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“Onward”: elogio della magia targato Pixar

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Che bello inaugurare la riapertura delle sale cinematografiche con un nuovo film Pixar! Inizialmente prevista a marzo, poi posticipata più volte causa Covid-19, finalmente l’uscita italiana di Onward – Oltre la magia si è concretizzata il 19 agosto. Un ritorno in grande stile per i ragazzi della Pixar Animation Studios che, continuando a puntare su storie inedite – parallelamente ai sequel delle saghe di maggior successo come quella di Toy Story -, dimostrano di essere tutt’altro che a corto di idee. Con ancora negli occhi le coloratissime meraviglie di Coco (2017), i fan della grande “fabbrica di sogni” californiana potranno deliziarsi anche con il presente Onward, diretto da Dan Scanlon, già regista di Monsters University (2013).

In un mondo immaginario ma cronologicamente e tecnologicamente paragonabile al nostro presente, vivono creature mitologiche come elfi, folletti, centauri e manticore. In questo mondo “parallelo” – ma per certi aspetti così simile al nostro – il progresso tecnologico ha relegato ai margini della vita quotidiana la magia, un tempo preponderante. Il privilegio di riscoprirla spetterà ai giovani fratelli elfi Ian e Barley Lightifoot, grazie a tre oggetti lasciati loro in eredità dal padre Wilden, scomparso quando Barley era piccolissimo e Ian non era nemmeno in grado di comprendere. Gli oggetti in questione, consegnati dalla madre a Ian nel giorno del suo sedicesimo compleanno – che negli USA significa conseguimento della maggiore età – rispettando la volontà di Wilden, sono: un bastone magico, una particolare gemma da incantesimi e una formula magica di evocazione per concedere un ritorno di 24 ore nel mondo dei vivi a Wilden.

Mentre Barley, nonostante le sue conoscenze in materia (è appassionato di storia e giochi di ruolo fantasy), fallisce, Ian riesce casualmente a eseguire l’incantesimo, anche se solo per metà: Wilden si materializza, infatti, solo dalla cintola in giù, e per ottenere la parte mancante del corpo di papà occorre ripetere la procedura magica. A tale scopo è necessario procurarsi un’altra gemma, poiché la prima è andata distrutta durante l’incantesimo, ma bisogna fare in fretta perché c’è solo un giorno di tempo prima che Wilden scompaia per sempre. Così, per i due fratelli comincia un’avventurosa ricerca, la cui prima tappa è la Taverna della manticora Corey, dove Barley spera, con ottimismo eccessivo, di trovare subito la gemma…

Come nella migliore tradizione Pixar, il tema del viaggio – potremmo considerare Onward come un road movie d’animazione – è, per il protagonista, un’occasione di crescita e di formazione. E’ proprio durante la ricerca della gemma, infatti, che il timido e insicuro Ian scopre sé stesso e le proprie capacità. Non solo: Ian si accorge anche che la sua “lista dei desideri” con le esperienze da fare insieme al padre nel pochissimo tempo a disposizione (cose normalissime in un rapporto padre-figlio, come “FARE LEZIONI DI SCUOLA GUIDA”, “RIDERE INSIEME” e “PARLARE A CUORE APERTO”), in realtà è già stata esaudita, grazie alla presenza di una figura paterna e protettiva che non aveva mai considerato tale, cioè quella dell’eccentrico e bizzarro fratello maggiore Barley.

Oltre a ciò, Onward è un invito alla riscoperta della “magia del quotidiano”, alla meraviglia delle piccole cose. In una società sempre più anestetizzata dalle comodità offerte dal Progresso, la capacità di sognare e di sorprendersi è diventata una merce sempre più rara. Per rendere la vita meno piatta e più colorata occorre risvegliare, almeno ogni tanto, la cosiddetta “sospensione dell’incredulità”, e concedere qualche piccola pausa alla razionalità. E’ proprio la posizione incarnata da Barley, ultimo sognatore in un’epoca che non lascia più spazio alla fantasia, anacronistico “passatista” che crede ancora nella magia e, anziché cedere alle sirene della tecnologia “digitale”, preferisce le delizie dell’”analogico”.

Geniale l’animazione del “mezzo corpo” del papà, che riesce a essere espressivo pur non disponendo della parte del corpo espressiva per eccellenza, cioè il volto (ma, dopo i miracoli compiuti dalla Pixar in Wall-E, non dovremmo più stupirci…). Oltre a regalare momenti di pura comicità, riesce a intenerire e commuovere quando, con il solo ausilio tattile dei piedi, riesce a riconoscere la presenza dei figli.

Molto divertente anche la citazione cinefila della terza prova che Indiana Jones deve affrontare per raggiungere il Santo Graal (“Il sentiero di Dio”) in Indiana Jones e l’ultima crociata: anche Ian riesce ad attraversare un baratro senza fondo effettuando un “balzo della fede” (anzi, della magia, in questo caso), ma con uno stile decisamente meno solenne rispetto a quello mostrato dal buon Indy…

Sorprendente, perché fuori dai tradizionali canoni Disney, la presenza di un personaggio come l’agente Specter che, pur essendo poco più che una comparsa, si fa notare per l’ambiguità della sua identità sessuale: un elemento narrativo che, almeno fino a qualche anno fa, era semplicemente impensabile di trovare in un film d’animazione Disney.

Splendida e toccante la coraggiosa soluzione narrativa scelta dagli sceneggiatori per raccontare l’incontro tra padre e figli: consolatoria solo in parte, e apprezzabile forse più dai grandi che dai piccini.

Un solo rammarico: alcuni personaggi minori, come quello del buffo centauro poliziotto Colt, avrebbero meritato maggiore spazio, ma forse ce ne sarà l’occasione in un eventuale seguito…

Pur non raggiungendo le vette dei grandi capolavori Disney-Pixar (i già citati Wall-E e Coco, ma anche Inside Out, Monsters & Co. e Toy Story 3), Onward è comunque un film da non perdere per tutti gli appassionati del cinema d’animazione, che non resteranno delusi. Appuntamento a novembre – salvo ulteriori rinvii – per il nuovo, attesissimo film Pixar Soul, il secondo di questo complicato 2020.

Francesco Vignaroli

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