Padova, Teatro Verdi, 28 e 30 ottobre 2016
Die Zauberflöte è Singspiel polimorfo. Fiaba iniziatica, racconto mistico o viaggio massonico tra paesaggi esotici, verte comunque intorno alla vittoria del bene sul male. Titolo mozartiano tra i più amati e rappresentati, Il flauto magico si presta a infinite riletture grazie alla natura ibrida, ma ricca di riferimenti alla tradizione teatrale popolare. Dal Bassano Operafestival giunge al Verdi di Padova, per proseguire al Sociale di Rovigo il 4 e 6 novembre, il fortunato allestimento del trio Bertolani-Magnetto-Pedretti. Il regista Federico Bertolani sceglie di trasporre la vicenda sul piano onirico. Tutta la vicenda infatti avviene durante il lungo sogno di Tamino, svenuto dopo la cruenta aggressione mentre passeggia in una lurida periferia con la fidanzata Pamina. Sulle note dell’ouverture, si muove sul palco la stessa umanità che abiterà la visione del protagonista: le prostitute si mutano nelle tre dame, un senzatetto in Papageno, il crudele poliziotto in Monostatos e i tre graffitari in fanciulli. Le scene di Giulio Magnetto accentuano il divario tra realtà e fantasia. Il grande muro grigio su cui campeggia il ritratto a bomboletta di Sarastro ricrea atmosfere da Matrix o Padrino, tanto che le due fazioni sembrano davvero bande rivali. Il mondo immaginato al contrario è armonico, forse fin troppo ordinato se frutto dell’attività onirica, fatto di solide geometrie esoteriche. I costumi di Manuel Pedretti si sposano felicemente con l’idea di Bertolani: neri quelli del clan di Astrifiammante, falsamente allettanti quelli delle dame – rosso, verde e blu come le celebri fate disneyane de La bella addormentata, di un candore abbacinante quelli di Sarastro e dei suoi adepti, Pamina e Tamino inclusi. Se in principio le scelte drammaturgiche di Bertolani paiono spiazzare, è in corso d’opera che acquistano senso, mantenendo una plausibile coerenza con musica e libretto.
Giuliano Betta dirige l’Orchestra di Padova e del Veneto con largo respiro, delineando un Mozart diverso dal solito, meno filologico e più umano. I contorni morbidi adottati smussano da un lato talune spigolosità della partitura, privilegiando scelte ritmiche ed agogiche abbastanza condivisibili, dall’altro offrono una lettura tutta incentrata sui personaggi, complice anche l’attento rapporto buca-scena.
Tamino avrebbe dovuto avere la voce e il corpo di Paolo Fanale, ma per indisposizione egli viene sostituito dal tenore Fabrizio Paesano che supera la prova discretamente, grazie a un’interpretazione omogenea e ricca di passione, adatta ai mezzi posseduti. Ekaterina Sadovnikova è Pamina perfetta che si distingue per la vocalità sempre corretta e predisposta a un’evidente liricità. John Chest è piacevolissima rivelazione nell’incarnare un Papageno intonato, giovanile e pieno d’energia. Altalenanate prestazione quella di Wihelm Schwinghammer, Sarastro autoritario ma disomogeneo nei diversi registri. La Regina della notte è ruolo dei più enigmatici. Ad essa sono riservate due arie, entrambe alla portata solo di voci estremamente qualificate e Christina Poulitsi è una di queste. Risolve bene O zittre nicht e incanta nei sovracuti ben centrati di Der Hölle Rache. Astrifiammante severa, dallo sguardo gelido, comprende e interpreta appieno le volontà registiche. Sovente intonate e precise le tre dame, Alice Chinaglia, Cecilia Bagatin e Alice Marini. Discreta la Papagena di Teona Dvali. Divertente il Monostatos di Patrizio Saudelli, puntuale nelle sue riuscite sortite. Sottotono l’oratore di Paolo Battaglia, migliorabile in dizione e fraseggio, e corretti i sacerdoti-armigeri di Carlo Agostini e Luca Favaron. I tre fanciulli Federico Fiorio, Stella Capelli e Maria Gioia, già sentiti nella Zauberflöte a Verona del 2015, sfoggiano una buona preparazione. Nonostante alcune incertezze, com’era successo al Filarmonico, nella sortita del finale secondo, bisogna riconoscere l’ottimo gusto musicale di Fiorio, a cui auspico di continuare brillantemente gli studi.
Il Coro Lirico Veneto, diretto da Segio Balestracci, si assesta su livelli appena sufficienti.
Applausi prolungati e convinti per l’intera compagnia alla recita pomeridiana del 30 ottobre, in particolare per Poulitsi, Sadovnikova, Paesano e Chest.
Luca Benvenuti
Die Zauberflöte
Singspiel in due atti
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto di Emanuel Schikaneder
Personaggi e interpreti:
Sarastro: Wihelm Schwinghammer
Pamina: Ekaterina Sadovnikova
Regina della notte: Cristina Poulitsi
Tamino: Fabrizio Paesano
Papageno: John Chest
Papagena: Teona Dvali
Prima dama: Alice Chinaglia
Seconda dama: Cecilia Bagatin
Terza dama: Alice Marini
Monostatos: Patrizio Saudelli
Oratore: Paolo Battaglia
Primo sacerdote/Secondo armigero: Carlo Agostini
Secondo sacerdote/Primo armigero: Luca Favaron
Fanciulli: Stella Capelli, Federico Fiorio, Maria Gioia
Maestro concertatore e direttore d’orchestra: Giuliano Betta
Regia: Federico Bertolani
Scene: Giulio Magnetto
Costumi: Manuel Pedretti
Orchestra di Padova e del Veneto
Coro Lirico Veneto
Maestro del Coro: Sergio Balestracci
Nuovo allestimento in coproduzione con il Teatro Sociale di Rovigo e Bassano Opera Festival
Foto di scena Lazio Rinaldi