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“Ho paura, torero”, uno spettacolo drammatico e ironico, allegro e melanconico

Data:

Al Teatro Grassi, dall’11 gennaio all’11 febbraio 2024

Lo spettacolo “Ho paura, torero” è un inno alle “piccole cose”, alla “piccola gente”, ai vincitori morali di tutte le storie, di tutta la Storia. Perché se anche la Storia la fanno i vincitori, non dimentichiamoci che c’è sempre l’Arte a fare giustizia.

11 settembre 1973, i programmi radio dell’emittente Radio Cooperativa si interrompono per dare spazio alla voce di Allende nel suo ultimo discorso accorato e drammatico, che si spande per la scena e diventa la miccia che dà il fuoco allo spettacolo.

«Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano, ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento.» (da Wikipedia)

Dopo di che, il Golpe militare di Augusto Pinochet e tutto quel non di buono che ne subentrò, fino al 1990.

Un romanzo scritto dallo scrittore cileno Pedro Lembel nel 2001 che l’attore Lino Guanciale, dopo la lettura, ha sottoposto a Claudio Longhi. Da qui è nata la collaborazione alla regia di questo “Ho paura, torero” (Tengo miedo, torero) che prende il titolo da una canzone di Lola Flores e che nella vicenda è una parola d’ordine che usano i personaggi per identificarsi. Perché siamo in un regime di terrore, desaparecidos, guerriglia, partigiani, militari, gente comune, poveri diavoli, comunisti, omosessuali, madri in lacrime. Ma è soprattutto la storia di Carlos, esponente del Fronte Patriottico e della “Fata dell’angolo” e della sua “vita sgangherata” da travestito, sul corpo i segni del tempo e nel cuore ancora un bisogno giovanile di amore e di leggerezza. Lei vive perennemente come in un fotoromanzo, ricamando tovaglie e scialli per le ricche signore di Santiago e ospitando nella sua misera casa, piena di sogni, collanine, pizzi, nastri e vestiti a buon mercato, tra cui spicca un grande cappello giallo, il giovane studente Carlos e gli altri rivoluzionari che stanno preparando un attentato a Pinochet. Eppure lei sembra lontana da quello che succede al di fuori del suo mondo irreale, la maschera di donna che si è messa addosso va a braccetto con quella di chi non vuole immischiarsi, sapere, vedere. Troppo dolore alla sua vita già dolorosa. Se ne sta alla larga, alla radio ascolta le canzonette, non i proclami o le notizie, legge giornaletti romantici, con Carlos vuole parlare d’amore e fare sesso, vestirsi di tutto punto e farsi portare al mare. Che male c’è, povera creatura? Che male fa quel suo essere “diversa” che il regime fa di tutto per ostacolare, estirpare, condannare come “persona pericolosa”?

Lo spettacolo, drammatico e ironico, allegro e melanconico, nessun calo di tensione, mantiene la struttura del libro, i personaggi, ben recitati, parlano in prima e in terza persona, per distinguere quello che sentono da quello che fanno. E mentre seguiamo le vicende amorose della Fata, come in uno split screen vediamo Pinochet con la moglie-segugio condurre le loro odiose vite da dittatore e consorte, superficiali e pericolosi, con tutto il loro spregio per la libertà, quella degli altri s’intende.

Ma la Fata, a un certo punto, spinta da quell’amore che è anche passione, decide che non può più starsene in un angolo ignorando quello che succede là fuori. Deciderà di guardare in faccia la realtà. Alla sua maniera, naturalmente. Come se portasse sempre in testa quel largo cappello giallo da diva.

Lo spettacolo è un inno alle “piccole cose”, alle “piccole persone”, ai vincitori morali di tutte le storie, di tutta la Storia. Perché se anche la Storia la fanno i vincitori, non dimentichiamoci che c’è l’Arte a fare giustizia.

Lina Guanciale, nel ruolo della Fata, rischia, si denuda, metaforicamente, svelando con questo personaggio un lato di sé stesso che non sapeva di avere, ma che ogni attore, se tale è, messo di fronte alla sfida, sente la voglia di affrontare. Non senza paura, non senza paura… Tengo miedo, torero…

Daria D. Morelli Calasso

Foto Masiar Pasquali

 

 

PRIMA ASSOLUTA
Claudio Longhi e Lino Guanciale
Ho paura torero
di Pedro Lemebel
traduzione di M.L. Cortaldo e Giuseppe Mainolfi
trasposizione teatrale Alejandro Tantanian
regia Claudio Longhi
scene Guia Buzzi
costumi Gianluca Sbicca
luci Max Mugnai
visual design Riccardo Frati
Dramaturgia Lino Guanciale
assistente alla regia Giulia Sangiorgio
con Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame,
Michele Dell’Utri, Lino Guanciale, Diana Manea,
Mario Pirrello, Arianna Scommegna, Giulia Trivero
Lo spettacolo “Ho paura, torero” è un inno alle “piccole cose”, alla “piccola gente”, ai vincitori morali di tutte le storie, di tutta la Storia. Perché se anche la Storia la fanno i vincitori, non dimentichiamoci che c’è sempre l’Arte a fare giustizia.

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