LE CONFESSIONI DI UN DIVO. Direttamente dal camerino di Rodolfo Valentino

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Rudy. L’ultimo Valentino, intenso assolo dedicato a Rodolfo Valentino, debutterà alla Sala Lysistrata di Roma venerdì 1mo ottobre per poi proseguire in tournée alla volta di Castellaneta e Bari. Ad interpretare il Mito del cinema muto Gianpiero Cavalluzzi, anche autore e regista della pièce. Noi del Corriere dello Spettacolo lo abbiamo sentito a pochi giorni dalla prima per carpire… i segreti di questo spettacolo teatrale!

Rudy. L’ultimo Valentino racconterà gli ultimi sei mesi della vita di Rodolfo Valentino. Qual è la peculiarità di questo spettacolo?

E’ tutta nel desiderio di dar voce al Divo del cinema – muto, per l’appunto – di cui non esistono tracce audio, per lo meno a livello di parlato. Rodolfo Valentino, in questo spettacolo, si “mette a nudo” dal proprio camerino, direttamente dal set del suo ultimo film, Il Figlio dello Sceicco. Più che un semplice racconto, Rodolfo donerà al suo adorato pubblico una vera e propria confessione in cui svelerà diversi episodi inediti… Non vorrei spoilerare nulla! Dico solo che, in più, offrirà un diverso punto di vista rispetto ad alcuni stereotipi sulla sua persona che restano vivi ancora oggi, ad esempio sulla sua fama di grande amatore…

La domanda sorge spontanea: perché la scelta di interpretare Rodolfo Valentino?

Perché credo sia un vero mito! Non solo del cinema, ma anche come… persona! Studiando ed approfondendo la sua esistenza ho scoperto un uomo divertente, amante della vita, estremamente intraprendente e, soprattutto, coraggioso! Ogni volta che ripenso al suo arrivo negli Stati Uniti mi domando come sia riuscito a passare dalla miseria degli inizi, saltando da un lavoro all’altro, fino a diventare il primo Divo della storia del cinema americano in relativamente pochi anni. Vorrei carpirgli il segreto! E, poi, cerco anche di mettermi nei suoi panni per capire come abbia affrontato con così grande forza e determinazione il pregiudizio imperante all’epoca sull’immigrato italiano sbarcato in America… Se potessi, glielo chiederei!

Pensi, dunque, che la sua vita possa essere interessante ancora oggi?

Assolutamente sì! Nonostante siano trascorsi ben 95 anni dalla sua prematura morte, è spirato a soli 31 anni, credo che possa essere non solo un esempio di rivalsa, di forza e di grande capacità d’affrontare le difficoltà, ma anche un vero orgoglio italiano!  Pensate che negli Stati Uniti viene ancora celebrato con tanto di onori: ogni 23 agosto, addirittura, sulla sua tomba a Los Angeles, continua ad esistere un memorial in presenza. Purtroppo, però, credo che in Italia il suo mito sia leggermente offuscato. Per fortuna esiste la Fondazione Rodolfo Valentino…

Ecco, in che modo la Fondazione Rodolfo Valentino è coinvolta nel progetto?

Nell’elaborazione del testo ho avuto la possibilità di basarmi sui tre volumi editi dalla Fondazione che si chiamano “Quasi un’autobiografia” in cui viene tracciato il percorso di Rodolfo Valentino dalla nascita sino alla morte. I testi redatti dal Presidente della Fondazione, Antonio Ludovico, sono estremamente dettagliati e ricchi di fonti e mi hanno dato la possibilità di conoscere “i fatti” della vita di Rodolfo Valentino. Al contempo mi hanno permesso di spaziare a livello di fantasia nell’immaginare come lui abbia potuto vivere una determinata situazione… Grazie, poi, alla Fondazione, avrò l’onore di esibirmi nel Museo Rodolfo Valentino di Castellaneta. Cosa posso chiedere di più?

Questo progetto ti vede presente come attore, unico in scena, autore del testo e persino regista. Hai fatto tutto da solo?

L’idea del racconto, l’ambientazione e la scelta di “esaminare”, in un certo senso, gli ultimi sei mesi della sua vita è mia, ma sono stato aiutato e sostenuto da due persone, speciali, che mi hanno permesso di far crescere questo progetto: Anna Piccolini e Paolo Orlandelli. Anna è stata il tramite con la Fondazione. Senza di lei non avrei mai avuto la possibilità di interloquire con loro. Ci avevo già provato, ma senza successo. E poi, grazie ai libri della trilogia creata da lei, Io & Valentino, con protagonista un Rodolfo Valentino reale, “a spasso nel tempo”, mi sono innamorato anche io di lui ed ho smesso di vederlo come un “personaggio”, ma più come una “persona”. Ho imparato a conoscere il Rodolfo Guglielmi nascosto dietro Rudy Valentino! Paolo Orlandelli, invece, è stato un vero e proprio maestro, un sostenitore, persino un amico, a volte. Mi ha aiutato nella drammaturgia del testo, mi ha permesso di rendere ciò che ho scritto un vero spettacolo teatrale. Mi ha regalato il suo tempo, tanto, tantissimo, per permettermi di provare e riprovare lo spettacolo, dandogli una vera impronta registica. Mi ha fatto piangere dall’emozione quando ho visto ciò che è nato dalla nostra collaborazione! Sarò per sempre grato a loro due, così come a mia sorella Paola che ha subìto tutta la preparazione di questo lavoro, mi ha affiancato e continua ad affiancarmi, passo dopo passo…

Ha un significato particolare la scelta di esibirti a Roma e Bari?

Roma è la città in cui vivo, che amo e in cui sono orgoglioso di essermi trasferito cinque anni fa. È stato il direttore artistico della Sala Lysistrata di Roma, Sasà Russo, in cui debutterò il primo ottobre, a volere lo spettacolo in cartellone e, quindi, a dare inconsapevolmente il via a questa tournée. A Bari, invece, ci sono nato ed è anche il capoluogo della regione che accomuna me e Rodolfo Valentino, la Puglia.

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