Il Donizetti Opera inaugura: Il Diluvio universale

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Al Teatro Donizetti di Bergamo, repliche fino al 3 dicembre 2023

Il diluvio universale, azione tragico-sacra su libretto di Domenico Gilardoni, è la ventottesima opera composta da Gaetano Donizetti, nel dicembre 1829-30 a Napoli. Con questo lavoro il compositore bergamasco volle cimentarsi con un testo biblico reso popolare dall’opera rossiniana, indirizzando la sua facilità compositiva verso una più attenta cura dei dettagli.  Il termine “azione tragico-sacra” era stato usato per la prima volta da Rossini per il Mosé in Egitto nel 1818, e in seguito adottato da altre composizioni che combinavano, su uno sfondo biblico, una storia d’amore del tutto immaginaria. Anche Donizetti affida il ruolo principale del profeta biblico alla voce di un basso; ritroviamo l’offerta di salvezza dalla catastrofe finale a uno dei personaggi “lirici” e, nel Diluvio, la carneficina biblica evocata da un’orchestra sfolgorante, il trionfale tripudio dell’Arca. Il tema serio dell’opera, unitamente a vicende familiari che lo colpirono, lo spinsero a dedicare a quest’opera molto più tempo di quanto ne avesse dedicato ai lavori precedenti. Donizetti scelse lui stesso i passi biblici dettandoli al librettista Gilardoni e confidando all’amatissimo maestro Mayr che stava componendo un’opera in uno stile totalmente nuovo. Le prove iniziarono in un inverno intensamente piovoso per la città partenopea e, sempre a Mayr, scrisse il 13 febbraio 1830: da quando ho cominciato a scrivere l’opera, ho portato un vero flagello a Napoli!”. L’opera debuttò durante la stagione di Quaresima con un esito non particolarmente brillante, guastato da un errore della primadonna e da una resa scenica inadeguata del finale che attirò risate del pubblico. Donizetti nel 1833 apportò modifiche alla partitura per le rappresentazioni che sarebbero andate in scena al Teatro Carlo Felice di Genova del 1834, ampliando l’aspetto operistico. Fu così soddisfatto che in seguito vietò l’uso della partitura originale napoletana, dopo aver costatato il successo delle tredici repliche genovesi. Fu Parigi, nel 1837, ad ascoltare per l’ultima volta l’opera donizettiana prima che nel 1985 si riesumasse nuovamente a Genova. Ora il Donizetti Opera riporta in vita la versione del 1830 nell’edizione critica di Napoli a cura di Edoardo Cavalli, non soltanto per il precipuo compito del Festival di poter ascoltare le opere secondo le partiture autografe. Nuovo l’allestimento, affidato a MASBEDO, responsabile del Progetto, regia, regia in presa diretta e costumi. Nahuel Di Pierro era Noè di pastoso timbro e dal piacevole colore, anche se le note gravi non mostrano grande affondo e risonanza. Interprete variegato, è credibile nell’imperiosità di comando e carisma nella conduzione verso la salvezza. In Quel che del ciel da credibilità alla preghiera ma gli acuti non sono ben arrotondati, pur bene proseguendo nel duetto con Sela. Nell’aria Dio tremendo, onnipotente si erge a profetica preveggenza che va a cadere sull’irrisione di Cadmo e l’incredulità degli astanti. A Cadmo presta il bel timbro tenorile di Enea Scala, voce di vibrante squillo, ricca di armonici e palpitante. E’ vibrante di passione nell’aria Donna infida, in cui rende pienamente la figura fremente (pur ancor amorosa) dell’amante re e sposo, riprendendo la cabaletta con baldanza e sicurezza. Allor che su l’etra è resa in pregnanza di fraseggio mentre in Non profferir parola, forte di una frequentazione rossiniana, il tenore vien facilmente a capo della tessitura e di una vocalizzazione che risente della lezione del pesarese. Allor che chiudi suona d’implacabile durezza all’implorazione di Sela, cui fa seguito Son vane le tue lacrime, resa con impietosi e taglienti accenti. Sela con voce limpida e ben proiettata di Giuliana Gianfaldoni, sfogata in alto e dal facile squillo, impreziosisce il canto con sapienti sfumature. Nella sua prima aria Mentre il core abbandonava, è precisa e fluida nella vocalizzazione, di gusto le variazioni della ripresa; sempre espressiva e partecipe nella lacerazione dell’animo fra affetti umani ed elevazione religiosa. Mostra bel legato e arcate di suono fascinose concluse da acuti scintillanti e potenti, emessi a piena voce, nel duetto con Noè. Stupita alla vista di Cadmo, continua implorante in Ebben s’io chiudo trovando accenti patetici e di materno rimpianto, per riprendere in dolorosa lacerazione Tradita dall’amica. Commovente infine nella disperata abiurante conclusione, con quelle struggenti frasi rese in pianissimo. Sfaccettata e risoluta attrice. Abra è Sophie Burns voce di un qual certo volume, di timbro ambrato ma caratterizzata da leggero vibrato, che non salda bene i due registri. Efficace nel disegnare la perfidia dell’amante. Artoo modesto di Wangmao Wang, dal timbro un po’ artefatto. Completavano il cast Asfene Erica Artina, Jafet Nicolò Donini e gli allievi della Bottega Donizetti: Sem Davide Zaccherini, Cam Eduardo Martínez, Tesbite Sabrina Gárdez e Ada Maria Elena Pepi. Il direttore Riccardo Frizza alla guida dell’Orchestra Donizetti Opera imprime all’azione tragico-sacra – che è solo un’etichetta – una conduzione molto agita e intrisa di passione, dal travolgente impeto, in un accompagnamento narrativo cui è sotteso un senso imminente del precipitare degli eventi verso la finale catastrofe. Coro dell’Accademia del Teatro alla Scala diretto da Salvo Sgrò in altisonante presenza.  Masbedo, oltre a un gran contenitore metallico – tavola imbandita e lussureggiante di furori mangerecci prima,  arca stilizzata poi – risolve lo spettacolo in insistenza di drammaturgia visiva (Mariano Furlani), relegando la musica a commento delle immagini e legando troppo semplicisticamente il tema dell’ambiente a quello biblico-spirituale  (in realtà squisitamente melodrammatico). Bei costumi, soprattutto femminili, lasciando sempre in nero la componente maschile; curati movimenti scenici di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, light design di Fiammetta Baldiserri. Festose accoglienze per tutta la compagnia di canto, con ovazioni per Gianfaldoni e Scala e calorosissima accoglienza per Di Pierro e Frizza. Contestazioni al gruppo registico.

gF. Previtali Rosti

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