Diserzione dal seggio e confronto esistenziale in “Un giorno come un altro”

Data:

 

dal 26 Settembre all’8 Ottobre 2023 alla Teatro Sala Umberto di Roma

La solenne cerimonia funebre a Camere riunite per la figura di Napolitano, come fosse stata un’immaginaria terza elezione straordinaria al Colle dove effettivamente ben meritò da prima espressione istituzionale della sinistra da cui s’era distaccato con l’autocritica dopo i fatti di Budapest del 1956 divenendo “migliorista” con una tendenza verso la socialdemocrazia, nonché la presenza di vari Capi di Stato a riconoscimento della sua internazionale stima onorevolmente acquisita e la partecipazione eccezionale di militanti e gente comune fuori Montecitorio,  hanno dimostrato come durante la prima Repubblica gli esponenti politici dei vari partiti fossero maggiormente seguiti ed apprezzati per la loro forte preparazione civile e l’impegno per il bene sociale pur su sponde opposte. Poi con i finanziamenti occulti ai partiti, le cosiddette tangenti e bustarelle, di cui fece le spese il povero Craxi con la violenta contestazione in piazza del Fico davanti al Raphael, la collettività cominciò a non fidarsi più dei suoi rappresentanti politici e progressivamente avvenne lo “scollamento” tra i poteri istituzionali  ed il popolo, specialmente con la classe politica, che venne vista come incline a tutelare i propri interessi dimenticando quelli della gente cui doveva invece dare voce. Iniziò così a registrarsi la mancata adesioneal voto, diversamente dal motivo portante della canzone di G. Gaber “Partecipazione”, che andò crescendo sempre più finché nell’ultime amministrative l’astensionismo, arrivato quasi alla metà della popolazione, è diventato il maggior partito. Adesso la situazione non è cambiata, anzi con la mancata introduzione del salario minimo, la crisi industriale con i licenziamenti continui e la cassaintegrazione quando va bene, la frenata della ripresa economica, il rialzo del costo del denaro della BCE con le ripercussioni negative sui mutui a tasso variabile, la perdita di valore del salario nominale con la gente che nei mercati compra a prezzo e non più a quantità, il debito pubblico giunto quasi a tremila miliardi mancando i soldi necessari per una decente finanziaria, ridotto al minimo  il prelievo sugli extraprofitti delle grandi fabbriche, banche ed imprese, nonostante il tentativo di tagliare il cuneo fiscale, le differenze sociali s’acuiscono per cui, con il fenomeno anche della crisi della sanità pubblica con lunghe liste d’attesa per cui c’è anche la mancanza di medici specialisti ed infermieri, gli Italiani credono sempre meno nella classe politica e la sua capacità di risolvere le preoccupazioni ed angustie generali, perciò anche il consenso della prima donna insediatasi a Palazzo Chigi sta venendo meno ed il ministro dell’Economia Giorgetti, avendo la “Coperta corta” metaforicamente la cassa vuota, non sa come fare ed  allora ecco il condono agli esercizi commerciali che non hanno emesso gli scontrini e pagato le tasse come analogamente i cinquemila euro richiesti agli immigrati irregolari che non desiderano finire nei centri di detenzione per 18 mesi prima degli ulteriori rimpatri costosi, ammesso che si stabilisca la loro identità e qualcuno li rivoglia. Di questa montante insoddisfazione popolare e sfiducia verso i poteri legislativo ed esecutivo s’è fatto interprete il bravo e perspicace Giacomo Ciarrapico nel suo testo “Un giorno come un altro” in cui suppone quello che potrebbe accadere prossimamente ai seggi, magari già dall’elezioni europee del giugno de prossimo anno per cui i partiti si sono abituati a lanciarsi velenose accuse e rimpallarsi le responsabilità della grave situazione che attraversiamo, facendola risalire i governanti a Monti, Gentiloni, Conte per il” bonus 110” ed il reddito di cittadinanza,  Draghi per aver contribuito a svuotare l’Erario e rafforzare il suddito atlantismo, che c’erano prima di loro. Dunque in un seggio di periferia, il 4607 per la precisione, ci sono solo due soggetti che si riveleranno appartenenti a due classi sociali distinte, l’uno di nome Ranuccio Fava più colto, elegante, raffinato ed intellettualmente con una buona cultura, l’altro è Marco Fioretti più volgare, ignorante , grossolano e rozzo nel modo di fare, che non conosce nemmeno il regolamento elettorale. I due si guardano in cagnesco, Marco insulta il collega e s’innesca tra loro la competizione su chi debba svolgere le funzioni