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The Car: un viaggio su una Toyota Corolla con gli Arctic Monkeys

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Le prime cose che mi sono venute in mente quando ho ascoltato The Car, il nuovissimo album degli Arctic Monkeys, uscito il 21 ottobre, sono: gli anni ’70 e 007. Le ispirazioni anni ’70 che le canzoni trasmettono, si materializzano in immagini granulose di viaggi estivi in Cadillac decappotabili (o su una Toyota Corolla, come nella copertina dell’album), occhiali da sole vintage e pantaloni di velluto a coste,  colazioni a letto e stanze luminose, appannate dal fumo di sigarette; l’altra anima dell’album è quella con atmosfere da 007, che portano alle mente fotogrammi in bianco e nero, ambientazioni piovose, sguardi misteriosi, oscurità, nostalgia e stanze d’albergo solitarie; la più rappresentativa di questo mood è di certo Sculpture of Anything Goes. Il riferimento musicale più presente è sicuramente David Bowie, in alcuni brani come Body Paint  si ritrovano dei richiami ai Beatles, mentre  altri, come Hello You, riportano alla mente le atmosfere dei Doors, già solo con la somiglianza di titolo con Hello, I Love you.

The Car è un disco affascinante, elegante, caldo, cinematografico, teatrale, audace. Dieci canzoni, per poco meno di quaranta minuti, che elevano il rock della band a una dimensione orchestrale, colta e matura. Dieci canzoni che ci lasciano immaginare dieci episodi della quotidianità, dei pensieri e della vita interiore di qualche personaggio pensato da Turner. Un passaggio dall’indie, al rock, fino a questa mistura raffinata funk. Tessuti sonori che hanno come denominatore comune un approccio orchestrale negli arrangiamenti: piano, archi, fiati, percussioni, che si muovono nelle trame liriche della band e si accoppiano alla perfezione con la calda e profonda voce di Turner. L’atteggiamento che caratterizza i quattro musicisti inglesi riprende lo spirito di diverse epoche passate, toccando gli anni Settanta con gli archi e i cori di Body paint, o guardando agli anni Ottanta per i riff di chitarra di un brano dalla ritmica fantasiosa come Hello you, pescando anche immagini dai Sessanta grazie alla chitarra wah-wah di Jet Skis On The Moat, molto da Lennon, o alla tensione cinematografica creata dall’orchestra di Big ideas e Perfect Sense.

L’animo e l’audacia tipiche di Alex Turner e compagni rimangono comunque intatti nella loro essenza in The car, dove il tratto distintivo della band si rivela attraverso le frasi lunghe e intricate dei testi delle canzoni, le affermazioni enigmatiche del cantante, l’attenzione verso la propria estetica e immagine. “So do you wanna walk me to the car? / I’m sure to have a heavy heart / So can we please be absolutely sure / That there’s a mirrorball for me?”, dichiara il frontman del gruppo nella traccia che apre il suo settimo lavoro, introducendone l’atmosfera sommessa, le tendenze cinematografiche e gli umori intricati. Gli Arctic Monkeys recuperano, e allo stesso tempo stravolgono ancora, le proprie personalità con un lavoro che supera il precedente nella sua raffinatezza compositiva e nei nuovi orizzonti sonori che raggiunge.

Sofia Bartalotta

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