Fucking Bitch [assenza]

Data:

Dal 6 al 17 aprile 2016 allo Spazio Tertulliano di Milano

Un vortice d’immagini tratte da romanzi, poesie, film, insieme a svariate teorie psicanalitiche ci pare di veder susseguirsi dentro la gabbia dove una donna sta seduta su un w.c, bendata e legata ma per lei, quando è moglie, quel sedile è come un trono, perché si sente la regina del castello immaginario dove il marito l’ha rinchiusa, per amore, naturalmente e quando si trasforma, invece, in una fucking bitch, è un oggetto perverso su cui l’ha posata un cliente dai gusti particolari.

In un caso o nell’altro, qualcuno ha scelto per lei e lei ha accettato, per amore naturalmente, o di un uomo o dei soldi o del potere.  Lo spettacolo che porta la regia di Francesco Leschiera è il risultato di un lavoro drammaturgico scrupoloso e rispettoso, ma libero da pregiudizi e luoghi comuni, dello stesso regista e di Antonella Antinolfi, su due testi della scrittrice ungherese Ágota Kristóf e di cui protagonista è la Donna, vittima di un marito in “La chiave dell’ascensore” e di un cliente in “L’ora grigia” a loro legata da funi reali o immaginarie, in un gioco perverso ed erotico che solo una visione  femminista, facile e semplicistica,  negherebbe, colpevolizzando  l’Uomo, tout court.

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La scenografia, una gabbia dal pavimento di letame o fango, poco importa, in ogni caso adatta a un animale tenuto alla catena, è il frutto della capacità registica di Leschiera, della sua creatività, del saper prendere in mano tutti i lati dello spettacolo, del non lasciare nulla al caso, all’approssimazione, alla banalità.

Il semplice cambio di luci, da rosse passionali a bianche accecanti delimitano e staccano le due vite, le due vicende, una che si svolge in una casa d’appuntamenti, un bordello o uno strip club e l’altra in quel castello immaginario dove la felicità è chiara e palpabile, un nido d’amore da cui non è necessario uscire perché qui c’è tutto. E allora non è nemmeno più necessario l’uso dell’udito, della vista, delle gambe. Solo quando le si vuole togliere l’uso della parola, per gridare, per farsi ascoltare, allora…

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Entrambe le donne vivono nell’attesa di un uomo, ma se una volta sapevano e potevano sognare, a poco a poco questa facoltà passa nelle mani del loro carnefice, il cui potere assume la sua massima perversione e allora l’assenza più forte è quella dell’anima, dell’amore, della dignità.  Molto femminile è il saper confondere l’amore con lo sfruttamento e la dipendenza psicologica, il fingere felicità dove c’è il suo contrario, sorridere in pubblico per poi piangere nascoste in bagno, simulare orgasmi dove c’è totale insensibilità. Sono armi di difesa, o di offesa, che difficilmente verranno abbandonate.

Molto brava Sonia Burgarello, la protagonista,  che con la sua “impetuosa tenerezza” recita un quasi monologo, gli uomini, Alessandro Macchi e Matteo Ippolito,  stanno spesso fuori dalla gabbia a guardarla come se guardassero un animale raro,  vestita di bianco, candido e sexy, bendata, soffre e gode, implora e condanna, straziante sono le storie che porta sulla scena, scritte da una donna e dirette da un uomo, che c’ha messo la faccia, che ha cercato di capire la psicologia femminile, e quella maschile, la sua.  Ma chi vince, e chi perde? Nessuno o tutti,  perché le colpe vanno sempre spartite, condivise, capite e possibilmente superate, per vivere continuando a sognare, ma insieme.

 Daria D.

Fucking Bitch
[assenza]
Dal 6 al 17 aprile 2016
liberamente tratto da “L’ora grigia/La chiave dell’ascensore” di Agota Kristof
Elaborazione drammaturgica di Antonello Antinolfi
 Regia di Francesco Leschiera
Con  Sonia Burgarello, Alessandro Macchi e Matteo Ippolito
Scene e Costumi Francesco Leschiera
Luci di Luca Lombardi
Elaborazioni e scelte musicali Antonello Antinolfi
Assistente regia Edoardo Visentin
Produzione Teatro del Simposio
Foto di Marco Nocerino

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