Al Teatro Brancaccio di Roma, fino al 26 novembre 2017
Il teatro Brancaccio (si) fa un regalo di compleanno di sicuro gradimento: riporta sulle scene una delle più amate commedie musicali italiane, Aggiungi un posto a tavola, di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, quel duo così acuto da fiutare aria di cambiamento nel Secondo Dopoguerra. Era il 1952, infatti, quando G&G si spinsero a mischiare musical americano e rivista, partorendo Attanasio cavallo vanesio, con Renato Rascel e Lauretta Masiero. Da allora, G&G hanno firmato una serie di grandi successi, passando alla storia come padri della commedia musicale italiana e, al di là del genere, fra gli autori più prolifici e brillanti del teatro leggero italiano, e poi della TV. Due titoli su tutti, per par condicio: Rugantino e Il musichiere.
Aggiungi un posto a tavola è stato un successo sin dalla prima edizione, tutta romana: nella stagione ’74-’75, l’allestimento restò al Sistina 6 mesi per 188 repliche e oltre 250mila spettatori entusiasti.
Fu facile innamorarsi del fragile curato di montagna (Johnny Dorelli), della giovanissima sua corteggiatrice (Daniela Goggi), della comica mondana redenta (Bice Valori), del sindaco teso (Paolo Panelli), e del goffo contadinotto che si scopre virile (Ugo Maria Morosi). Soprattutto, incuriosì la situazione, un Noè-revival in cui Dio chiama al telefono un suo “operaio” per commissionargli la salvezza dell’Umanità attraverso la costruzione di un’arca.
Sono passati più di quarant’anni, ma il pubblico si ammassa al botteghino, canta caldo a teatro e ricorda perfettamente testi e personaggi, complici gli evergreen musicali di Armando Trovajoli – di cui ricorrono i cento anni dalla nascita – e soprattutto i temi affrontati. Piace l’idea della seconda possibilità (per l’umanità così come per la meretrice, e più di qualcuno tifa per una seconda chance del prete), piace intendere l’arca come una finestra sul futuro e piace sentire la voce di Dio, un Padre capace di contattare un comune figlio mortale e di restargli accanto.
Il Brancaccio ha affidato la ripresa teatrale a Gianluca Guidi, figlio di Johnny Dorelli e suo degno sostituto, nei panni e nei canti di don Silvestro. La voce-di-lassù, Dio, è Enzo Garinei, fratello di Pietro, il che lo renderebbe di fatto, per una simpatica araldica, davvero un po’ Padre divino. Consolazione, la mondana redenta, è interpretata da Emy Bergamo, al terzo ruolo protagonista in opere di Garinei e Giovannini: un record meritato. Il sindaco Crispino è Marco Simeoli (molto trasversale e presente sulla scena romana), nella precedente edizione vestiva i panni di Toto, il contadinotto a cui ora presta il volto Piero Di Blasio, notevole. La figlia del sindaco, la Clementina innamorata dell’amore e di don Silvestro, è stata selezionata attraverso provini efficaci: Beatrice Arnera è brava, convince e trascina. Sua madre, Ortensia, è interpretata da Francesca Nunzi. L’ensemble è composto da 17 artisti cantanti, ballerini che si esibiscono sulle musiche eseguite dal vivo.
Rispetto ai musical di Broadway, gli interpreti qui restano ovviamente più statici, sono in primis attori/cantanti, poi eventualmente ballerini. Questo, almeno, per i protagonisti; discorso a parte l’ensemble, che può meglio sfruttare le coreografie di Gino Landi.
Ingegnose le scenografie, adattate dal progetto originale di Giulio Coltellacci, imponenti, con il doppio girevole e l’arca di Noè.
Bene recarsi a teatro preparati ad una serata lunga, ma ricca. Lo spettacolo merita anche in questa settima edizione.
Maria Vittoria Solomita