Una commedia dalle tinte fosche e dai mille interrogativi

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Così sarebbe troppo facile. Shylock, un ebreo cattivissimo, estremamente vendicativo oltre che avido, non riesce a realizzare il sogno della sua rancorosa vendetta nei confronti del raffinato e sensibile mercante cristiano Antonio. Anzi, viene privato dei suoi averi. E persino della sua religione. Happy end. Sipario.

Tutto troppo semplice e senza sapore. Anche una commedia, come il regista Paolo Valerio definisce questa rappresentazione de Il Mercante di Venezia di Shakespeare, in scena dal 7 al 19 maggio al teatro Manzoni di Milano, richiede ben altro. L’energia drammatica scaturisce infatti dalla serie di contraddizioni interiori dei personaggi, dal succedersi di problemi imprevisti, dalla incapacità di vedere la realtà, dal mischiarsi di ruoli e generi (che oggi forse definiremmo fluidità). E dunque Shylock, nella interpretazione attoriale di Franco Branciaroli, il Cattivo per definizione (e per etnia?) non è completamente malvagio e il Buon Antonio è lui pure attraversato, oltre che dal malessere esistenziale, anche da un implacabile furore vendicativo.

Come dare torto all’Ebreo (si faccia caso che non viene quasi mai chiamato per nome, ma spesso così, ebreo: in tono dispregiativo) quando, accusato di efferata crudeltà, si rivolge ai buoni cristiani? “Voi avete tra di voi molti schiavi comprati. Se vi chiedo di liberarli e farli sposare alle vostre figlie, rispondete che sono vostri, perché li avete comprati ….. Così io ho comprato la carne di Antonio”. E poi, quelli che chiamiamo usurai, non svolgono forse le stesse funzioni delle moderne banche ?

Per parte sua Antonio non si accontenta di scampare ad un sanguinario contratto, ma infierisce su Shylock con ferocia e senza indulgenza umana. E il personaggio che risolve argutamente il caso non è quello che pare: né uomo né avvocato. E il padre di Lancillotto, quasi cieco, non riconosce il figliolo (echi delle cecità del Re Lear?). Né la figlia di Shylock indugia nell’abbandonare padre e religione. E, quando si parla di amore, quanta parte ha il denaro? Ogni chiaro ha il suo scuro e viceversa. Perché la ricchezza sta nella complessità.

Quale soluzione di regia viene data da Paolo Valerio?

Viene privilegiata l’universalità dei grandi sentimenti umani, indipendentemente dalla situazione storica e geografica in cui si esprimono.

L’ambientazione scenica, innanzi tutto, evita le facili soluzioni rappresentative di Venezia (una città del resto che Shakespeare ha puramente immaginato, non avendola mai visitata, come pure la Verona di Romeo e Giulietta). Una grande muratura di mattoni a vista occupa dunque tutta la visuale, proponendo un ambiente nero e cupo, organizzato in due piani. Al superiore si svolgono gli eventi della casa di Porzia in Belmonte o si impone (necessariamente a livello più alto!) la presenza del Doge. A livello inferiore si susseguono gli eventi principali.

Per scelta esplicita, neanche i dialoghi riflettono, neppure come cadenza, la parlata veneziana, pur essendo originario della zona uno degli attori principali, Piergiorgio Fasolo (Antonio). Fatta eccezione per quelli femminili, i costumi sono di quotidianità senza tempo e il Mercante si distingue solo per il lungo mantello. Dimessi e senza colore gli abiti di Shylock, come tradizione impone.

Il testo dello spettacolo è di fatto quasi quello integrale, nella traduzione di Masolino D’Amico, con qualche coloritura aggiuntiva. Sono dunque al limite della macchietta i pretendenti stranieri di Porzia così come Lancillotto. (Campione di coerenza, il principe di Marocco chiede di non essere giudicato dall’esteriorità del colore della sua pelle, ma poi lui stesso sceglie lo scrigno in base all’apparenza). E qualche gesto recitativo suggerisce con forza che il rapporto tra Antonio e Bassanio vada “oltre” l’amicizia.

A nostro parere è, in particolare, particolarmente forzata l’aggiunta di un piccolo episodio in chiusura dello spettacolo. Originariamente suggellata dalle parole di Graziano, dal pesante doppio senso sensuale (“mi è rimasta un’idea fissa: custodire il Nerissa’s ring”), in questa versione nel finale si rappresenta una morte di Shylock pesantemente simbolica.

Guido Buttarelli

 

IL MERCANTE DI VENEZIA
Teatro Manzoni di Milano dal 7 al 19 maggio
di William Shakespeare nella traduzione Masolino D’Amico
con Franco Branciaroli e Piergiorgio Fasolo
e Emanuele Fortunati, Riccardo Maranzana, Stefano Scandaletti, Lorenzo Guadalupi, Giulio Cancelli, Valentina Violo, Mauro Malinverno, Mersila Sokoli, Veronica Dariol
Adattamento e regia Paolo Valerio
Scene Marta Crisolini Malatesta
Costumi Stefano Nicolao
Luci Gigi Siccomandi
Musiche Antonio Di Pofi
Movimenti di scena Monica Codena

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