Un tuffo nella storia del Jazz

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Un tuffo nella storia del Jazz con «Il Ragtime – Storia di quel ritmo sincopato antenato del jazz» (Logisma Editore, Firenze 2024, pagg. 268, €. 26,00), questo è il titolo del libro del musicologo Gildo De Stefano, un giornalista musicale da sempre studioso dell’universo afroamericano. Esordendo negli anni Ottanta con la pubblicazione de «II canto nero», un saggio sulle origini della musica colored, a quasi mezzo secolo dalla prima edizione della sua storia sul ragtime ritorna con questa terza edizione aggiornata al Nuovo Millennio, con nuovi capitoli ed un ricco corredo iconografico. Un libro che rappresenta per l’autore un omaggio ad una musica che, pur essendo la matrice del jazz, ha una collocazione tutta sua, sia dal punto di vista strutturale, che sociale, arricchita dalla prestigiosa prefazione del grande poeta afroamericano Amiri Baraka (Leroi Jones) e la postfazione di Renzo Arbore.
Gli anni in cui nasce sono i «favolosi» novanta (Gay Nineties), che fanno presagire il benessere e la voglia di vivere. Ma come sempre avviene, tanta gaiezza nasconde un substrato di problemi e di emarginazione. L’America dei neri era uscita vittoriosa dalla Guerra Civile del 1860, ma mai tanta vittoria fu più fallace per il popolo ‘colored’, destinato comunque ad una posizione di subordine. È l’epoca della corsa al progresso degli americani, con la costruzione delle grandi ferrovie, le scoperte scientifiche, ma è anche il tempo della «Depressione», che fece impazzire I’America.
Ebbene, il ritmo spezzato del ragtime, sincopato per intenderci, comincia a farsi spazio nella mente e nel cuore dei neri «cittadini», emigrati dal sud. Nasce nelle taverne di malaffare (l’oleografia del nero con bombetta e sigaro seduto al pianoforte, è uno dei simboli visivi), e pian piano si ramifica nei diversi strati sociali, non senza polemiche e critiche. II musicista Scott Joplin è la bandiera del Ragtime, e le sue composizioni sincopate e apparentemente allegre (riteniamo, infatti, che mai musica fu più venata di struggente tristezza e di significati carichi di tensione), sono state oggetto di revival musicali negli anni ’70 (vedi la «Stangata» di George Roy Hill).
Ma Joplin oltre ad avere il merito di essere uno dei maggiori del «genere», di aver composto opere di ragguardevole interesse, ha anche influenzato personaggi come Igor Stravinskij, Satie, Dvorak, ecc. Si tratta di un gemellaggio tra Europa ed America, che nasceva dalle pieghe di una «Belle Epoque» universale, in cui i denominatori comuni erano la rottura con una serie di convenzioni musicali.
II libro di De Stefano ha il merito di essere l’unica disamina a livello italiano ed europeo sul tema. Sul ragtime si sono prodigati, sino ad ora, solo scrittori americani e tutto sommato poco. Un libro interessante, che mette in luce uno spaccato dell’America di quel periodo, adatto agli addetti ai lavori, ma anche ad un pubblico che vuole addentrarsi nel cuore dell’America di quegli anni, ricordando – come l’autore ha puntualizzato – che il ragtime non è né folk né jazz, ma un miscuglio di entrambi, poiché è nato dal substrato culturale afroamericano, permeato di tanta sofferenza.

Massimo Coccia

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