“Tango del calcio di rigore”: non proprio canzonette, quelle eseguite da Marcorè e Dighero

Data:

Al Teatro Brancaccio. Fino al 19 gennaio 2020

Non esattamente canzonette, ma una denuncia cantata fra sport e dittature. Un faro riacceso sull’America del Sud, dove i regimi hanno utilizzato -anche- lo sport per fare propaganda. E l’Occidente a certe competizioni ha partecipato senza farne un dramma, dimostrandosi superiore alle facili indignazioni.

Quello prodotto dal Teatro Nazionale di Genova è un movimentato affresco su calcio e potere in salsa sudamericana, con macrostrutture riapplicabili ai totalitarismi conosciuti in diverse latitudini ed epoche storiche, ça va sans dire. Non è la prima volta che lo sport diviene rappresentazione della potenza e dell’identità nazionale, oltre che narcotico sociale.

“Tango del calcio di rigore” prende le mosse dai Mondiali del 1978, quando l’Argentina è al culmine della popolarità, nonostante sia teatro di morte, torture e corruzione. Si sta giocando la finale, il 25 giugno all’Estadio Monumental di Buenos Aires, con la squadra di casa desiderosa (e bisognosa) di battere l’Olanda. Dalla tribuna, infatti, segue l’incontro il generale Jorge Videla, che ha orchestrato il Mondiale facendo dimenticare al mondo le Madri di Plaza de Mayo. In tribuna, poco distante dal generale, l’amico Licio Gelli, il Venerabile della loggia P2.

In questo contesto, Neri Marcorè interpreta un adulto che rivive una sua personalissima ricostruzione del passato, favolistica e bambinesca. Il suo racconto è sbiadito, puntellato però di alcuni atroci episodi, tutti interpretati dagli altri attori in scena (Rosanna Naddeo, il frizzante Ugo Dighero e i giovani Fabrizio Costella e Alessandro Pizzuto). Si succedono dei quadri variopinti, che alternano sentimenti diversi. Il pubblico ride e subito dopo si indigna, poi quasi si vergogna di condividere coi dittatori lo status di “essere umano”. Fra le varie storie riportate, quella di Alvaro Ortega, l’arbitro colombiano che pagò caro l’annullamento di un goal alla squadra dei narcos, l’Indipendente Medellin, e quella del capitano del Cile, Francisco Valdes, costretto a segnare a porta vuota dai militari di Pinochet.

“Tango del calcio di rigore” non è solo storia e sport: è musica, con brani di Mercedes Sosa e Astor Piazzolla, arrangiati da Paolo Silvestri, autore anche delle musiche originali; è humour nero, con degli innesti di Osvaldo Soriano, lo scrittore argentino tanto amante della democrazia e del calcio, che la Nazionale Italiana Scrittori ha scelto di portare il suo nome.

La drammaturgia di Gallione miscela commedia, tango e tragedia, una “tanghedia” molto ricca, che sfrutta l’impianto visivo e i costumi di Guido Fiorato, le luci di Aldo Mantovani, ma soprattutto la plasticità degli attori. Con Neri Marcorè, Ugo Dighero e Rosanna Naddeo ha collaborato più volte in passato, singolarmente; qui li ha riuniti, affiancandoli ai giovani Fabrizio Costella e Alessandro Pizzuto.

Un esperimento coraggioso, con tanto da raccontare e tenere a mente, davvero tanto fra cui scegliere e far sedimentare con calma a casa. Impegnativo.

Maria Vittoria Solomita

 

Teatro Brancaccio, Roma. Fino al 19 gennaio 2020
TANGO DEL CALCIO DI RIGORE
Drammaturgia e regia: Giorgio Gallione
Con: Neri Marcorè, Ugo Dighero, Rosanna Naddeo, Fabrizio Costella, Alessandro Pizzuto
Scene e costumi: Guido Fiorato
Musiche originali: Paolo Silvestri
Luci: Aldo Mantovani
Produzione Teatro Nazionale di Genova

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