“K 2.0” dei Kula Shaker. Una scalata verso un mondo migliore

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K 2.0_Corriere_dello_SpettacoloÈ uscito il 12 febbraio 2016 il disco “K 2.0” della band inglese Kula Shaker, un titolo interessante, che fa pensare a una scalata del K 2 nell’era 2.0, e quella di questo gruppo pare essere proprio una scalata, visto che in un panorama musicale che propone tanta sporcizia esso si fa largo proponendo un repertorio contraddistinto indubbiamente da grande qualità e varietà.  Sono undici i titoli di questo album, che porta l’etichetta della Strange Folk Records: “Infinite Sun”, “Holy Flame”, “Death of Democrazy”, “Let Love B (with U)”, “Here come my Demons”, “33 Crows”, “Oh Mary”, “High Noon”, “Hari Bol (Sweetest Sweet)”, “Get Right get Ready” e “Mountain Lifter”.

E proprio di “strano folk” si tratta se parliamo dei Kula Shaker, che riescono a mettere questo genere insieme a tanti altri, senza mai perdere organicità e fluidità. Il folk viene così a fondersi a volte con un piacevole rock melodico (stupendo l’assolo di chitarra elettrica di “Here come my Demons”), a volte addirittura con un gradevole rock psichedelico, che però rinuncia a il suo impatto sofisticato e intellettualizzante, a favore di una melodia spensierata, ma mai priva di significato; s’innesta poi in certi frangenti con un ipnotico andamento orientaleggiante, quasi ieratico. Del folk rimane sempre e comunque l’intensa poeticità dei brani – che a volte ci riporta a una dimensione alla Bob Dylan o alla Neal Young -, intrisi di significati sociali, come “Death of Democracy” (Morte della Democrazia) per esempio, dove, attraverso una serie di metafore mitiche, che vanno dal Cavallo di Troia al Labirinto di Dedalo, si arriva al punto di decretare quella morte della democrazia – o addirittura la sua inesistenza, è mai esistita in effetti una vera democrazia? “The truth was clear to see/ The dream that ceased to be/ The death of democracy” (La verità era facile da vedere/ Il sogno si estingueva/ La Morte della Democrazia). La vera democrazia dovrebbe essere quella che ci permette non solo di sognare, ma di realizzare i nostri sogni, senza che la realtà ce li calpesti… arriveremo dunque mai a una vera democrazia in questo senso?

Ce lo chiediamo noi come i Kula Shaker, visto che essi sembrano aspettarsi da questa nuova era una scalata verso un mondo moderno, che abbandoni le vecchie credenze e i vecchi schemi. Veramente un bel disco, che dall’inizio alla fine ci tiene ben tesi all’ascolto e che ci porta insieme alla band in questa scalata verso nuovi orizzonti sonori e forse anche sociali.

Stefano Duranti Poccetti

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