“Titiwai “, la raccolta di poesie di Sandro Angelucci edita da Giuliano Ladolfi Editore

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Leggere i versi di Sandro Angelucci dal titolo “Titiwai”è stato come navigare nella bonaccia di un mare che di fare risacca non ne ha voglia, visto che le onde , disubbidendo anziché muoversi ,restano immobili per leggere e comprendere la parola ”Titiwai”.
Non una parola , un sostantivo qualsiasi , ma un rimando linguistico etimologico che ci porta dall’altra parte del mondo.
Titwai è parola che secondo i Maori popolazione indigena designa “delle larve che emettono dei bagliori sulle scale degli azzurri.”
E’ sorprendente come la poesia che da luce possa diventare colore, e questa dimensione idilliaca è la risposta che il poeta Angelucci da all’imperante nichilismo che erode e ha eroso il senso  del poetare come “un vagare nella bellezza” che e’ dono di Natura.
Al nichilismo, Titiwai ,raccolta di parole sospese che al lettore danno il tempo della riflessione, e in questo andando contro la frenesia che anche leggere sia un atto in corsa(tipico del consumismo e del concetto last minute), contrappone l’idillio della natura dove l’uomo  si riconcilia e non si arroga il “potere insensato della conoscenza” ,visto che sapere non e’ potere ma ricerca , non è dominio , ma riflessione quale invito alla meraviglia dell’inconsueto che e’ sotto i nostri occhi ,”drogati “ dal nulla che i media di ogni forma e diffusione ci “notiziano” di ogni cosa, facendoci subire attraverso le immagini storie non chieste, cronache e delitti che non comprendiamo e in questo praticando un accanimento terapeutico proprio del nichilismo che è perdita di valore (ritenuto non necessario nella scala massima del consumo ), dove l’occhio pur vedendo non vede,perché privo della meraviglia del Titiwai “ delle larve che emettono dei bagliori sulle scale degli azzurri “.
Avvolgente e stridente a pag. 46 , la poesia “Sovrabbondanza” spiega la “ratio “ funambolica della poesia che nasce senza chiedere di nascere ritrovandosi ad essere una larva che diventerà farfalla,ma che prima di diventarlo corrisponderà al mondo dei “bagliori sulle scale degli azzurri “.
Sovrabbondanza e’ il bagliore sulla scala degli azzurri , una dimensione dove una scala fantastica declina il cromatico in ascetico senza misura ma in sovrabbondanza:
“La poesia non deborda/occupa lo spazio appena sufficiente/per la sopravvivenza/ E’la mollica
di pane in mezzo all’erba/una formica che si confonde con le altre/ Superfluo/sovrabbondante
ciò che resta/ tempo che non si ferma / morte che non risorge /C’è almeno brezza/ se tremano le foglie un moscerino se la rondine ritorna/
Questa poesia e’ sintesi e abbondanza nel sentire pre-ratio che non e’ calcolo numerico di  aggiungere o togliere sostanza al verso che e’ bellezza , contro il nichilismo ci vuole”Sovrabbondanza” e il poeta lo spiega liberando l’ansia cosi’ “utile “ per dispiegare la poesia che è alterazione felice di un mondo che ha anche consumato “il pane in mezzo all’erba” per diventare “mollica” che è ciò che resta dopo che il mondo che non vede il “bagliore nella scala degli azzurri”,ha divorato sé stesso…
Ma non tutto si perde nel mondo dell’immaginazione che e’ la cifra non cedibile della bellezza visto che la poesia pur non deborda quale felice figlia della musa ispiratrice che resta “il mondo” e tiene in serbo sorprese non richieste, “ c’è almeno brezza se tremano le foglie un moscerino.se la rondine ritorna” .
La poesia non muore mai, e Angelucci è eloquente quando spiega che la sovrabbondanza della bellezza che e’ immaginazione non può che curare il demone inarrestabile del consumo , del materialismo e del nichilismo che ci stanno colonizzando come a dire , “ci vuole più poesia e meno consumo” perché la poesia si metabolizza per restare e non si consuma, la poesia e’ vedere un moscerino godere della brezza che muove le foglie mutare in una rondine che ritorna”
La dimensione poetica è scevra dal disvalore nichilistico che boccia il verso che non produce ricchezza finanziaria perché l’uomo nella sua finitudine che è piccolezza, ha necessità di immaginare e la poesia e’questo una dimensione dove non esistono risposte, ma libertà di intuizione.
Questo libro è un essere vivente e lo spiega il titolo medesimo; la parola “Titiwai” è vita pulsante, cuore battente che sorprende a pag. 47 in “Bing Bang”.
Ho detto alla luna “ti amo/Mi ha risposto il silenzio e sopra di me /l’intero universo /è tornato
al Bing Bang/Ho viaggiato anni luce / senza sapere/dove fossi finito/E ora eccomi qui Spaesato/Smanioso/di cogliere il frutto/del melo proibito /
Nuovamente la conoscenza è calarsi dentro il bing bang del nulla, un antro dove tutto è accadimento senza che la ratio possa delegare Dio a spiegare. Poesia è Dio che fa silenzio,
un volo radente è”il silenzio e sopra di me l’intero universo è tornato”
Il silenzio è eloquenza perché la parola s’arresta dove la luce si piega e basta a dire che l’uomo è parte del nulla che non necessita la nostra presenza, cosi per fare in modo che la solitudine
diventi “moltitudine” arrivano tante Titiwai ,”Larve che emettono bagliori sulla scala degli azzurri”.
Stelle pulsanti ,parole che emanano l’anelare costante alla felicità dell’esistere permeati dal  senso dello smarrimento che la conoscenza addita come fonte,ma questa fonte per sgorgare  ha bisogno di lei, la POESIA, quel balenare di luce che è turbinio di esistenza. Titiwai e’ il ritorno alla natura naturans di Giordano Bruno ,un richiamo alla divinita’ come immanenza da cercare dentro e non fuori di noi,che l’uomo del nichilismo ha perso, sedotto dal tutto e subito che non tollera il flusso temporale dell’ideazione senza risposta che è proprio della poesia.

Barbara Appiano

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