Teatro Orione di Roma. Anteprima nazionale del 20 maggio 2016
La scommessa più dura è stata vinta: Lady Georgie eroina del manga di Mr. Mann Izawa, con una triplo salto mortale senza rete, di carta si è trasmutata in carne e ossa, ha trasformato i balloon dei suoi pensieri in voce di sirena e ha regalato emozioni agli esigenti cultori del genere e, sfida più difficile, a chi il genere nella sua vita non lo aveva affrontato affatto.
Chi scrive ha una sola passione “manga”, meglio “anime” Lady Oscar, ibrido androgino del ‘700 francese, migrata nella fantasia nipponica, forte determinata, fisico e carattere scolpito.
Lady Georgie questa sconosciuta, dunque.
I manganascono in Giappone intorno al 1600, nei templi, a illustrare scene a carattere religioso, ma la loro diffusione tra la gente, inibita alla misterica dei templi, avviene solo attraverso gli Edo tavolette di legno a tema erotico. E qui già la fantasia spazia e il manga si fa storia, disegno su tavole di china, mano sicura e vicende intrise della passionalità che nutrono il mondo con gli occhi a mandorla con incursioni evidenti nella narrativa inglese e francese di genere degli anni a cavallo tra il ‘700 e l’800. Difficile non vedere in Lady Georgie un epigono de “La Piccola Dorrit” di Sir Charles Dickens, Lady Georgie poi è una particolare forma di manga, gli shojo, disegnati per lo più da donne e destinate per lo più a ragazze. Sentimenti, lacrime, dolori,non con pennello intinto nel rosa da cartone animato, bensì nel duro stridente del pennino della china che, attraverso la mano di Yumiko Igarashi, incide la pelle ancor prima del cartone.
Romanzo di formazione, a ben vedere, quindi, la narrazione puntuale e fedele della vicenda umana di un’orfana alla ricerca delle proprie radici, una vicenda che parte da un’Australia terra di dura deportazione, ma di affetti e di orizzonti larghi, per arrivare, dopo un disperato viaggio in mare sotto le mentite spoglie di un marinaio, alla Londra delle differenze sociali, della nobiltà imperante, della lotta per la vita. Una storia dura senza l’obbligo del lieto fine, come nella vita. Una storia con un qualche lieto fine, tra i tanti sognati e impossibili.
La prima sfida vinta da Claudio Crocetti- ideatore e produttoreinsieme a Senso Unico Alternato e Avis Comunale – è stata la riduzione dei sette volumetti che vedono lo sviluppo della vicenda in uno spettacolo di un paio d’ore, sfida vinta dal librettista e liricista Diego Ribechini, ma sicuramente perfettibile: se, infatti, i personaggi -fedeli sia al manga sia all’idea che i cultori del manga hanno fantasticato di loro – risultano delineati e precisi, lo sviluppo drammaturgico ha dei salti , dettati dalla necessità di contenere i tempi di una serie lunghissima alla dimensione rigorosa dell’opera musicale. All’apertura di scena la meravigliosa voce del grande Mino Caprio introduce alla vicenda della sfortunata famiglia della piccola Georgie, facile immaginare che l’utilizzo del narratore esterno più volte nello svolgersi della vicenda possa corrobare lo sfogliare delle pagine – del resto la narrazione per felice scelta registica di Marcello Sindici- non ha salti ma scorrere del tempo ora in modo lineare, ora in freeze spazio temporali ora in affascinanti a rebours.
Marcello Sindicivince la sua sfida su un campo doppio firmando anche le coreografie, sempre proprie e giocate tra la perfetta confezione musical e la necessità di fare di ogni passo un passo avanti nel narrato: lavoro duro che conosce momenti decisamente memorabili, il tango rivelatore dell’identità di Georgie, l’ambiguo gioco di specchi che riflette miserie umane e identità smarrite, fino al clou di una danza macabra intorno a Arthur l’eccellente Dario Inserra fratello adottivo di Georgie sottoposto a tortura dal sadico pervertito Maurizio Di Maio sopranista raffinato e attore di rango che calza le vesti sontuose di Irwin Dangering.
