Ascoltare. Ripartire da qui per ricostruire i valori

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Questa è l’epoca delle soluzioni facili, sopratutto quando si tratta di dolore psichico. Sentire, oggi, è diventato una temuta possibilità. Respingiamo i disagi ancora prima di capire perché ci vengono a trovare e così facendo ci rammolliamo fino al punto da avere paura solo a parlarne. Eppure nel nucleo di ogni malessere si nasconde un messaggio. Quel tormento che si genera e turba il nostro quotidiano, magari, vuole farci sapere che è tempo di cambiare qualcosa nella nostra vita. Un invito dell’anima, che si manifesta attraverso la sofferenza, per scuoterci dal sonno profondo nel quale siamo caduti. Spesso quando stiamo male, è perché siamo così assuefatti dalle abitudini, da non sentire il continuo risentimento che si crea dentro di noi ogni volta che continuiamo a dare energia a cose che non corrispondono più ai nostri sogni. Arriviamo a esaurire la nostra forza senza minimamente sospettare che rimanerne senza, significa preparare la strada al malessere.
Demonizzare il dolore è come non accettare una parte di noi, quella fragile, stanca, arrabbiata, delusa, che si nasconde dietro continui compromessi e sorrisi di cortesia. Optare per soluzioni d’immediata efficacia è come non restituirsi il tempo di vedere, sentire, riconoscere quello che nella nostra vita ha smesso di funzionare.
Nell’antichità ogni disagio aveva uno scopo divino e per questo chi soffriva era accolto e curato rispettando i tempi naturali di guarigione. Suoni, canti, erbe, riposo, veglie, cerimonie custodivano il malato fino a quando era necessario, tutti sapevano che quel processo era il segno di una nuova nascita individuale e collettiva. L’intera comunità era chiamata a contribuire al benessere sociale e il nucleo familiare, più da vicino, offriva il sostegno fisico, morale, emozionale che era necessario.
Mai come nella nostra società, la malattia è un codice, un numero, una definizione, un appuntamento settimanale e manciate di pasticche che spengono i sintomi. Solo in quest’epoca, cadere nel dolore è una sventura, una perdita di tempo, un’ipotesi da tenere più lontano possibile.
Allenarsi all’ascolto dei piccoli e grandi disagi per riprendere confidenza con loro, accogliere e osservare senza giudizio quello che il dolore vuole dirci, aspettare pazientemente che lo stesso si risolva, benedirlo con tutto il nostro amore, è ciò che è necessario fare, consapevoli che ogni sfida arriva quando c’è bisogno di mettere un punto a capo per ricominciare ex novo.

Fiorinda Pedone

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