Un’antica abitudine ci fa immaginare che sia i titoli professionali che quelli accademici abbiano un’esclusività maschile; infatti, sono maschili anche gli incarichi prestigiosi e le professioni, come ad esempio, medico, avvocato, eccetera. Come avviene la cosiddetta femminilizzazione di nome come questi? La risposta è semplice, basta aggiungere il suffisso -trice oppure -essa. È importante ricordare però che la femminilizzazione di alcuni titoli professionali, spesso, risulta essere inusuale o addirittura offensiva; non a caso, nessuno di noi, utilizzerebbe mai il termine ingegneressa, perché non fa parte del linguaggio comune e quotidiano. Per questo motivo, ancora oggi, si preferisce utilizzare sempre il “maschile “, quasi come se esso fosse un genere comune, in grado perciò di garantire la perfetta ambivalenza, ma non lo è.
Inoltre, pensare che la femminilizzazione di alcuni nomi comporti una svalutazione, non è corretto, tuttavia nonostante questo, nelle concordanze, prevale sempre il genere “maschile”.
Infine, vediamo ora come si “comportano “le altre lingue: tutte le antiche lingue europee, oltre al maschile e al femminile, possedevano anche il genere neutro, che ora sopravvive solo nel tedesco e, limitatamente ad alcuni pronomi, in inglese.
In tedesco, per esempio, l’attribuzione del genere – segnalato dagli articoli der, die e das, rispettivamente maschile, femminile e neutro – segue un criterio sessuale solo nel caso in cui si faccia riferimento ad una persona.
La rubrica Rispettiamo l’italiano vi dà appuntamento a giovedì prossimo con altre curiosità riguardanti la nostra lingua.
Martina Naccarato