Tiziano Barbafiera firma le musiche, che in un’opera sono struttura portante: accattivanti, studiate, puntuali, come un coro greco aiutano lo sviluppo della storia , la prendono e prendono il pubblico per mano guidandolo nell’intrico di storie che si affastellano si intricano e si sciolgono come in un magico labirinto: non conoscevo questo autore amerò seguirlo.
Di grande impatto i costumi della Storica Sartoria Arianna Macerata, strettamente legate al manga le scenografie di Alenkia, come il video mapping della Tabula natural Interfacing, discutibile la parrucca di Georgie a firma Rocchetti Roma, ugualmente poco felice la scelta di un pappagallo ne puppet in scena che gracchia in un improbabile dialetto romano.
Volutamente non racconto e non svelo la trama del manga: pleonastico per chi conosce la storia, complessa e rivelatrice per chi amerà – e davvero amerà – seguirne le vicende attraverso la perfetta ricostruzione ad opera di cantattori tutti e bravi e individuati.
Georgie è una Claudia Cecchini perfetta nella sua vocalità soffocata da una fonica che la costringe a urlare nei recitati e da una parrucca che la rende anime più che manga:occorre ripensare questi empasse che penalizzano la resa di unainterprete di rango.
Abel, anche lui fratello adottivo di Georgie, è un Enrico D’Amore di carattere e vocalità perfetta, Flavio Gismondi fa suoi voce e corpo il personaggio di Lowell, primo bacio di Georgie, Paolo Barillari fa del Duca Dangering un carattere indimenticabile tra sigaro e tic, sempre in bilico tra tavola manga e realtà musical, breve, ma intenso il momento di Elisabetta Tulli madre di Georgie, Claudio Zanelli non fallisce l’incontro con il Conte Frizt Gerald, come la perfetta Rosy Messina quello con Elise e Stefania Paternò una indimenticabile Jessica, lo stesso valga per Nico Di Crescenzo, Stefano Colli, Massimiliano Lombardi, Arianna Milani, Roberto Fazioli, Melania Di Giorgio, Pietro di Natale. Deliziose le sorelline Silvia e Giulia Guerra nei ruoli di Georgie piccolissima e piccola e il bambino Riccardo Crescenzi che nei panni di Abel jr chiude la storia. Perfetto l’ensemble e il corpo di ballo a partire dalla personalissima Serena Mastrosimone.
Ho volutamente lasciato last but not least Brunella Platania vocal coach e Mary Buttman odiosa madre adottiva di Georgie: Brunella rende ogni donna di cui veste i panni – da Tosca a Maria Maddalena solo per citare – la Donna. Chi scrive la conosce dalla culla e, volendo evitare affettuosi conflitti di interessi, evita le secche citando la recensione che su di lei ha fatto stamattina Ilaria Faraoni su Centra Palc … “Brunella Platania è stata anche il braccio destro registico di Sindici (supervisione alla stage performance), nonché vocal coach. Non per niente l’artista ha dominato, con perfetto controllo della voce, anche la musica un po’ troppo alta. La sua interpretazione di Mary Buttman, senza snaturare il personaggio, ha regalato sfumature più profonde, che nel manga erano solo accennate. Qualsiasi ruolo tocchi, la Platania lo accende di una luce e di una intensità che strapazzano l’anima ed il tempo in cui è in scena sembra sempre troppo poco, la si vorrebbe ancora e ancora di più, tanto più che in Georgieil suo personaggio muore quasi all’inizio: all’intervallo, tra le opinioni che si scambiano solitamente tra amici e colleghi, non è mancato il commento: “Peccato che la sua parte sia già finita”
L’avventura di Lady Georgie sul palco è, invece, appena cominciata, come dicevano i ragazzi nel ’68
Ce n’est qu’un début, continuons le combat! E Claudio Crocettiche ha dato corpo al sogno sa che non solo non deve ma non può più mollare.
Maria Laura Platania