di Presidente difettando la nomina della Corte d’Appello ed altresì gli scrutatori che hanno inviato un certificato medico, per cui siamo al limite della legalità. I due si studiano, intrecciano un fitto dialogo sulle loro rispettive identità e sulle vicende esistenziali che li caratterizzano, per cui apprendiamo che soffrono per opposte ragioni nell’alveo dello psicodramma e crisi esistenziale che nella realtà contemporanea porta alla psicanalisi e teatralmente si riconnette all’inettitudine vitale dei personaggi di Svevo, Pirandello e Rosso di San Secondo con la raffigurazione dei tipi umani come “marionette”. I due “ sparring partner” sull’analogico quadrato del seggio sono gli encomiabili ed apprezzabili nella fine chiarezza e squisita dicitura dell’eloquio  Luca Amorosino e Carlo De Ruggeri, ben diretti e misurati nel portamento e dizione dal regista che è il medesimo autore. Facendo amicizia ed essendo gelosi, invidiosi, dei pochi elettori che vanno negli altri seggi, al contrario l’atteso Godot per tutto il giorno non arriverà mai da loro, la Corte comunica che quale presidente è stato scelto Fioretti, che diviene altezzoso e si dà arie impettite man mano che legge le norme che regolamentano l’ordine pubblico e la sicurezza nei seggi elettorali, concedendosi poi due bottigliette alcoliche di vino per dissetarsi e siglare una pace equilibrata per una degna convivenza giornaliera, mentre Ranuccio è spesso al telefono con la moglie da cui è separato che è al mare con la bambina piccola e non si sa se la sera tornerà a casa per cercare di ritrovare l’intesa affettiva, con Marco che invece talora esce dalla stanza per fumare e dimenticare il suo stress emotivo e psicologico, la mancanza di lavoro e l’essere costretto a giocare d’azzardo per guadagnarsi il minimo per sbarcare il lunario, rischiando in proprio il definitivo tracollo. Perciò affrontano vari inquietanti ed eccelsi interrogativi nelle domande che Marco in maniera incalzante pone a Ranuccio “Credi escatologicamente in Dio? Sull’ecologia ambientale e la transizione climatica, l’energie  rinnovabili, che mi dici?” . Successivamente s’entra nel campo più congeniale delle scommesse  e delle puntate per cui l’integerrimo Ranuccio scosso dal dramma familiare si sentirà dire “ A quanto mi dai la morte di Renzi? Perché le quote relative al decesso della Regina Elisabetta II e di papa Giovanni Paolo I scesero vorticosamente, dopoché quelle sulla durata del Regno di Elisabetta II s’erano impennate?” Tuttavia l’attenzione di Marco ora nel quadro della “Primavera africana” è rivolta all’insurrezione nella Repubblica del Centro Africa retta dal dittatore Mobutu con capitale Maputu e la sollevazione popolare riuscirà o meno? Tali sono le questioni con cui il facente funzione da presidente intriga l’amico ed a poco a poco lo coinvolge appassionatamente, mentre all’orizzonte non si scorge nessuno ed il diritto, dovere, civico, non viene gravemente esercitato, essendo scaduto nell’indifferenza generale in quanto mutano “gli orchestrali” ma il percolo di tracollo del nostro Paese aumenta e la gente non sa più come tirare avanti con lavoro, cibo e salute. Alla fine il pubblico seguendo la rappresentazione medita sempre più sullo scottante problema d’estrema attualità e sulla negatività dei soggetti indagati, che sprofondano nel baratro e nella sfiducia, nello smarrimento, personali, che s’accrescono e deflagrano allorché Ranuccio scopre che Marco ha una pistola, che l’altro dice d’aver sottratto alla sorella guardia giurata. Che ci vuole combinare ed al termine i due isolati componenti del seggio voteranno almeno loro o le urne resteranno sconsolatamente vuote. L’unico motivo di gioia è stato il ripristino della legalità e pacifica convivenza a Maputu, tuttavia a scapito della democrazia, insieme al momento in cui Ranuccio, improvvisandosi cantante con una luccicante giacca imperlinata, ha cantato “Ricominciamo” quasi a voler darsi speranza ed intima convinzione nella rinascita del suo sentimento matrimoniale e nella ripresa democratica e collegiale sul piano civile della nostra amata Patria, che il presidente Meloni unisce nella triade ideologica a Dio e famiglia come Mazzini uno dei padri del Risorgimento ed “ante litteram” dell’Europa. Lo spettacolo sarà replicato alla Sala Umberto fino all’8 ottobre con la suggestiva ed espressiva scena del seggio creata da Andrea Quattropani.

Giancarlo Lungarini

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