritto anche il proprio nome”. cit. Alessandro Del Piero.

Foto tratta dal web 

Nel libro, lo scrittore, ripercorre l’intera carriera del capitano juventino scandita da sfavillanti successi e sonore sconfitte, cadute repentine e insperate rinascite. Un viaggio fra gioie e dolori, errori pesanti e panchine umilianti riscattate da reti decisive e prestazioni monumentali. Risiede forse qui la ragione di quell’impegnativo attributo “infinito”?

“Sono fiero di mio padre che si spaccò la schiena come elettricista, e di mia madre che avrà lavato per terra in tutte le case di Conegliano. Sono strafelice di avere avuto quell’infanzia, dove i desideri erano in rapporto alle possibilità, mai di più. E quando cominciava a venire il bel tempo, come adesso, si usciva nei prati, si faceva la casetta sull’albero, si rubavano le ciliegie e le pannocchie, c’era sempre il benedetto pallone. Bellissimo”. cit. Alessandro Del Piero.

 

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