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“Toni Servillo legge Napoli”: I mille colori della città partenopea in novanta minuti”

Data:

Teatro Cucinelli, Solomeo (PG). Venerdì 29 aprile 2016

Napoli: poesia, fantasia, appocundria… Chi meglio di un profondo conoscitore della cultura partenopea come Toni Servillo, uno dei più grandi attori cinematografici e teatrali italiani dei nostri tempi, può raccontare le infinite sfumature, emozioni e contraddizioni di questa città magica, che molti tra i suoi stessi abitanti definiscono “UN SOGNO”?

L’attore mostra al pubblico la cultura partenopea proponendo una quindicina di testi in lingua (perché di lingua e non di dialetto si tratta!) napoletana -poemetti, liriche e frammenti- firmati da dieci grandi scrittori, poeti e uomini di teatro napoletani del passato e del presente (tra cui Eduardo, Totò e Raffaele Viviani); opere tra loro diversissime per argomenti e umore, ma tutte ugualmente essenziali per comporre il variegato mosaico della città dai “MILLE CULURE”. Più che di letture, parlerei piuttosto di interpretazioni (e in alcuni casi anche di declamazioni), visto il trasporto e la partecipazione con cui Toni Servillo, dando fondo alle proprie energie fisiche, vivifica le parole sulla carta, restituendole a una dimensione orale che le rende di una fisicità e concretezza così estreme da farle diventare quasi tangibili. La fatica, il sudore e l’emozione dell’attore divengono così perfetta metafora dell’incarnazione –sangue, sudore, lacrime- della parola, attraverso cui la città e il suo popolo si materializzano sul palcoscenico. Un caleidoscopio di emozioni, stati d’animo, stili metrici e registri linguistici in cui c’è tutta Napoli. Un viaggio dantesco al contrario che, partendo dal paradiso –il rapporto tutto particolare dei napoletani col “sacro”, come in Lassamme fa a Dio di Salvatore di Giacomo e in Depretore Vincenzo di Eduardo de Filippo- scende via via verso l’inferno, passando prima, ovviamente, per il purgatorio, in un percorso dov’è costante la presenza della morte –come nell’attualissima Fravecature di Raffaele Viviani, che racconta il fatale incidente sul lavoro di un muratore e ciò che ne consegue, o nella dolente e inedita ‘O viecchio sott ‘o ponte di Maurizio De Giovanni, in cui un padre si trova di fronte all’inaccettabile dolore per la morte del figlio-  e dove affiorano, senza mediazione o reticenza, tutti i problemi di una città tanto complicata quanto irresistibilmente ammaliante (come ben esprime la sperimentale e ricercata Litoranea di Enzo Moscato). La lingua napoletana dolce, poetica, “rotonda” e ammiccante dei testi del “paradiso” si fa ora aspra, tagliente e serrata, come nei vertiginosi virtuosismi linguistici della già citata Litoranea, o nell’ipnotica e ansiogena “litanìa” Napule –il culmine dell’inferno- del giovane ma già grande autore Mimmo Borrelli, che scrive quasi una versione napoletana dell’Urlo di Allen Ginsberg, come lo stesso Servillo ha definito l’opera. Sempre con Borrelli si raggiunge il “parossismo infernale”, sia linguistico che emozionale, nell’invettiva A Sciaveca, una preghiera al contrario, un florilegio di bestemmie in napoletano che, lontane da qualsivoglia intento blasfemo di “vilipendio alla religion di stato”, trasudano tutto il male di vivere di chi sta “sotto”. E’ l’inferno anche nell’altro inedito della serata, l’onirica Sogno napoletano di Giuseppe Montesano, in cui l’Apocalisse fa da preludio al risveglio delle coscienze di un’umanità nuova.

In una rassegna sulla cultura napoletana che si rispetti non può certo mancare un graffio del Principe De Curtis, Totò, che nella sardonica ‘A livella ci ricorda quanto la morte (onnipresente!) sia democratica e tratti tutti, ricchi e poveri, allo stesso modo. Si tira il fiato con la bellissima ode campestre Primitivamente di Raffaele Viviani, considerato da Servillo come il più grande poeta napoletano di tutti i tempi; ancora Eduardo, con la breve poesia Nfunno, ci riporta nel profondo (letteralmente!), prima della conclusiva Cose sta lengua sperduta di Michele Sovente.

Le inevitabili difficoltà di comprensione, per chi non conosce il napoletano, non pregiudicano comunque il godimento di una serata di grande teatro illuminata dalla magnetica affabulazione di Toni Servillo, straordinario camaleonte in grado di immedesimarsi all’istante in ciascuno dei variopinti “quadri” napoletani proposti cambiando voce, ritmo, e atmosfera. Una prova d’attore di sofferta fisicità, un magistrale saggio di recitazione che in alcuni passaggi (come in Napule) lascia davvero senza fiato. Direi che il Nostro si sia fatto perdonare con gli interessi per l’annullamento –causa influenza- delle due date di Solomeo originariamente previste a marzo (“IN TRENT’ANNI DI TEATRO NON MI ERA MAI SUCCESSO DI SALTARE UNO SPETTACOLO”, ha ammesso scusandosi col pubblico). Toni Servillo legge Napoli è una visita guidata sui generis in una delle città più belle d’Italia, condotta da un cicerone d’eccezione che non lascia mai, nemmeno per un attimo, la mano dei suoi ospiti.

Francesco Vignaroli

Testi di Salvatore di Giacomo, Eduardo de Filippo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani, Mimmo Borrelli, Enzo Moscato, Maurizio De Giovanni, Giuseppe Montesano, Antonio De Curtis, Michele Sovente
Con Toni Servillo

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