Mario Praz come Lord Byron

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Neanche i grandi letterati sono esenti dal fenomeno della superstizione. Ne fu vittima l’intellettuale Mario Praz, visto che i colleghi si erano convinti che egli “portasse male”. Proprio così e ogni volta che passava accanto a loro non perdevano tempo di ricordarsi a vicenda che Praz fosse un vero e proprio porta-sfortuna. Questo sarà stato forse dovuto al suo carattere solitario e austero o all’asprezza che dimostrava nelle sue critiche, la più celebre quella apparsa su La Stampa il 13 agosto del 1932, dove egli non apprezzò assolutamente l’edizione che Ezra Pound redasse delle Rime di Guido Calvalcanti, definendo l’autore statunitense una “incredibile olla podrida” e ancora i suoi Cantos un “informe borboglio come di radio isterica” (lo ricorda brillantemente Carlo Sacconaghi, nella sua tesi di dottorato Vittorio Sereni traduttore di Ezra Pound).

Può essere perfino che il suo più famoso saggio La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, scritto nel 1930 neanche trentacinquenne sia stato scambiato per una certa devozione al male e alle creature diaboliche e voilà il senso di maledizione indicato dai suoi frequentatori, i quali forse rivedevano in lui alcuni tratti di quei personaggi maledetti citati in quel famoso saggio, come per esempio quello del Conte Lara, proveniente da Lara, romanzo autobiografico di Byron. “In lui apparivano, inesplicabilmente commisti, molto di amabile e molto di odioso, molto di attraente e molto di temibile. L’opinione, pur variando sulla sorte arcana, lo lodasse o l’insultasse non obliava mai il suo nome.” Mario Praz come essere byroniano? Può essere. È innegabile che lo scrittore nato a Roma il 6 settembre 1896 e qui deceduto il 23 marzo 1982 abbia apportato un emblematico contributo alla letteratura, alla critica, alla saggistica italiana, in quest’ultima eccellendo per originalità, per la prima volta ponendo in commistione ne La carne, la morte e il diavolo la letteratura con gli altri linguaggi dell’Arte. Al tempo furono numerosi i detrattori, tra cui Benedetto Croce, ma ciò non ha impedito la celebrità di questo colosso della comparatistica, ancora oggi così attuale, che per la prima volta ha analizzato in modo approfondito quella parte della letteratura “irrinunciabile”: quella rivolta al “male”.

Stefano Duranti Poccetti

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