Claudio Bisio, un esordio alla regia di quelli che non si dimenticano

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Gioco e terrore, poesia fanciullesca e privazioni, scoperta della vita e rischi di morte. All’esordio dietro la macchina da presa Claudio Bisio racconta “L’ultima volta che siamo stati bambini”, con l’urgenza di condividere pensieri, riflessioni, emozioni. Dall’omonimo libro di Fabio Bartolomei, un film sulla Shoah e la necessità di fare memoria, che esce nelle sale in occasione degli ottant’anni dal rastrellamento del Ghetto di Roma avvenuto il 16 ottobre 1943. Un tratto talmente sensibile da offuscare la tragedia che c’è sullo sfondo.

“L’ultima volta che siamo stati bambini”, il 17 ottobre a Palermo per una tre giorni dedicata al cinema per la scuola. L’iniziativa nazionale promossa dal Ministero della Cultura e dal Ministero dell’Istruzione e del Merito nell’ambito del Piano nazionale cinema e immagini per la scuola, coordinata dall’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia in collaborazione con l’I.C. “Giuliana Saladino” di Palermo, prevede proiezioni, masterclass, seminari e laboratori tenuti dai principali operatori del settore fra i quali l’Anec. L’appuntamento è presso i Cantieri culturali alla Zisa.

Il 14 maggio 2022 batte il suo primo ciak da regista.

«È stato entusiasmante, lunga, un po’ faticoso. Un processo articolato che è durato quasi cinque anni, nei quali il momento in cui ho girato il film è stato quello più gioioso in assoluto.»

“L’ultima volta che siamo stati bambini”, in un’Italia lacerata dalla Seconda guerra mondiale.

«Fortunatamente in Italia, da allora, non ci sono state più guerre, permettendoci così di vivere ottant’anni di pace. In Europa, invece, continuiamo ad assistere a tragici conflitti come quello nei Balcani, in Ucraina, in Israele. Non pensavamo di realizzare un film strettamente legato all’attualità, come purtroppo si sta rivelando.»

Quando la leggerezza va in profondità.

«Questa è la vera scommessa. Cercare leggerezza di racconto, di dialoghi e di recitazione in un contesto tragico come quello della Seconda guerra mondiale, in un’Italia ormai occupata dai nazisti, con i soldati italiani allo sbando e con i treni carichi di ebrei e dissidenti che partono verso nord.»

La storia di un’amicizia che inizia sotto le bombe.

«Un road movie che racconta l’amicizia, quella dell’infanzia, intesa quale momento della vita in cui si creano legami indissolubili. Una storia che li farà crescere molto, troppo in fretta, fino a fargli tristemente realizzare che quei tre giorni sono stati davvero l’ultima volta che sono stati bambini.»

Il mondo visto dai ragazzini, questo è il film.

«Il cuore del racconto è rappresentato dai bambini, dal loro agire, dalle loro parole e pensieri che imprimono alla storia un tono leggero e ironico. Buffo, malgrado tutto, perché in realtà loro sono serissimi.»

Nel 2003 racconta in teatro che i bambini sono di sinistra.

«Era un gioco che parodiava il pezzo di Gaber “Qualcuno era comunista”. Sono di sinistra perché ingenui, perché credono in Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Se per sinistra intendiamo quel tipo di ingenuità, di candore, talvolta anche di incapacità a diventare adulti, allora i bambini lo sono ancora.»

Claudio Bisio, che simpatico umorista.

«È una sigletta che ha composto Rocco Tanica (degli Elio e le Storie Tese, ndr) per scherzare e prendermi un po’ in giro. E io l’ho accettata volentieri, l’ho anche adottata. È un pezzo di me, che ancora esiste, ma che oggi risulta riduttivo a descrivermi.»

Un altro pezzo è sicuramente quello televisivo. Esordisce con “Zanzibar” nel 1988, per diventare l’anima di “Zelig” che tornerà anche per l’edizione 2023 sempre con Vanessa Incontrada.

«Continuo a pensare che la risata e il modo di far ridere non siano cambiati più di tanto. Ci sono semplicemente dei cicli che ritornano. Oggi c’è questa moda della stand-up comedy americana, quando noi quarant’anni fa ci chiamavamo monologhisti. E come allora c’erano e continuano ad esserci i vari stili: quello che fa lo sketch, quello che parla di sé, quello più trasgressivo. La comicità non morirà mai.»

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