Baudelaire, Dante, i Greci

Data:

Al Teatro Studio-Melato di Milano fino al 22 gennaio 2023

Al Teatro Studio Melato la prima di Tre modi per non morire – Baudelaire, Dante, i Greci, scritto da Giuseppe Montesano e con Toni Servillo. Una coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro Bellini di Napoli scandita in tre sezioni: la poesia e il mondo interiore di Charles Baudelaire, Dante Alighieri con la Divina Commedia e lo spazio aperto dai pensatori Greci. È un rimando a precise figure e momenti storico letterari inframmezzato da commenti dello scrittore; un viaggio per “tornare a sentirsi vivi”. Montesano riunisce per la prima volta, con Servillo, in uno “spettacolo” completo, quelle parti staccate che già avevano vissuto di vita propria, presentate con titoli autonomi: Monsieur Baudelaire, quando finirà la notte? E ancora Le voci di Dante (a Praga, lo scorso dicembre, occasione per ricordare il centenario dell’Istituto italiano di Cultura) e per finire Il fuoco sapiente. Non un prevedibile scontato reading, ma un vero e proprio percorso “stazionale”: sul tessuto drammaturgico originale degli autori rappresentati s’innestano riflessioni e spunti esegetici dello scrittore, io narrante e filo conduttore di questo viaggio che obbliga l’ascoltatore a una sistematica quanto salutare (e ineludibile) opera di considerazioni personali e riflessione etica. Nessun artificio o trucco di meraviglia scenica è impiegato, solo quello della potenza della parola che cala in noi. Un potente scandaglio interiore, facendo tappa in tre isole emerse da un mondo di storia e geografia, collegate da trasparenti legami d’arte e musica; un percorso tracciato e costellato dalla poesia che disperatamente e follemente è il lucido pensiero e condizione di vita. Mai come in questo momento storico la poesia appare motivo per tornare a essere vivi, veramente; antidoto potente contro l’imperante dittatura digitale che miete vittime e come condizione per suscitare o re-imparare l’arte di non morire. Teatro come luogo che rivela la verità: Tre modi per non morire è inscenato non casualmente al Teatro Studio Melato, che ricorda la cavea greca. Montesano e Servillo sfruttano la conformazione della sala per trascinare lo spettatore, suggestionandolo con una scena vuota, riempita al più da qualche suono e da uno sfondo immaginario e stilizzato per far sgorgare, riempiendo lo spazio, le suggestioni create dalle nude parole degli autori scelti. Un viaggio a ritroso, in lineare continuità, nel vivifico mondo dell’arte e della poesia in cui distanza e differenze linguistiche si annullano, in cui è portato al calor bianco il rito che l’attore, “profeta e fascinatore etico”, compie sull’uditorio convenuto; non già per un rito estetizzante ma d’iniziazione (per chi forse, non l’ha mai avuta…) o di riscoperta della verità, dell’autenticità del vivere e dell’essere. Il tutto tessuto usando bellezza e il rigore come trama, quale ordito meditazione seguita da uno slancio di passioni. Vere. Partendo da tempi ancor a noi relativamente prossimi, Baudelaire è fatto rivivere con un’intensità che ce lo restituisce a tutto tondo, nell’illusoria falsità del progresso, e nella facile etichettatura del poeta francese che resta invece un omogeneo unicum.  Alla folgorante e tragica focalizzazione di Dante (ma anche del Vangelo!) sugli ignavi e “tiepidi” che scelgono di non vivere, segue pur uno sguardo compassionevole e commosso sui tragici amanti Paolo e Francesca, l’Amore, per giungere alla potente descrizione di Ulisse, la Conoscenza, figura che presagisce lo scrittore fiorentino in quello che avrebbe voluto, ma non ha potuto essere. Infine i mai tanto ammirati greci, inventori del teatro quale anticipazione terapeutica delle sedute analitiche, con una lucida presa di coscienza nello scandaglio degli abissi e delle miserie di cui l’animo umano, vaso di Pandora, è formato, accanto però alle divine capacità di amare. Sprigionata dall’intensità con cui Toni Servillo incalza l’ascoltatore – bruciante di passione – lo trascina nel suo stesso intimo facendolo partecipe delle ansie e paralisi del pensiero che attanagliano i moderni, ricchi solo di grande miseria morale.  Il viaggio a rebours è ancor più significativo scoprendo come, arrivati nella mitizzata antichità si respiri invece, fresca un’aura di futuro. L’affabulante attore napoletano svela, con incalzante ritmo narrativo che interpella l’ascoltatore, la bruciante potenza del pensiero e della poesia, scandagliandola in ogni recesso e complessità; sfruttando la forma dell’ascolto, esalta la risonanza di testi e autori che via via prendono corpo nel suo dire. Autori che Montesano sembra quasi interrogare – al pari di Dante con i personaggi della Commedia – facendo si che costituiscano altresì per gli ascoltatori dei riferimenti, per costruire o fortificare gli spazi dell’interiorità, della propria coscienza. Servillo è un ventriloquo divino che fa parlare le assopite coscienze, dionisisticamente invasato dalla forza della passione teatrale, posseduto dalla parola e la vive pienamente, infondendovi anima e felicità, dubbi e interrogativi: un oracolo dai tratti umani che accende in noi illuminazioni, apre porte da cui entra un’aura vitale e rigenerante, vento che spazza le consuetudini di pensiero comode e facili.  Ci indirizza a una riflessione che ben si stacca dall’attimo fuggente in cui solitamente la recitazione ci irretisce a teatro (tornando poi quali eravamo), per mostrare la forza tematica dell’arte quale elemento essenziale della vita dell’uomo. In fin di serata Servillo, nel preciso decennale della scomparsa della grandissima Mariangela Melato, la ricorda con parole d’affetto. Successo caloroso, condiviso con Giuseppe Montesano, presente in sala.

gF. Previtali Rosti

 

Foto Masiar Pasquali

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