Festival di Berlino: continua la discesa

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di Ernesto Pérez (Per eldebate.com)
BERLINO, 20 FEBBRAIO – Un cupo e impressionante ritratto della miseria che dominava nelle campagne austriache di metà Settecento è stato l’unico elemento degno di nota nella sesta giornata del 74° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, che sembra destinato a diventare uno dei peggiori nella storia recente dell’evento.
Il film “Pepe” del regista dominicano Nelson Carlos de los Santos, che racconta la storia dell’unico ippopotamo morto in Sudamerica, non avrebbe nemmeno meritato di essere incluso nella rassegna parallela “Generation”, dedicata al cinema per bambini e adolescenti.
“Des Teufels Bad” (Il bagno del diavolo) è l’opera di due cineasti austriaci, Veronika Franz e Severin Fiala, che collaborano insieme frequentemente ma non esclusivamente e che si sono ispirati a una storia vera accaduta in un remoto villaggio delle montagne austriache.
Ci troviamo nell’Europa del cosiddetto Secolo dei Lumi, ma nessuna luce penetra nella vita di questi miseri che lavorano letteralmente per un pezzo di pane e la cui unica distrazione e svago si verifica in occasione della festa del santo patrono, matrimoni e qualche rara esecuzione pubblica.
A volte, per sfuggire a questa miseria, la gente, soprattutto le donne, sceglieva non il suicidio, che le avrebbe condannate alle fiamme eterne dell’inferno, ma l’omicidio di qualche creatura indifesa, specialmente bambini, per essere poi giustiziati dopo la conseguente confessione e assoluzione di tutti i peccati e guadagnarsi così il paradiso.
In due ore di narrazione intensa e soffocante, i due cineasti raccontano la storia di Agnes, una contadina che spera che il matrimonio le porti una vita felice circondata da figli, ma scopre che suo marito non è molto incline a soddisfare i suoi doveri coniugali.
Frustrata nel suo desiderio di maternità, Agnes si ritira progressivamente nel suo mondo e infine decide di evadere attraverso il ben noto espediente del suicidio assistito.
Tutto è grigio, oscuro e tetro in questo film che non concede tregua allo spettatore e che si distingue soprattutto per l’interpretazione della protagonista, Anja Plaschg, già forte candidata all’Orso d’Argento per la migliore interpretazione femminile.
“Pepe” è un meteorite caduto senza motivo apparente nel concorso berlinese, con una storia assurda che parla di un ippopotamo africano presumibilmente atterrato nella giungla amazzonica, raccontato da lui stesso in afrikaans (ma ci sono davvero ippopotami in Sud Africa?) dopo la sua morte.
Fuori concorso, è da segnalare la presenza del regista malese, adottato da Taiwan, Tsai Ming-liang, con la sua ultima opera, “Wu Suo Zhu”, proiettata qui in anteprima mondiale con il titolo inglese “Abiding Nowhere”, tradotto probabilmente come “La Nada Costante”, dove la narrazione muta e senza musica segue alternativamente un giovane che vaga per la città e cucina un piatto di spaghetti e un monaco buddista che lentamente si muove attraverso diversi paesaggi.
Nei titoli di coda si parla di un consulente alla meditazione, ma che questo sia il motivo di questa noia di 79 minuti è tanto inspiegabile quanto la sua realizzazione.
Traduzione Antonio M. Castaldo

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